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La vita delle big tech dopo la super multa Facebook: ecco le prospettive

La sanzione e gli obblighi Antitrust a Facebook saranno un deterrente anche per gli altri colossi del web, ma ci sono dubbi sulla reale efficacia dell’azione delle autorità Usa. Tutto dipenderà dalle nuove mosse allo studio da Ftc, Congresso e Dipartimento di Giustizia. Ecco il quadro

Pubblicato il 02 Ago 2019

Marina Rita Carbone

Consulente privacy

Mark Zuckerberg, Ceo di Meta e fondatore del Metaverso

Il caso Cambridge Analytica si chiude con una sanzione di 5 miliardi di dollari a Facebook, ma ciò che appare veramente rivoluzionario, a mio parere, non è tanto l’entità della sanzione, che pure ha il suo valore simbolico, quanto il fatto che alla stessa si accompagnino una serie di “regole di disciplina” finalizzate ad evitare nuovi casi analoghi.

In aggiunta alla pesante multa, infatti, la Federal Trade Commission (FTC) ha posto in capo a Facebook una serie di obblighi e vincoli con l’obiettivo di favorire (ove non proprio di imporre) il rispetto delle norme sul trattamento dei dati personali ed il controllo sull’operato della società.

E’ una sentenza storica, non ci sono dubbi: per l’ammontare della multa, la più alta di sempre, ma lo è probabilmente ancora di più nel messaggio che lancia ai colossi del web, ammonendoli pesantemente circa il fatto che le regole vanno rispettate e che chi non le rispetta paga.

Siamo dunque dinanzi ad una svolta?

Non solo sanzioni: gli obblighi imposti dall’Antitrust

La FTC ha posto in capo a Facebook, in primis, l’obbligo di costituire un comitato ad hoc, nell’ambito della propria struttura amministrativa, a cui spetta il compito (e la responsabilità) di imporre il rispetto delle norme sulla privacy a tutte le proprie piattaforme e di impedire che siano prese decisioni unilaterali. Tale comitato dovrà essere completamente indipendente da Zuckerberg, il quale non potrà avere alcuna facoltà di licenziamento dei membri che lo compongono.

In secondo luogo, la FTC ha imposto che Facebook si sottoponga a controlli periodici da parte di soggetti appositamente designati, in modo che sia costantemente monitorata l’applicazione di adeguati principi di trasparenza e responsabilizzazione.

In ultimo, la FTC ha previsto che la creazione di nuovi prodotti dovrà essere vincolata a processi di revisione a doppio livello, interna ed esterna, con l’obbligo di rendere noto qualsiasi incidente che potrebbe compromettere i dati di più di 500 utenti.

Ove non dovesse garantire il rispetto di quanto sopra, sarà lo stesso Zuckerberg a risponderne personalmente, sia in sede civile che in sede penale.

Un freno alle strategie commerciali spregiudicate

Nonostante la vicenda Cambridge Analytica sia conclusa, FTC non si accontenta, aprendo, parallelamente al raggiungimento dell’accordo, una nuova indagine antitrust nei confronti della stessa Facebook. Il destino di tale indagine non è ancora chiaro, ma l’intento è quello di mettere un freno alle strategie commerciali sinora messe in atto da Facebook, a discapito non solo dei propri utenti (una vera e propria miniera d’oro di dati da utilizzare per le più disparate finalità di profilazione) ma dell’intero mercato.

Nemmeno le altre “big” del settore sono al sicuro: indagini mirate sono previste anche per Google, Apple, Amazon, & Co. E le sanzioni saranno adeguate.

Il Dipartimento di Giustizia Usa ha annunciato uno scrutinio di loro e anche il Congresso americano lavora a proposte di legge per ridurne la libertà di azione, soprattutto in termini di concorrenza e profilazione utenti.

Siamo dinanzi ad una presa di posizione netta da parte delle autorità e del legislatore, che dimostra come le tendenze stiano cambiando: negli ultimi anni, il “gap” tra il mondo digitale e le normative appariva quasi insormontabile. Tuttavia, l’entrata in vigore di normative che pongono sempre maggiormente l’attenzione sui principi di trasparenza e responsabilizzazione, potenziando i poteri di controllo delle autorità, quali il GDPR, ha consentito di colmare, quantomeno parzialmente, tale divario.

Si sviluppa una nuova realtà, dunque, nella quale il controllo delle società della big tech rappresenta una costante ed il potere sanzionatorio delle Autorità va oltre la mera imposizione di sanzioni pecuniarie per giungere ad un livello ben più profondo e concreto, che mira alla crescita controllata dei prodotti del web ed alla piena responsabilità delle azioni intraprese dalle società del digitale.

Lo stesso Zuckerberg, a seguito dell’erogazione della sanzione, si è detto positivamente impegnato alla riorganizzazione non solo della struttura aziendale della società, ma bensì dell’intero impianto alla base dei propri prodotti digitali, con l’obiettivo di garantire il corretto trattamento dei dati personali degli utenti, proteggendoli anche (almeno nelle promesse) da “invasioni di campo” da parte di app di terze parti.

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Due passi avanti ed uno indietro

Insomma, pur dovendosi riconoscere il carattere rivoluzionario della sanzione in esame, che si auspica possa fungere da deterrente per gli altri colossi del web, quali Google, Apple ed altre che, non meno di Facebook raccolgono e trattano dati personali in misura massiva e su scala globale, restano non pochi dubbi sulla capacità della stessa di centrare il “bersaglio”.

La decisione di accettare il patteggiamento, innanzitutto, è parsa agli occhi di molti una dimostrazione di debolezza da parte della FTC. La prosecuzione delle indagini avrebbe potuto portare alla luce molte più criticità di quante sin lì riscontrate, anche con riguardo alla normativa antitrust, consentendo non solo di meglio calibrare la sanzione alle effettive violazioni poste in atto da Facebook, ma soprattutto di rendere il pubblico maggiormente consapevole di quanto la società di Menlo Park abbia sin qui agito fuori dalle regole e forse anche dal buon senso.

L’entità stessa della sanzione appare probabilmente inadeguata: Rohit Chopra, commissario Democratico della FTC sostiene che “quando le aziende possono violare la legge, pagare pesanti sanzioni e trarre ancora profitto mantenendo il proprio modello di business intatto, le autorità non possono proclamare vittoria”.

Stando alle parole del Senatore Repubblicano Josh Hawley, FTC “fallisce completamente nel penalizzare Facebook in maniera effettiva”.

La sanzione, peraltro, non mette in discussione né il futuro di Facebook (che appare sempre più roseo, nonostante le molteplici sanzioni ed indagini che la vedono protagonista) né minimamente intacca i suoi piani di crescita nel ben più delicato campo delle valute e delle transazioni finanziarie: con la nascita della nuova criptovaluta Libra, l’obiettivo di Zuckerberg è di creare un gigante più forte e più grande di Facebook facendo confluire in un’unica piattaforma Facebook, Instagram, Whatsapp implementandone funzionalità e potenza di fuoco.

Il rischio di profilazione

Vi sono seri dubbi che l’utente medio possa avere consapevolezza di tutte le finalità a cui i propri dati, ceduti più o meno consapevolmente a questa mega piattaforma unificata e ben più sofisticata di quanto non lo siano oggi le singole componenti, potranno essere sottoposti e, soprattutto, se mai potranno uscirne.

Inoltre, aumenta notevolmente il rischio di profilazione dei dati senza consenso e di “fuga” illecita degli stessi.

Una vittoria di Pirro, dunque, che non soddisfa pienamente nonostante le ottime premesse.

Un inizio importante ma solo un inizio

In conclusione, non si può negare l’impatto positivo che la sentenza della Federal Trade Commission ha avuto e potrà avere in futuro sul modus operandi del mondo digitale: ad una fase iniziale di crescita incontrollata e senza regole, è seguita quella della scrittura delle regole a cui ora, finalmente, ha fatto seguito quella della irrogazione delle sanzioni – anche pesanti – da parte delle Autorità. L’inizio della fase delle sanzioni è fondamentale per dare credibilità alle regole.

Ma, tuttavia, questo rappresenta solo uno dei tanti passi ancora da fare per rendere la crescita, quasi inarrestabile, dei colossi del web (5 miliardi di sanzione avrebbero ammazzato molti Stati sovrani ma non hanno neppure ferito il colosso Facebook), maggiormente rispettosa dei principi del diritto.

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