La Ue intende frenare il potere delle grandi aziende tecnologiche e, a tal proposito, si prepara a varare nuove norme con le quali valutare eventuali posizioni dominanti che si rivelano dannose alla concorrenza nel settore dell’economia digitale.
Normative che, inevitabilmente, implicheranno un confronto con gli Stati Uniti, nonostante il cambio della guardia alla Casa Bianca che potrebbe essere più favorevole o almeno neutrale nei confronti delle Big Tech e con le quali l’Europa potrebbe svolgere un ruolo davvero importante per la regolamentazione del capitalismo digitale, così come avvenuto con la normativa sulla privacy (i.e. GDPR); ciò grazie all’attuazione di nuove norme in grado di tutelare i diritti dei cittadini e delle imprese europei e, al contempo disciplinare il mercato: una operazione destinata ad avere un impatto globale.
Vediamo in dettaglio cosa sta accadendo.
“Dobbiamo garantire che le piattaforme a doppio ruolo con potere di mercato, come Amazon, non distorcano la concorrenza. I dati sull’attività di venditori di terze parti non devono essere utilizzati a vantaggio di Amazon quando agisce come concorrente di questi venditori”, Margrethe Vestager, commissario Ue responsabile della concorrenza
Digital Services Act e Digital Market Act: l’Ue sta affilando le armi
Il Digital Services Act dovrebbe entrare in vigore il prossimo 2 dicembre e prevedrebbe già tutte le misure necessarie a contrastare tendenze monopolistiche.
Margrethe Vestager – in un’intervista con il Frankfurter Allgemeine Sonntagzeit ad inizio novembre – ha affermato che attualmente non vi sarebbe alcuna necessità di effettuare uno scorporo delle GAFA (Google, Amazon, Facebook ed Apple). Una posizione ben diversa, rispetto a quella di poco tempo fa, che vedeva l’Ue decisa fermamente a “spezzettare” le Big Tech in società più piccole in modo tale da garantire una maggiore libertà di concorrenza e un maggior controllo sulla raccolta ed il trattamento dei dati degli utenti.
Tale “cambio di rotta” è stato motivato da Margrethe Vestager dal fatto che, sebbene risultasse possibile imporre lo scioglimento delle Big Tech in base all’attuale legislazione europea, di fatto ciò avrebbe, tra le varie conseguenze, dato avvio a lunghe battaglie legali tra i regolatori europei e le stesse società tecnologiche. Inoltre, sempre secondo il commissario, lo scorporo dovrebbe essere evitato, considerando anche il fatto che richiederebbe molto tempo per essere attuato.
Le Autorità Antitrust Europee, grazie al Digital Services Act acquisirebbero, comunque maggiori poteri di controllo, ovvero, in caso di comportamenti anticoncorrenziali da parte delle Big Tech, ogni Paese europeo potrà in futuro sanzionare direttamente le stesse – in base alle indicazioni in esso contenute in termini di comportamenti irregolari – e obbligarle ad essere maggiormente “corrette” nello svolgere il ruolo di “gatekeeper” per l’accesso a determinati servizi digitali.
È doveroso ricordare, altresì, che il Digital Services Act comporterà un aggiornamento dell’attuale direttiva sul commercio elettronico, ovvero richiederà una maggiore responsabilità agli operatori di settore nel trattare contenuti illegali e prodotti pericolosi, prevendendo anche una standardizzazione dei processi per la segnalazione degli stessi contenuti illegali e la gestione di segnalazioni e di reclami sui contenuti.
Dunque, nuove responsabilità per le Big Tech, a fronte di una maggior tutela per i cittadini e una protezione delle aziende che seguono le regole evitando di essere “sottoquotate” da chi vende prodotti economici e pericolosi. Ne consegue che – applicando gli stessi standard in tutta l’Ue – ogni europeo potrà fare affidamento sulla stessa protezione e le imprese digitali di tutte le dimensioni potranno operare facilmente, senza dover sostenere i costi del rispetto di regole diverse in diversi paesi.
Nel nuovo pacchetto regolatore saranno presenti, altresì, maggiori requisiti di trasparenza in termini di: rimozione di contenuti, raccomandazioni e divulgazioni per gli annunci online, incluse sia le informazioni relative a chi paga per un annuncio sia le motivazioni di come un determinato annuncio abbia portato alla loro scelta come target.
Il Digital Market Act entrerà anch’esso in vigore tra poche settimane. Sarà costituito da due componenti:
- un elenco chiaro di “cose da fare e da non fare” per grandi “gatekeeper” digitali, facendo riferimento ai tipi di comportamento che possono impedire ai mercati di garantire una sana concorrenza;
- un quadro armonizzato di indagine di mercato che permetterà alle autorità competenti di intervenire preventivamente nei mercati digitali per affrontare i problemi strutturali, prima che si radichino e portino a monopoli digitali.
Un cammino verso un fronte comune europeo
Al fine di evitare che le problematiche sino ad ora descritte siano gestite all’interno di un sistema frammentato – con regole diverse nei diversi paesi dell’EU – si rende necessario attuare un fronte compatto ed omogeneo contro il potere delle imprese digitali – in particolare quello dei cosiddetti grandi “gatekeeper” – che minaccia le nostre libertà, le nostre opportunità e persino la nostra democrazia.
Margrethe Vestager, in diverse interviste, ha ripetutamente sottolineato quanto sia importante regolamentare i servizi digitali a partire dal loro paese d’origine e, al contempo, sia necessario istituire un sistema permanente di cooperazione per facilitare il lavoro delle autorità di regolamentazione a protezione dei consumatori in tutta Europa.
Molti interpretano questa posizione sia come il tentativo da parte dell’Ue di avere una strategia autonoma dagli Usa, sia come un tentativo per stabilire alleanze con le Istituzioni americane in considerazione della vittoria dei Democratici nella corsa alla Casa Bianca. Infatti, anche negli Usa sta cambiando l’approccio nei confronti dei giganti del web. Ne è una prova tangibile l’ultima istanza di accusa di concorrenza illegale da parte del Governo nei confronti di Google.
Joe Biden & Big Tech: cosa succederà?
Nel corso della corsa alla Casa Bianca sia Joe Biden sia la senatrice Kamala Harris, futura vicepresidente, hanno manifestato toni più moderati nei confronti delle Big Tech rispetto ad altri candidati alla presidenza, come i senatori Bernie Sanders e Elizabeth Warren, che invece considerano le GAFA (i.e. Facebook, Apple, Google e Amazon) più come una minaccia che come partner strategici.
Tuttavia, è doveroso notare che, nell’ultimo periodo, a prescindere dalle diatribe elettorali, sia Repubblicani sia Democratici sono diventati entrambi più critici nei confronti delle aziende della Silicon Valley, pur riconoscendone il ruolo di avanguardia dell’impero economico statunitense nel mondo e si ritiene che, in parte, questo atteggiamento bipartisan sarà mantenuto anche nei prossimi mesi. Pertanto, le Big Tech si troveranno dinanzi ad un’amministrazione democratica più sospettosa nei loro confronti rispetto ai tempi passati.
Conclusioni
Il comportamento delle Big Tech è oramai al centro dei dibattiti a livello globale. L’Europa ha intrapreso la strada della regolamentazione per arginare le distorsioni di mercato messe in atto dalle società della Silicon Valley e c’è chi ritiene che il prossimo passo consisterà nell’applicazione di una ‘digital tax’ sul loro operato, dato che contribuirebbe a ripagare il debito comune che la Commissione europea accumulerà per mettere insieme le risorse del Recovery Fund. Tuttavia, questa decisione risulta ancora in fase “embrionale” e dovrà essere votata da tutti gli Stati membri.
“Alea iacta est”, i.e. il dado è tratto: le varie democrazie di tutto il mondo stanno “affilando le armi” per arginare il potere delle Big Tech che sono uscite ancora più ricche anche dalla pandemia e stanno diventando sempre più grandi e influenti sulle nostre vite. È giunto il momento di dare vita a un sistema di regolamentazioni più strutturato dato che – non dimentichiamolo – la necessità di presidiare il capitalismo digitale e salvaguardare il corretto funzionamento del mercato digitale è una conditio sine qua non per assicurare la tenuta democratica, economica e sociale dei singoli Stati, dell’intera Europa e anche del mondo intero.