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La tecnologia nel 2023: come impatterà sulle nostre vite

Dalle profezie di gloria sul metaverso che non si sono (ancora) realizzate, alla caduta delle big tech, passando dai problemi dei modelli linguistici come ChatGPT. Insomma, per capire quale futuro ci aspetta, è fondamentale comprendere gli avvenimenti chiave e i protagonisti di quest’anno

Pubblicato il 02 Gen 2023

Marco Bani

Coordinatore contenuti e progetti Fondazione Italia Digitale

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Avevamo grandi aspettative per il 2022, l’anno del ritorno alla normalità dopo la grande pandemia. Doveva essere un grande anno di crescita, di riscatto, di liberazione. Non ci aspettavamo il ritorno della guerra in Europa, che ha sconquassato ancora una volta le nostre certezze. Tecnologia e innovazione hanno subito un inevitabile rallentamento, dopo l’accelerazione impartita dalle restrizioni Covid.

Tuttavia non sono mancati fatti, episodi, eventi che hanno reso ancora più evidente la fine della separazione tra digitale e realtà. Tecnologie emergenti stanno sempre più innervando la nostra vita quotidiana, mentre altre continuano a farsi attendere. Capire quali sono stati gli avvenimenti chiave e i protagonisti dell’anno appena finito per quanto riguarda le politiche tecnologiche ci aiuta meglio a comprendere il futuro che ci aspetta.

Metaverso, quando virtuale e reale coincidono

Quale futuro per il metaverso

Doveva essere l’anno del metaverso o almeno abbiamo sperato di chiarirci le idee su cosa fosse veramente. Invece siamo ancora un po’ confusi. Questa parola è diventata così vaga e ampia che non si può davvero sapere con certezza cosa ha in mente chi ne parla, dal momento che potrebbe essere molte cose diverse. Purtroppo non c’è l’Accademia della Crusca che ci può aiutare a dare una definizione ufficiale. La parola metaverso ha assunto una vita propria, assorbendo così tanti concetti diversi che la parola ormai è stata svuotata di significato e bisogna chiedere, “beh, cosa stai chiedendo in particolare?”

A volte il metaverso può sembrare un catalogo di qualsiasi cosa interessante potrebbe accadere nella tecnologia nel prossimo decennio, il che, ancora una volta, rende difficile sapere cosa ha davvero in mente chiunque lo dica. Cosa è quindi? Un mix di realtà virtuale e realtà aumentata, con nuovi dispositivi che prenderanno il posto degli smartphone, diventando lo strumento principale per milioni di persone? Oppure una nuova Internet, dove l’esperienza digitale sarà preponderante rispetto a quella fisica, i vari beni digitali interoperabili e portatili come carte di credito, i mondi virtuali integrati con quelli reali?

Non lo so, ma nel 2022 non abbiamo visto molto di queste “magnifiche sorti” del metaverso, o meglio, dei metaversi, che in genere sono decentralizzati, hanno una presenza virtuale in 3D, memorizzano informazioni su blockchain e consentono agli utenti di possedere beni digitali. Così come “Internet”, il termine “il metaverso” descrive una rete tentacolare di siti e spazi: infatti, secondo una recente mappatura, ci sono più di 40 metaversi attualmente esistenti. Tolte le piattaforme di social gaming come Minecraft, Fortnite e Roblox, che possono contare su centinaia di milioni di utenti mensili, soprattutto per la loro funzione ludica, i metaversi sono in realtà, ad oggi, poco frequentati.

Un antenato non troppo lontano degli attuali metaversi, Second Life, un mondo 3D multiutente creato dai partecipanti, lanciata al pubblico da Linden Lab venti anni fa, ha oggi numeri molto superiori, con circa 750.000 utenti attivi mensili. È come se gli utenti preferissero ancora utilizzare il gettone nelle cabine telefoniche piuttosto che una qualsiasi funzionalità del cellulare.

La tendenza secondo Gartner

Eppure la società di ricerca e consulenza tecnologica Gartner prevede che, entro il 2026, un quarto della popolazione mondiale trascorrerà almeno un’ora al giorno nel metaverso per lavoro, shopping, istruzione, attività sociali e/o intrattenimento. Non sorprende quindi che le aziende stanno investendo milioni di dollari per non farsi trovare impreparate di fronte a questa corsa al nuovo “oro digitale”: Microsoft si sta attrezzando per i luoghi di lavoro popolati da avatar digitali, i marchi di moda da Nike a Gucci stanno disegnando abiti e accessori digitali, JP Morgan e Samsung hanno aperto un negozio a Decentraland. Su Roblox i giocatori possono gestire i propri negozi e persino vendere i propri design al loro interno. Molte però sembrano più trovate pubblicitarie, senza reali vantaggi economici, iniziative per sfruttare la moda del momento.

Immagine che contiene testo Descrizione generata automaticamente

L’esperienza della Commissione Europea

Nel metaverso è entrata anche la Commissione Europea con la creazione di Global Gateway, una piattaforma digitale dove conoscere nuove persone e “riflettere su questioni globali per fare la differenza per il nostro futuro condiviso”. Per lanciare il “metaverso” europeo hanno pensato di organizzare un Global Gateway Gala, un grande evento virtuale, o come scrivono sul sito istituzionale, “un party per festeggiare”. Peccato che si sia concretizzato il peggior incubo delle feste, cioè che non si presentasse nessuno. Il progetto europeo di conquista del metaverso, costato 387.000 euro, nato per attirare i giovani di età compresa tra 18 e 35 anni, dimostra come non basti la creazione di una casa per abitarla.

Lo scenario

Il metaverso è il nostro futuro? Anche se le grandi aziende tech sembrano pensarla così, i loro mondi virtuali rimangono, ad oggi, chiusi e non interoperabili. Non c’è dubbio che l’entusiasmo, le prospettive di guadagno e lo slancio ci stanno spingendo verso una nuova forma di realtà digitale. Con il metaverso le persone possono desiderare una realtà alternativa, un modo per riavviare il sistema e ricominciare da capo. Questo è il fascino degli ambienti virtuali: sono luoghi in cui il potere può essere invertito, sfuggire alle delusioni del presente e lasciarsi le disuguaglianze alle spalle per qualcosa di più eccitante, malleabile e significativo. In un modo o nell’altro, i mondi virtuali rifletteranno i desideri della loro base di utenti, siano essi imprenditorialità, fuga o convenienza. Ma forte potrebbe essere la delusione: sogniamo le libertà con nuovi mondi virtuali, ma finiamo imprigionati in un centro commerciale virtuale? Oppure c’è un utilizzo alternativo dei metaversi oltre a quello della rincorsa ai beni digitali? Un altro mondo (virtuale) è possibile.

Big tech, le prospettive future

Negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di una nuova ondata di rockstar: i capi delle aziende tecnologiche americane. Ricchi, osannati dagli utenti/fan, esempi di imprenditorialità da seguire, ammirati più dei politici, sono diventate delle vere e proprie icone pop. Ma come per tutte le star, la fama intensa brucia presto e nel 2022 abbiamo assistito a delle difficoltà. Per la prima volta dal suo inizio, Meta ha registrato un calo dei ricavi nel secondo trimestre del 2022. Mark Zuckerberg ha inoltre fatto “all-in” sul metaverso, spendendo miliardi di dollari e tonnellate di risorse per farci capire come sarà il futuro. Un salto nel buio o in realtà Zuckerberg riesce a “vedere” davvero qualcosa che non c’è ancora, smentendo tutti in un prossimo futuro? Vedremo. Tutte le Big Tech dopo il boom negli anni della pandemia hanno registrato delle difficoltà: nel 2022 90.000 lavoratori statunitensi sono stati licenziati nel settore tecnologico. Nessuna si è salvata dai tagli: Amazon, Netflix, Oracle, Microsoft e tante altre hanno fatto una cura dimagrante dopo la scorpacciata di assunzioni e liquidità dovute alla digitalizzazione imposta dal Covid.

Il caso di Elon Musk

Negli ultimi anni, Facebook, YouTube e TikTok e gli altri social media hanno avuto la loro parte di problemi, dalle controversie politiche alle preoccupazioni sulla privacy dei dati. Ma da quando il CEO di Tesla Elon Musk ha acquistato Twitter per 44 miliardi di dollari lo scorso ottobre, non si è mai visto un tale livello di caos. Anche se sono passati circa solo due mesi, abbiamo assistito a una spirale di fatti assurdi e incomprensibili, riassunti in questa sequenza temporale di tutte le pazzie accadute in questo breve lasso di tempo. Viene aggiornato praticamente ogni giorno.

Musk e la cultura tossica del lavoro: così le neuroscienze ci aiutano nel worklife balance

Vogliamo provare a elencare cosa ha fatto Musk? Impossibile fare un elenco completo: ha licenziato metà del personale nel giro di una notte (circa 3700 persone), ha cercato di riassumerne alcune una volta capito che qualcuno doveva tenere le luci accese, ha imposto al personale rimasto di giurare fedeltà a lui stesso (e non criticarlo), il che, secondo quanto riferito, ha portato 1.200 ingegneri e altri dipendenti chiave a dirigersi verso le uscite. Ha anche offerto un’opzione di verifica a pagamento che ha portato immediatamente gli utenti a impersonare grandi aziende, creando effetti devastanti, come ad esempio all’azienda farmaceutica Eli Lilly, dove un annuncio falso che prometteva insulina gratis ha portato alla sua caduta in borsa con perdite milionarie.

Per non parlare della sua interpretazione di “libertà di parola”: ha ripristinato gli account di Kanye “Ye” West ( e il rapper ha subito postato tweet antisemiti e violenti), Donald Trump (mentre siamo ancora scossi da cosa è successo solamente due anni fa a Capitol Hill) e tanti altri cacciati fuori dalla piattaforma per le loro parole di odio. Non sono un genio come Musk, ma non credo che gli account che sono stati bannati per incitamento all’odio mostreranno radicalmente un cambiamento di opinione. Non diventeranno buoni solo perché amnistiati digitalmente. Inoltre a metà dicembre ha sospeso diversi giornalisti di spicco sulla piattaforma senza preavviso o spiegazione. Si è lamentato, erroneamente, della velocità di Twitter su Android, per poi licenziare il dipendente che lo ha corretto sulle cause del problema e ha proposto soluzioni. Musk si muove da monarca assoluto, unico moderatore della piattaforma, vorrebbe urlare “Twitter, c’est moi”, parafrasando l’infelice espressione comunemente attribuita al re francese Luigi XIV. Nessuno capisce il perché delle sue azioni, sembra una rockstar attempata che vuole provare a rimanere sul palco a esibirsi mentre tutti lo stanno fischiando (e a Musk è successo veramente).

Voglio dire, non dovrebbe essere un genio? Invece finora ha offerto solo un ridicolo tweet dopo l’altro. Quando un esercito di adulatori ti dice che sei l’unico vero Dio della tecnologia da anni, potresti semplicemente iniziare a credergli. Twittare i meme imbarazzanti può essere divertente, possedere Twitter non lo è. Dopo aver tenuto un altro sondaggio in cui gli utenti hanno votato per le dimissioni di Musk, il monarca ha twittato che si sarebbe dimesso da CEO non appena avrebbe trovato qualcuno abbastanza sciocco da accettare il lavoro. Dopo il casino che ha combinato, non è chiaro chi sarebbe tanto folle da accettare quel lavoro. In tutta serietà, Musk ha creato un ecosistema perfetto per il deterioramento di Twitter. Una piattaforma gigante come Twitter non muore in un colpo solo, salvo un completo crollo dei server interni per mancanza di ingegneri. Semmai, Twitter si trasformerà goccia dopo goccia, diventando meno divertente, meno utilizzabile e più fastidioso. Come i siti di social media di un tempo, morirà di una morte lenta e straziante, governata dal caos. Una gestione trasparente, serena e moderata dei contenuti resta fondamentale per la sopravvivenza dei social media.

Gli antichi greci avevano un concetto che calza molto bene a Elon Musk: hybris, l’orgogliosa tracotanza che porta l’uomo a sopravvalutare la propria potenza e fortuna. Come quando si è mosso nel conflitto tra Ucraina e Russia, suggerendo trattati di pace che farebbero rabbrividire qualsiasi studente di geopolitica, oppure quando ha prima offerto il suo servizio Starlink per dare Internet agli ucraini, per poi chiedere i soldi per mantenere il servizio e fare un passo indietro dopo l’ondata di rabbia che aveva generato in tutto il mondo.

L’Intelligenza artificiale è come un super-stagista

Dopo le profezie avveniristiche degli anni scorsi che davano ormai per prossima la fine del lavoro e la sostituzione dell’uomo con intelligenze artificiali senzienti, siamo tornati al realismo e a capire come le tecnologie emergenti possono aiutarci nel quotidiano. Nel 2022 l’IA è diventata creativa: con un solo piccolo suggerimento i nuovi modelli possono ora produrre parti di testo, immagini e persino video straordinariamente convincenti. Sono passati solo nove mesi da quando OpenAI (Istituto fondato da Elon Musk, che poi lo ha abbandonato) ha dato il via all’esplosione dell’IA generativa con il lancio di DALL-E 2, un modello di deep learning in grado di produrre immagini da istruzioni testuali. A seguire gli sviluppi di Google e Meta: IA in grado di produrre video dal testo.

ChatGPT

E sono passate solo poche settimane da quando OpenAI ha rilasciato ChatGPT, l’ultimo modello di linguaggio di grandi dimensioni che ha infiammato Internet con la sua sorprendente eloquenza e coerenza.

ChatGPT è un chatbot AI che può fare praticamente qualsiasi cosa. Non è certo un’iperbole: se si pone una domanda a ChatGPT questo risponderà non solo al meglio delle sue capacità, ma come se un essere umano avesse scritto la risposta, anche se a volte diventa un po’ prolissa. Poche volte negli ultimi anni siamo stati così sorpresi da una nuova tecnologia. Può scrivere intere sceneggiature, supportare gli sviluppatori nell’eseguire o correggere pezzi di codice, articolare lettere di referenza, generare sintesi e riassunti, suggerirci le conversazioni su Tinder, comporre musica, anche nei modi più assurdi, come una canzone per bambini che spieghi la teoria quantica nello stile si snoop dogg (spoiler: è fantastica!). Potrebbe anche aver scritto questo articolo.

I fronti critici dell’AI generativa

Tuttavia, chatGPT e altri modelli di linguaggio simili presentano alcuni problemi che possono limitarne l’efficacia nella pratica:

  1. Bias di input: chatGPT è stato addestrato su un dataset di testo che potrebbe riflettere i pregiudizi presenti nella società. Questo può portare a risposte che rispecchiano tali bias, anche se l’utente non li condivide.
  2. Mancanza di comprensione profonda: chatGPT è in grado di generare risposte coerenti a domande e input, ma non possiede una vera e propria comprensione del significato delle parole e delle frasi che utilizza. Ciò può portare a risposte che sembrano sensate a una prima occhiata, ma che non hanno un vero significato quando si analizzano in profondità, o essere totalmente false.
  3. Scarso rendimento su domande aperte: chatGPT è stato addestrato principalmente per generare risposte a domande chiuse, cioè domande a cui è possibile rispondere con una sola parola o frase. Tuttavia, può essere meno efficace nel fornire risposte a domande aperte che richiedono una maggiore comprensione del contesto e della situazione.
  4. Mancanza di empatia: chatGPT non ha la capacità di provare emozioni o di comprendere le emozioni degli altri. Ciò può rendere difficile per lui fornire risposte appropriate in situazioni in cui l’empatia è importante.

Resta forte anche il problema di autenticità dei risultati. Come è possibile sapere se un testo è stato generato da chatGPT se a ogni domanda, anche la stessa, la risposta è sempre differente? In conclusione, chatGPT è un potente strumento di generazione di testo, ma presenta alcuni problemi che ne limitano l’efficacia nella pratica. È come avere un super stagista che può ascoltare un miliardo di chiamate e dire “sai, dopo 300 milioni di chiamate, ho notato uno schema che non conoscevi…”. È come un ragazzino di 10 anni che ha letto tutti i libri e le riviste della biblioteca e può ripeterti le cose, ma in maniera un po’ confusa.

Resta il fatto che in un solo anno i nuovi strumenti di AI generativa hanno fatto progressi formidabili. Ho provato a chiedere a chatGPT cosa ci riserva il futuro e mi ha risposto che “è possibile che l’AI generativa venga utilizzata per sostituire alcune attività lavorative”. Creativi di tutto il mondo, tremate.

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