Neuroscienze

L’AI può aiutarci a “leggere” i pensieri? Progressi concreti e dubbi etici



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Neuralink, intelligenza artificiale e risonanza magnetica funzionale sono solo alcune delle tecnologie usate per “leggere” i pensieri. Ma di fianco a queste soluzioni emergono anche complessi interrogativi sulla sicurezza e l’integrità del singolo nel panorama delle neuroscienze

Pubblicato il 6 dic 2023



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La letteratura ed il cinema ci hanno regalato nel tempo centinaia di racconti e film di fantascienza o supereroi dove personaggi di fantasia, riescono con qualche tecnologia o potere a leggere la mente delle persone. Ebbene, l’antico sogno dell’uomo di svelare i segreti nascosti nella profondità dei pensieri sta lentamente ma inesorabilmente diventando una realtà tangibile, grazie alle nuove frontiere della neurotecnologia.

Tuttavia, tra progressi tecnologici e questioni etiche, le sfide da affrontare sono molteplici: l’intelligenza artificiale e la risonanza magnetica funzionale rappresentano solo alcune delle soluzioni innovative adottate per “leggere” i pensieri umani, ma portano con sé interrogativi complessi sulla sicurezza e sull’integrità del singolo nel vasto panorama delle neuroscienze emergenti.

Il desiderio umano di leggere la mente

Da sempre è un desiderio dell’essere umano avere la possibilità di leggere la mente dell’altro. Potremmo dire che questo bisogno sia legato alla naturale tendenza dell’uomo a volere avere relazioni quanto meno stabili e positive, ma anche dalla spinta della nostra mente a voler sapere e spiegare cosa accade al di fuori di essa, anche per influenzarne l’andamento.

Nella nostra evoluzione abbiamo sviluppato alcune abilità adibite proprio alla “lettura” della mente dell’altro. In questo caso parliamo di capacità metacognitive [1,2] che ci aiutano nell’interpretazione delle emozioni, del verbale, non verbale e così via del nostro interlocutore per darci un’idea di cosa l’altro sta pensando o provando.

In ogni caso, per quanto molto buone e sviluppate, queste abilità non ci danno la certezza di cosa sta realmente pensando l’altro. Certezza che crolla soprattutto quando l’altro riesce a mascherare intenzionalmente ad esempio quello che sta provando.

Le tecnologie per mappare il cervello: l’EEG

Senza tralasciare tutte quelle situazioni nelle quali abbiamo la necessità di sapere veramente se l’altro sta mentendo oppure no come ad esempio nelle testimonianze.

Ma perché parlare di questo oggi?

Negli anni gli scienziati, neuroscienziati soprattutto, si sono impegnati per mappare il nostro cervello anche per trovare un modo per “leggere” le informazioni in esso contenute.

Questo lavoro certosino ha permesso di sviluppare delle tecnologie che ci hanno via via avvicinato a esplorare cosa accade nella nostra mente arrivando a tradurre determinati segnali elettrici come specifici stati della mente (ad esempio se siamo concentrati o rilassati).

Questo grazie anche a dispositivi EEG (elettroencefalogramma) che permettono con dei sensori (elettrodi) posizionati sopra la testa su punti specifici di catturare i segnali elettrici del nostro cervello. Tale tecnologia è molto evoluta nel tempo e permette una misurazione dinamica nel tempo dell’attività cerebrale.

Elon Musk e Neuralink: l’impianto nel cervello

Recentemente sono state sviluppate altre tecnologie come quella che ha realizzato la società Neuralink di Elon Musk. Un progetto che grazie all’uso di un piccolo impianto collocato all’interno del cervello permetterebbe di acquisire dei segnali elettrici e di leggere o intervenire in tempo reale nei vari processi mentali e cognitivi dall’interno.

Stando a quanto dichiarato durante la presentazione avvenuta nel 2022, con lo scopo, di curare problematiche come le lesioni spinali e cerebrali, il recupero della vista come anche problematiche comportamentali o patologie neurologiche. Inoltre, il dispositivo consentirebbe un nuovo tipo di interfaccia cervello computer.

In merito a Neuralink, solo recentemente (Maggio 2023) è stato dato il via libera dalla FDA (Food and Drug Administration) per procedere con la sperimentazione umana di questa tecnologia quindi, ancora, non sappiamo quanto sarà efficace.

Possiamo dire che almeno potenzialmente dovrebbe essere più affidabile e sensibile delle apparecchiature EEG esterne come quelle usate fino ad oggi. Ovviamente il tutto è da prendere con le pinze anche per tutta una serie di questioni etiche e legate alla sicurezza fisica.

La Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI) e l’intelligenza artificiale

Un ulteriore strumento attualmente impiegato per sondare l’attività cerebrale è la Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI); un tipo specifico di risonanza magnetica usata sia in ambito clinico che di ricerca per rilevare quali aree del cervello vengono attivate durante alcuni compiti o nel funzionamento normale ma senza l’uso di strumenti invasivi come quelli usati nel progetto Neuralink.

In breve, grazie a questo strumento si possono ricavare delle immagini di aree molto specifiche con un elevata risoluzione e senza dover usare alcuna sostanza esterna come mezzo di contrasto.

Ma cosa succede se uniamo questa tecnologia con l’Intelligenza Artificiale (IA)?

L’uso del deep learning per “leggere” i pensieri

In alcune ricerche sono stati impiegate tecniche di deep learning per decodificare (interpretare) i segnali catturati dalla fMRI per migliorarne la qualità ma soprattutto “leggere o vedere” all’interno del cervello.

In una ricerca del 2018 [3] gli studiosi grazie all’uso del deep learning potevano comprendere dai segnali cerebrali registrati che cosa i partecipanti alla ricerca stavano vedendo.

I ricercatori ottenevano delle immagini grezze di quello che la persona stava osservando (dei filmati naturali) e anche delle descrizioni testuali. Ad esempio, se la persona stava guardando un video del volo di un uccello, l’immagine ricostruita dal computer era simile a quella di un uccello e la parola suggerita dal modello era appunto “uccello”. L’affidabilità dei modelli impiegati poteva raggiungere il 52% circa delle osservazioni tra i soggetti e fino al 72% circa delle osservazioni intra soggetto.

Forse ancora più impressionante i risultati raggiunti in una ricerca pubblicata a maggio 2023 [4] nella quale gli studiosi hanno indagato se fosse possibile e con quali risultati “leggere” i pensieri dei soggetti coinvolti sempre utilizzando la fMRI e algoritmi di IA.

Come nella ricerca precedente, prima della fase di riconoscimento dei segnali cerebrali, i modelli di IA sono stati allenati tramite sessioni di apprendimento sui segnali generati dai tre partecipanti, tramite la registrazione dell’attività cerebrale dei soggetti sviluppatasi durante l’ascolto di 16 ore di storie.

Dopo la fase di allenamento, i soggetti hanno ascoltato altre storie di test (non usate nella fase precedente) mentre il decodificatore (il modello usato per interpretare i segnali registrati dalla fMRI) traduceva quanto raccolto.

Le performance del decodificatore

Qui un esempio di un delle frasi test utilizzate “i didn’t know whether to scream cry or run away instead i said leave me alone i don’t need your help adam disappeared and i cleaned up alone crying”.

Qui invece quello che il decodificatore ha riportato interpretando i segnali cerebrali “started to scream and cry and then she just said i told you to leave me alone you can’t hurt me anymore i’m sorry and then he stormed o i thought he had left i started to cry”.

Come spiegato dai ricercatori, nell’esempio sopra come per altri, il decodificatore è riuscito a “leggere” esattamente alcune parole o frasi e comunque a coglierne il senso.

Le performance del decodificatore hanno raggiunto una percentuale tra il 72% e l’82% di affidabilità di quanto ascoltato dai soggetti.

Quindi, grazie alle IA è possibile non solo migliorare la sensibilità di tecnologie come la fMRI ma spingere l’interpretazione dei segnali raccolti quasi a comprendere nel dettaglio quello che la persona sta vedendo, ascoltando o pensando.

Come dichiarato dagli autori grazie a questo studio è stato possibile verificare che questi obiettivi sono potenzialmente raggiungibili grazie a dispositivi non invasivi e soprattutto rispettosi della privacy dei soggetti.

Infatti, come riportato nell’articolo, senza la cooperazione attiva dei soggetti, sia nella fase di addestramento che nella fase di riconoscimento, i risultati del decodificatore crollano drasticamente.

Conclusioni

In ogni caso è fondamentale aumentare la consapevolezza sia dei benefici dell’uso di queste tecnologie (basti pensare alla possibilità, ad esempio, per quelle persone che non possono comunicare per una lesione cerebrale) ma anche dei rischi di come segnali non correttamente decodificati potrebbero essere usati per scopi malevoli.

Bibliografia

[1] Semerari, A., Carcione, A., Dimaggio, G., Falcone, M., Nicolò, G., Procacci, M., & Alleva, G. (2003). How to evaluate metacognitive functioning in psychotherapy? The metacognition assessment scale and its applications. Clinical Psychology and Psychotherapy, 10(4).

[2] Bateman, A. W., & Fonagy, P. (2004). Mentalization-based treatment of BPD. In Journal of Personality Disorders (Vol. 18, Issue 1).

[3] Haiguang Wen and others, Neural Encoding and Decoding with Deep Learning for Dynamic Natural Vision, Cerebral Cortex, Volume 28, Issue 12, December 2018, Pages 4136–4160, https://doi.org/10.1093/cercor/bhx268

[4] Tang, J., LeBel, A., Jain, S. et al. Semantic reconstruction of continuous language from non-invasive brain recordings. Nat Neurosci 26, 858–866 (2023). https://doi.org/10.1038/s41593-023-01304-9.

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