Insieme al tema dei diritti umani, la questione tecnologica è senza alcun dubbio una delle materie ove la competizione tra Usa e Cina è destinata a farsi più intensa. I fronti sono molti e la tensione, anche rispetto all’era Trump, non sembra essersi troppo affievolita.
Vediamo i fronti più caldi e i possibili scenari futuri.
La competizione tra due modelli politici contrapposti
Lo scorso marzo nel corso del suo 65° giorno di mandato, si è tenuta la prima conferenza stampa pubblica del presidente Joe Biden. Oltre alla questione dei vaccini e della nuova ondata migratoria proveniente dal Messico, uno dei temi centrali affrontati dal presidente statunitense è stato quello dei rapporti con la Cina. Affrontata la crisi pandemica, il tema più scottante che si troverà a fronteggiare Biden nel corso del suo mandato è infatti proprio quello delle relazioni con il gigante asiatico. Le parole con cui Biden ha descritto la relazione con Pechino sono state quelle di una “forte competizione.”[1] Il presidente cinese Xi Jinping, ha affermato Biden, è intelligente e “molto, molto diretto” e (tuttavia) vede nell’autocrazia il modello politico del futuro.
La competizione che si va a delineare tra le due controparti è quindi quella tra due modelli politici contrapposti. “La Cina ha un obiettivo generale, e non li critico per l’obiettivo, ma ha l’obiettivo di diventare il paese leader nel mondo”, ha detto Biden: “questo non accadrà sotto i miei occhi.”
Quello che emerge da queste parole è che non si tratta quindi di riaffermare l’eccezionalismo del modello americano, né di riproporre modelli di contenimento tipici della guerra fredda, ma di una più modesta ambizione di riuscire, nel breve termine, a frapporsi a questo obiettivo generale.[2]
Possibili aree di cooperazione
Alcune aree di cooperazione potrebbero permanere, in quest’ottica, tra i due paesi, quali ad esempio quella della lotta al cambiamento climatico. Altre questioni, come quella della salvaguardia dei diritti umani, rimarranno invece al centro di questa forte competizione. L’amministrazione Biden ha per esempio imposto sanzioni a due funzionari cinesi, citando il loro ruolo in gravi violazioni dei diritti umani contro le minoranze etniche nella regione autonoma dello Xinjiang. Il ministero degli Esteri cinese ha dichiarato di aver sanzionato 13 individui britannici, per il loro lavoro sugli affari degli uiguri, dopo che il Regno Unito si è unito all’Unione europea, al Canada e agli Stati Uniti per stabilire divieti di viaggio e congelamento dei beni sui funzionari cinesi. Per i paesi europei, è stato il primo utilizzo di sanzioni per motivi di diritti umani rivolte alla Cina dal 1989, all’indomani della repressione di piazza Tienanmen.
Il fronte tecnologico
L’amministrazione Biden si sta muovendo per mettere i semiconduttori, l’intelligenza artificiale, le nuove reti di telecomunicazioni come il 5G, oltre a auto elettriche e biotecnologia sintetica, al centro della strategia degli Stati Uniti verso l’Asia, tentando di mobilitare le “tecno-democrazie” per resistere alla Cina e alle altre “tecno-autocrazie.” Da entrambi i lati centinaia di miliardi di dollari verranno riversati nello sviluppo del panorama tecnologico.
Huawei
Lo scontro tra le due potenze si è aperto già alcuni anni fa intorno al caso Huawei e agli investimenti del gigante asiatico nell’infrastruttura 5G. A tal riguardo, gli Stati Uniti, avevano vietato l’uso di tecnologie cinesi per la costruzione delle infrastrutture strategiche nazionali, minacciando anche i paesi dell’Unione europea di ritorsioni qualora avessero deciso di utilizzare componenti cinesi per la realizzazione del nuovo network 5G. In particolare, Washington aveva minacciato di limitare la condivisione di intelligence e di riconsiderare la propria partnership strategica con tali soggetti. Nell’ambito dell’asta per lo sfruttamento delle frequenze radio da assegnare agli operatori mobili, i paesi europei si sono quindi visti al centro dello scontro tra le due superpotenze. Huawei, oltre ad offrire la tecnologia più economicamente competitiva sul mercato, aveva destinato un budget pari a circa 160 milioni € annui per investimenti sui territori nazionali per lo sviluppo delle reti di nuova generazione. Dal canto loro, gli Stati Uniti paventavano rischi per la cyber-sicurezza internazionale e denunciavano che la possibile interferenza del governo cinese circa la condivisione di dati sensibili.
TikTok
L’applicazione TikTok è stata anch’essa al centro dello scontro transpacifico. Secondo Charlie Campbell, giornalista del Time, il rischio con TikTok è molto diverso da quello presentato dal colosso delle telecomunicazioni Huawei, che l’amministrazione Trump aveva preso di mira con sanzioni e pressioni sugli gli alleati. Huawei è leader di mercato nella costruzione di infrastrutture 5G e, anche se la compagnia ha sempre negato i propri legami con il partito comunista cinese, le preoccupazioni per la sicurezza sulle reti di comunicazione sono evidenti.[3] Il timore con TikTok sembra invece essere che Pechino possa combinare i dati raccolti attraverso l’applicazione con informazioni già raccolte attraverso campagne di hackeraggio a danno dei cittadini statunitensi, presumibilmente sponsorizzate dalla Cina. Tale ipotesi è stata tacciata come, al minimo, debole e poco supportata da prove fattuali. Secondo Campbell, nella sua campagna contro TikTok, l’amministrazione Trump ha piuttosto agito mossa da motivi commerciali, essendo TikTok la prima piattaforma social che, dalla Cina, è riuscita a conquistare una fetta mercato globale, fino a diventare il social media più utilizzato dalla Generazione Z, nome con cui vengono definiti i ragazzi nati fra il 1995 e il 2010.[4]
Microchip
Il quadro della rivalità degli Stati Uniti con la Cina è stato poi ulteriormente aggravato dall’improvvisa carenza globale di microchip, elementi fondamentali nella produzione di automobili, telefoni cellulari e frigoriferi. Sotto Trump, l’America ha promulgato un divieto assoluto di vendere semiconduttori alle industrie cinesi, prima fra tutte al colosso della telefonia Huawei, accusato di furto di proprietà intellettuale e di spionaggio, rendendo la fabbricazione di chip sostanzialmente impossibile per l’azienda.
Gli scenari futuri
Se questi sono solo alcuni dei momenti più esemplificativi intorno ai quali si è manifestata la competizione nel settore tecnologico, molte e più intense crisi si prospettano per il futuro: il mercato dell’intelligenza artificiale, con le diverse linee etiche che si vanno delineando tra le varie regioni del mondo, e quello dei super computer, sono alcuni dei terreni di scontro che si andranno progressivamente ad intensificare.
Su tutti questi fronti Biden sembra aver adottato una posizione di parziale continuità con l’operato Trump. Da quando è entrato in carica, Biden ha riconosciuto che l’ex presidente Trump “aveva ragione ad intraprendere e mantenere una linea dura” nei confronti della Cina, anche se le azioni di Trump, in alcuni casi, “non hanno prodotto risultati.”[5] I funzionari dell’amministrazione Biden hanno segnalato che intendono mantenere le controverse tariffe commerciali imposte alla Cina dalla precedente amministrazione. Nel frattempo, stanno comunque conducendo una revisione della posizione dell’amministrazione Trump nei confronti della Cina.
Il nodo delle alleanze
Centrali nella nuova strategia di Washington saranno le alleanze strategiche, specialmente con i paesi asiatici, in particolare Giappone, Corea del Sud e Australia. Il Segretario di Stato Blinken e il Segretario alla Difesa Lloyd Austin hanno già fatto visita a Tokyo e Seoul. All’inizio di marzo, Biden e i leader di Giappone, India e Australia hanno deciso di collaborare per aumentare drasticamente la produzione globale di vaccini contro il coronavirus come parte di uno sforzo più ampio per lavorare insieme per affrontare la Cina. L’India anche, sempre più insofferente alla leadership del vicino cinese, si prospetta come un nuovo e potente potenziale alleato americano. Gli Stati Uniti cercheranno quindi prima di tutto di radunare un’alleanza di nazioni like-minded che supportino in qualche modo il suo progetto di mantenere il proprio vantaggio strategico nel settore tecnologico.[6]
Conclusioni
In questo quadro, forse la più grande contraddizione di questa competizione è quanto questa abbia perso la spinta ideologico-economica che aveva mosso la narrativa americana nel corso di tutta la guerra fredda. Per quanto sia vero che i modelli politici di democrazia e autoritarismo si pongono sicuramente in opposizione l’uno all’altro, è interessante notare come gli strumenti economici proposti per propugnare questi due modelli siano drammaticamente simili tra le due sponde del pacifico.
Quella che si prefigura è quindi competizione politica orfana quindi di quel legame tra politica e economica che ha caratterizzato tutta la storia recente, e che pone, forse, sempre più a margine, modelli economici alternativi possibili.
- ttps://www.wsj.com/articles/biden-says-u-s-wants-competition-not-confrontation-with-china-11616701220 ↑
- https://www.nytimes.com/2021/03/26/us/politics/biden-china-democracy.html ↑
- https://time.com/5876610/tiktok-china-tech-war/ ↑
- Ibid. ↑
- https://www.wsj.com/articles/biden-says-u-s-wants-competition-not-confrontation-with-china-11616701220 ↑
- https://www.bloomberg.com/news/articles/2021-03-01/biden-putting-tech-not-troops-at-center-of-u-s-china-strategy ↑