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L’AI può essere autore o inventore? Tutti gli interrogativi sollevati dalle decisioni Thaler/DABUS

E’ giusto riconoscere anche ai sistemi di Intelligenza Artificiale il ruolo di inventore e di autore o tali facoltà possono essere attribuite solo a una persona fisica? Ecco in che modo l’attività di Stephen Thaler hanno sollevato molteplici interrogativi negli Uffici Brevetti e Copyright di una parte consistente del globo

Pubblicato il 11 Apr 2023

Beatrice Marone

dottoranda in Diritto Privato, Università degli Studi di Pavia

Giulia Pinotti

Assegnista di Ricerca e PhD in Diritto amministrativo e Droit Comparé

Amedeo Santosuosso

IUSS Pavia e Dipartimento giurisprudenza UNIPV

La creatività è (ancora) una prerogativa esclusivamente umana? O la società è pronta a riconoscere tale facoltà altresì a soggetti inanimati? Tali sono le questioni scottanti che hanno investito, nel corso degli ultimi anni, anche il mondo del diritto e, in particolare, la branca di esso che si occupa della tutela, da un lato, delle privative industriali e, dall’altro, delle opere connotate dalla caratteristica di originalità.

Il panorama non pare mai essersi rivelato multiforme come al momento presente, in una particolare congiunzione storica nella quale, in maniera incidente l’una nell’altra, si assiste allo spiegamento di due direzioni che affondano le proprie radici in argomentazioni egualmente valide e sostenibili.

Un’opera creata dall’IA può essere protetta da diritto d’autore? La Corte di Washington verso la decisione

Una, estrinsecazione della linea direttiva secondo la quale è giunto il tempo di un aggiornamento delle definizioni convenzionali e legislative relative al Diritto Industriale e d’Autore, propende per una spinta verso il riconoscimento anche ai sistemi di Intelligenza Artificiale del ruolo sia di inventore sia di autore, con la conseguente attribuzione agli stessi delle prerogative concesse ai soggetti identificati in tale cornice dalla rispettiva normativa applicabile.

Un’altra, invece, strenua sostenitrice della visione secondo la quale le facoltà intellettive atte a rendere un soggetto inventore o autore di opera dell’ingegno non possano in alcun modo, almeno secondo la prospettiva del diritto, essere attribuite a qualcuno o qualcosa che si scosti dal paradigma della persona fisica.

La vicenda Thaler/DABUS

A prima vista, la questione potrebbe apparire come l’ennesima specifica configurazione in un contesto determinato della più ampia sfida tra innovazione e tradizione, mentre a rendere di estremo interesse e rilevanza la vicenda è la coesistenza di una molteplicità di orientamenti proposti dalle istituzioni competenti in materia.

Emblematica della magmatica situazione attualmente è la vicenda balzata agli onori della cronaca grazie all’attività di Stephen Thaler, scienziato e direttore generale della società Imagination Engines, Inc., con sede in Missouri; anzi, sarebbe più corretto identificare Thaler come motore propulsore di una molteplicità di interrogativi che hanno portato Uffici Brevetti e Copyright di una parte consistente del globo, nonché un ristretto, ma rilevante, numero di corti di legittimità a affrontare temi il cui rilievo è cresciuto in traiettoria esponenziale. Egli è titolare di una molteplicità di domande di brevetto per l’invenzione denominata “food container and devices and methods for attracting enhanced attention” che riguarda un contenitore per alimenti a forma di frattale e a un dispositivo di segnalazione ad alta visibilità, tramite il fascio originato dal brevetto PCT/IB2019/057809 depositato dinanzi all’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI) in data 17 settembre 2019. Tuttavia, la scintilla all’origine della vexata quaestio non è da ricercare nel titolare del brevetto, bensì nell’inventore: infatti, a essere identificato in tale ruolo è “DABUS”, acronimo per “Device for Autonomous Bootstrapping of Unified Sentience”, ossia un sistema di Intelligenza Artificiale progettato da e di proprietà dello stesso Thaler, formato da una rete neurale e concepito proprio con lo scopo di fornire output creativo senza intervento umano che non sia la fornitura di dati sui quali il sistema autonomamente si allena.

La sostanziale differenza fra la qualifica di inventore e quella di titolare di brevetto

È a questo punto opportuno menzionare la sostanziale differenza fra la qualifica di inventore e quella di titolare di brevetto. Infatti, il primo si identifica con il soggetto al quale spetta il diritto di paternità, ossia il diritto ad essere riconosciuto come autore dell’invenzione, nonché il diritto a brevettare l’invenzione, ossia a richiedere il rilascio del brevetto. Essi costituiscono diritti morali inalienabili che possono essere fatti valere erga omnes anche dagli eredi dell’inventore. Tuttavia, è altresì possibile che la domanda di brevetto sia presentata da un soggetto differente dall’inventore, nella prassi commerciale comunemente un ente o una persona giuridica a cui l’inventore è legato semplicemente tramite un rapporto nascente da un contratto. È al titolare del brevetto che spettano, dunque, i diritti di sfruttamento economico dell’opera dell’ingegno. Le trincee scavate dagli Uffici Brevetti nazionali si basano proprio su un fondamento ontologico, ossia l’impossibilità di riconoscere a un soggetto diverso da una persona fisica il ruolo di inventore di brevetto (una presa di posizione che, tuttavia, deve essere correttamente contestualizzata in un contesto giuridico). I dubbi non investono tanto il tema, prettamente tecnico e che, dunque, richiede competenze specialistiche in ambito informatico e ingegneristico, secondo il quale sia – o meno – possibile riconoscere una capacità inventiva autonoma a un sistema di Intelligenza Artificiale. Essi riguardano piuttosto l’impossibilità che un soggetto non rientrante nella definizione di persona fisica diventi per l’ordinamento il titolare dei diritti sull’invenzione.

Brevetti intelligenza artificiale, che fare dopo il “niet” dell’Ufficio brevetti UE

I fautori della linea di pensiero secondo la quale non vi sono ostacoli concreti al riconoscimento della qualifica di inventore a soggetti diversi dalle persone fisiche sottolineano come brevetti oggetto di attività inventiva da parte di sistemi di Intelligenza Artificiale siano stati ottenuti già decenni or sono. In particolare, la stessa Creativity Machine è oggetto di brevetto, nello specifico del brevetto statunitense n. 5659666 intitolato “Device for the Autonomous Generation of Useful Information”, depositato il 13 ottobre 1994. Thaler aveva, successivamente, depositato una seconda domanda di brevetto statunitense, la n. 5852815 del 15 maggio 1998 intitolata “Neural Network Based Prototyping System and Method”, indicando sé come inventore. Soltanto tempo dopo, poi, sarebbe stato svelato come il secondo brevetto fosse frutto dell’attività inventiva autonoma del primo brevetto.

L’Ufficio Brevetti statunitense avrebbe validato nella sostanza dei fatti ciò che ora costituisce l’elemento dirompente della questione, semplicemente a seguito dell’inconsapevolezza in relazione al presunto coinvolgimento della Creativity Machine nel processo relativo all’invenzione successiva.

La decisione dell’Ufficio brevetti sudafricano

È necessario ricordare che, alla data odierna, uno solo fra i brevetti di cui alla seconda tranche di titolarità di Thaler – e, quindi, del primo gruppo in cui la Creativity Machine risulta come inventore – ha, effettivamente, completato il proprio iter di registrazione, ponendo un evento senza precedenti nella storia a livello globale. È del 28 giugno 2021 la decisione dell’Ufficio Brevetti sudafricano di concedere il brevetto che designa come inventore un sistema di Intelligenza Artificiale, ossia DABUS, e come titolare il proprietario di tale sistema, dunque Thaler. Le ricadute scaturite da tale decisione, tuttavia, non paiono aver sortito l’eco sperato, dal momento che il sistema di requisiti necessari a ottenere la concessione di un brevetto nello Stato considerato non è soggetto a limiti particolarmente stringenti, con la conseguenza che l’esame condotto è stato considerato dalla maggioranza delle opinioni come esclusivamente formale.

La sentenza della Corte Federale australiana

Soltanto due giorni dopo il risultato sudafricano, con la sentenza della Corte Federale australiana nel caso Thaler v Commissioner of Patents [2021] FCA 879 è giunto, per un gioco di paradossali coincidenze, un esito diametralmente opposto. L’Ufficio Brevetti nazionale, posto dinanzi alla domanda di brevetto, aveva sostenuto come, in conformità all’articolo 15, paragrafo 1 della normativa nazionale, risalente al 1990, il ruolo di inventore potesse essere ricoperto esclusivamente da una persona fisica; il magistrato incaricato del procedimento, però, dissente da tale approccio, sostenendo che la posizione dell’ufficio amministrativo poggi su una interpretazione non inappuntabile della norma. Un corretto processo interpretativo, infatti, porterebbe alla conclusione che il dettato legislativo non richieda in alcun modo la detenzione del titolo da parte dell’inventore o la trasmissione del medesimo titolo al richiedente, ma soltanto il fatto che il richiedente riceva il titolo in maniera conforme al sistema stabilito dalle norme imperative dell’ordinamento.

Di conseguenza, sebbene un sistema di Intelligenza Artificiale sia impossibilitato, per propria natura, ad accedere alla titolarità della domanda di brevetto, tale ruolo può essere ricoperto dal soggetto che possiede e controlla tale sistema, nonché il suo output e, dunque, nel caso di DABUS, proprio da Thaler.

Il giudice ha costruito la propria opinione sulla base di una maturata consapevolezza della nuova configurazione sociale all’interno della quale il proprio intervento era stato sollecitato, sostenendo che la scelta di negare la brevettabilità di un’invenzione esclusivamente sulla base dell’assenza di un inventore umano condurrebbe a un ingiustificato vulnus: tali invenzioni sarebbero completamente escluse dalla tutela brevettuale, contrariamente a quanto disposto dalla sezione 2(A) del medesimo testo normativo sopracitato e con risvolti contrari agli stessi obiettivi perseguiti dal sistema stabilito nell’ambito del Diritto Industriale.

Tali ragioni, le quali sembrerebbero dotate di una certa ragionevolezza e atte a rispondere a istanze di public policy, sono state, tuttavia, accantonate meno di un anno dopo dalla medesima corte. Il collegio riunito, in data 13 aprile 2022, ha infatti stabilito un nuovo revirement sul punto, reiterando l’orientamento dell’Ufficio Brevetti. Orientamento che pare condiviso dagli ulteriori organi giudiziari occupatisi della medesima vicenda, secondo i quali colui che ricopre il ruolo di inventore in una domanda di brevetto deve possedere le caratteristiche di persona fisica. Mentre, infatti, restano aperti i procedimenti dinanzi agli organi amministrativi di Brasile, Canada, Cina, India, Israele, Giappone, Nuova Zelanda, Repubblica di Corea, Arabia Saudita, Singapore, Svizzera e Taiwan, è del 2 marzo scorso l’ultima udienza nel procedimento dinanzi alla Corte Suprema britannica e continuano gli ulteriori ricorsi dinanzi alle Corti statunitense e tedesca, nonché all’Ufficio Brevetti Europeo (EPO). Proprio a quest’ultimo si deve una precisazione apparentemente superflua, ma, invece, fondamentale: in conformità all’articolo 81 della Convenzione sulla quale il sistema del brevetto europeo è fondato, l’inventore non soltanto deve avere le caratteristiche di persona fisica con riferimento alle facoltà dell’ingegno, ma occorre altresì che esso si presenti come un soggetto con capacità giuridica secondo i canoni stabiliti dall’ordinamento. L’Ufficio sostiene, infatti, che il mancato riconoscimento del ruolo di inventore a un sistema di Intelligenza Artificiale non comporti la creazione di un gap nella tutela offerta dai brevetti, dal momento che l’utente o il proprietario di tale sistema può identificare sé come inventore, strategia che il medesimo Thaler, come sopra ricordato, sembra aver già messo in atto decenni fa.

Diritto d’autore e opere create dall’AI, prove tecniche di tutela: le questioni aperte

Lo specifico ramo del diritto relativo alla Proprietà Intellettuale e Industriale è foriero di considerazioni rilevanti nell’unicità del proprio contesto: le dispute sono affrontate, dapprima, dinanzi a organi di natura amministrativa le cui decisioni, successivamente, possono essere assoggettate al vaglio dell’autorità giudiziaria, con esiti a volte sorprendenti. In aggiunta a ciò, sebbene la cooperazione tra Stati in materia di Diritto Industriale e Diritto d’Autore sia perseguita tramite convenzioni di diritto internazionale pubblico, l’esame in merito ai requisiti delle singole domande brevettuali nonché delle rivendicazioni di copyright sono effettuate dai competenti uffici nazionali, con l’esito che, a seconda del substrato culturale all’interno del quale i medesimi operano, le prese di posizione possono evincersi come contraddittorie. Si è, dunque, di fronte a una estesa e quantomai rapida fioritura di decisioni in molteplici direzioni in grado di modificare a ritmo ragionevolmente sostenuto uno degli ambiti del diritto dalla natura ambivalente: da un lato, il mondo dei creativi è certamente fra i più interessati dalle modificazioni sociali e strutturali ma, dall’altro, a tale spinta verso nuovi lidi non corrisponde un contemporaneo e sostenuto avanzamento delle norme di riferimento che restano ancorate a testi redatti e approvati decenni fa.

Il caso dell’opera d’arte bidimensionale “A Recent Entrance to Paradise”

L’orizzonte per il quale si sta combattendo pare essere più ideologico che pratico, come dimostrato dal fatto che la possibilità o meno di attribuire a un sistema di Intelligenza Artificiale prerogative sino a ora destinate esclusivamente all’essere umano è stata sollevata dal medesimo Thaler in riferimento alla forse più sfumata, ma non meno complessa, protezione fornita dal sistema del diritto d’autore (e non più all’ambito della tutela brevettuale). È del 3 novembre 2018, infatti, il deposito dinanzi all’Ufficio Copyright statunitense di una domanda atta a ottenere la registrazione di copyright su un’opera d’arte bidimensionale intitolata “A Recent Entrance to Paradise” il cui autore è stato identificato, ancora una volta, nella medesima Creativity Machine. Come prevedibile, il primo tassello della vicenda è stato costituito da un rifiuto, opposto nell’agosto 2019, tramite il quale, con una linea argomentativa aderente a quella già descritta in relazione alle caratteristiche richieste all’inventore, l’Ufficio ha indicato come la corrispondenza dell’autore con una persona fisica sia necessaria al fine di supportare una rivendicazione di copyright, configurazione fattuale evidentemente non esistente nel caso di specie. Alla replica del titolare della domanda, nella quale si argomenta sia in merito all’incostituzionalità di una tale presa di posizione sia all’assenza di appigli sufficienti a livello legislativo – statale o federale – nonché giurisprudenziale, l’Ufficio ha opposto la visione secondo la quale i requisiti formali e legali per la tutela fornita dal copyright siano riscontrabili esclusivamente in un’opera creata da un autore umano. Un punto di vista che, secondo la non sorprendente prospettiva dell’Ufficio, poggia le proprie fondamenta, da un lato, su decisioni emesse sia dalle corti competenti a decidere nel merito sia dalla Corte Suprema e, dall’altro, sulla particolare configurazione flessibile emergente dai lavori preparatori e dai commenti al Copyright Act, testo normativo datato 1976. Peraltro, occorre altresì ricordare che l’Ufficio non pare escludere a priori l’intervento di un sistema di Intelligenza Artificiale nel processo creativo, ma ne richiede la complementarietà con un’azione umana di cui il titolare della domanda di copyright deve fornire adeguata evidenza, situazione che non pare essere riscontrabile nel caso di specie, in cui la totalità del processo creativo è stata attribuita alla Creativity Machine.

La decisione del 14 febbraio 2022 è stata emessa all’esito di un procedimento all’interno del quale più volte il titolare della domanda ha reiterato la necessità di giungere alla registrazione di copyright in capo a sistemi di Intelligenza Artificiale soprattutto al fine di soddisfare le istanze, costituzionalmente garantite, di tutela dell’originalità dell’opera, con il conseguente raggiungimento degli obiettivi nei quali il diritto d’autore trova la propria ragione di esistere. La decisione appare snella, ma incisiva nei propri punti fondamentali, svelando un percorso approfondito di analisi delle circostanze del caso di specie non soltanto dal punto di vista del ragionamento giuridico, ma altresì di valorizzazione del tessuto sociale all’interno della quale la tutela del diritto d’autore trova un appiglio molto più rilevante rispetto a una molteplicità di altri temi.

La prassi codificata dell’Ufficio

La prassi codificata dell’Ufficio indica, in primis, in maniera espressa come il termine “autore” implichi che, affinché un’opera sia soggetta a copyright, debba trovare la propria origine in un essere umano, con il corollario secondo il quale i materiali prodotti unicamente dalla natura, da piante o da animali non siano passibili di copyright. Già tale punto preliminare potrebbe aprire un interessante dibattito, dal momento che, come si ricorderà, uno fra i primi interrogativi in merito all’inquadramento normativo delle applicazioni dei sistemi di Intelligenza Artificiale nella vita quotidiana era il dubbio se configurare la responsabilità extracontrattuale legata all’evento dannoso dovuto all’attività di un robot come responsabilità da cosa in custodia o esattamente nella cornice del danno cagionato da animali.

L’Ufficio ripercorre in prospettiva storica l’evoluzione della figura dell’autore sin dalle origini, incastonando il proprio percorso argomentativo sulla definizione di “opere originali d’autore” oggetto di tutela di copyright secondo lo stesso Copyright Act. In tal senso, si sostiene la rilevanza di una precisa scelta stilistica degli autori del testo normativo, evidenziando come la definizione sia stata consapevolmente e intenzionalmente lasciata “indefinita” allo scopo di incorporare, senza necessità di modifiche testuali, lo standard di originalità stabilito dalle corti. Una scelta che, a livello di tecnica legislativa, presenta certamente risvolti notevoli con conseguenze positive con riferimento alla necessità di rispondere in maniera sempre più rapida all’incalzante ritmo di cambiamento sociale: con tale modus operandi, il quale ha contraddistinto il legislatore statunitense nel confronto con numerose tematiche nel corso del tempo e, nello specifico, in relazione agli argomenti giudicati come maggiormente sensibili alla modifica della percezione del pubblico, gli autori lasciavano un guscio in grado di fornire terreno fertile a ulteriori argomenti che la norma non si proponeva, al tempo, di affrontare, ma che i futuri membri del Congresso, sollecitati dalle pronunce emanate dalle corti, avrebbero potuto riscontrare la necessità di passare a regolare. Da tenere in considerazione, tuttavia, è altresì il fatto che un approccio di questo tipo può esplicarsi al massimo delle proprie potenzialità esclusivamente nell’ambito della cornice normativa degli ordinamenti di Common Law, all’interno dei quali il compito affidato alle corti di guida al legislatore – se non, addirittura di legislatore vero e proprio – trova un riconoscimento espresso.

L’Ufficio continua, poi, la propria disamina ricordando come proprio l’esame delle varie decisioni emesse dall’autorità giudiziaria nel corso della consistente finestra temporale considerata, tra cui sono citate Burrow-Giles Lithographic Co. v. Sarony, ma anche Mazer v. Stein e Goldstein v. California, porti all’individuazione di un orientamento costante secondo il quale il nesso tra la mente umana e l’espressione creativa abbia sempre, e senza eccezione alcuna, costituito il prerequisito fondamentale per accordare la tutela fondata sul copyright. Viene sottolineato come il titolare della domanda non abbia fornito elementi sufficienti a fondare un convincimento che consenta all’Ufficio di stabilire una nuova direzione di azione, secondo la tecnica in conformità alla quale al fine di discostarsi dal precedente e di accantonare lo stare decisis occorre dimostrare come il caso di specie si differenzi da quelli precedentemente giudicati nelle decisioni mantenute come riferimento.

Infatti, è indicato come non sia sufficiente la mera prospettazione del fatto che lo sviluppo della tecnologia e dei sistemi di Intelligenza Artificiale sia stato posto sotto i riflettori, dal momento che risale addirittura agli anni ’80 un report della National Commission on New Technological Uses of Copyrighted Works (CONTU) relativo proprio al tema trattato.

Secondo tale testo, la cornice normativa di riferimento per la tutela di originali opere d’autore basata sul requisito dell’umanità dell’autore stesso pareva essere sufficiente a consentire la tutela di opere create con l’uso di computer, con la conseguenza che non emergeva la necessità di emendare il testo del Copyright Act. La prospettiva scaturente dalla decisione, tuttavia, non è soltanto indirizzata in un orizzonte storico, ma sembra ampliarsi, altresì, in prospettiva sociologica, dal momento che, in maniera precipua, cita come alle medesime conclusioni sia giunta la comunità di esperti con la quale l’Ufficio Brevetti e Marchi statunitense si è interfacciato nell’ambito di una conferenza organizzata nel 2019 in merito alle relazioni fra Proprietà Intellettuale e Intelligenza Artificiale, le cui risultanze sono state pubblicate nel report intitolato “Public Views on Artificial Intelligence and Intellectual Property Policy” dell’ottobre 2020. Alla domanda se un’opera prodotta da un processo o da un algoritmo di Intelligenza Artificiale senza il coinvolgimento di una persona fisica dovesse essere qualificata come un’opera d’autore tutelata sotto l’egida della legge sul copyright è stato rilevato che la grande maggioranza dei commentatori ha riconosciuto come la legge esistente non consenta a un non-umano di essere autore e, ancora più interessante, ritiene questa debba rimanere la norma.

Tuttavia, il Report fornisce anche conto del suggerimento proposto da una minoranza secondo la quale un’opera sufficientemente creativa prodotta da un’Intelligenza Artificiale senza intervento umano dovrebbe essere soggetta a copyright e che la norma in questione dovrebbe consentire di riconoscere l’autore o nel proprietario del sistema di Intelligenza Artificiale o nell’utente che completa l’opera cristallizzandone la forma finale.

Entrambe le prospettive indicate paiono poter essere identificate come linee d’azione foriere di sviluppi interessanti. Dall’analisi dei punti precedentemente menzionati, sembrerebbe essere preferito un orizzonte di collaborazione fra il creativo umano e il creativo non umano, con, allo stato dell’arte, l’attribuzione soltanto al primo dei diritti sull’opera finale. Tuttavia, nel momento in cui si richiede un intervento cronologicamente successivo – e finale – dell’umano sull’opera ai fini dell’attribuzione della tutela autorale, restano prive di tutela le opere frutto di collaborazione ma con riferimento alle quali l’intervento umano non è contemporaneo o successivo, bensì precedente, rispetto a quello dell’Intelligenza Artificiale. Si fa riferimento, in particolare, al fenomeno esploso con DALL-E, sistema di Intelligenza Artificiale in grado di creare immagini a partire dalla descrizione di una circostanza in linguaggio naturale. Di conseguenza, almeno al momento attuale, nessuna delle immagini prodotte tramite tale sistema può essere soggetta a copyright e, quindi, nessuna forma di tutela è accordata all’utente che, tramite la propria descrizione al sistema, ha fornito gli elementi necessari a generare lo scenario incorporato nell’opera. L’assenza del riconoscimento del ruolo di autore a un sistema di Intelligenza Artificiale non si configura, quindi, come una questione puramente astratta e teorica, ma genera un impatto non indifferente dal punto di vista del business, che ha già catturato l’attenzione dei creativi e che è destinato a esplodere nei prossimi tempi: infatti, si sono già accesi i primi riflettori sulla vessatorietà delle condizioni generali di contratto imposte per l’utilizzo di tali sistemi che spoglierebbero l’utente di qualsiasi diritto sull’opera creativa.

Conclusioni

Un’ipotesi da considerare al fine di far fronte a tali scenari è stata offerta dallo stesso Thaler, ossia la dottrina del “work-for-hire”: l’opera per la quale il riconoscimento di copyright era stato richiesto sarebbe stata prodotta dalla Creativity Machine in favore del proprietario secondo la fictio giuridica per la quale il sistema di Intelligenza Artificiale si configurerebbe o come un dipendente che produce l’opera nell’esercizio delle proprie mansioni o come un prestatore d’opera intellettuale la cui attività è stata espressamente regolata tramite accordo contrattuale.

Sebbene rifiutata dall’Ufficio Copyright statunitense sulla base dell’impossibilità, da un lato, di configurare un sistema di Intelligenza Artificiale come dipendente del proprio produttore e, dall’altro, dell’incapacità dello stesso di fornire un proprio consenso scritto nella cornice contrattuale indicata dalla seconda opzione, tale fictio giuridica potrebbe essere meritevole di ulteriore indagine, da team composti di giuristi esperti nell’ambito del Diritto Industriale e del Diritto del Lavoro, insieme a tecnici e informatici, al fine di fornire una cornice regolatoria in grado di rispondere a una molteplicità di istanze: dai creativi agli sviluppatori, sino agli utenti finali, in una prospettiva che sia in grado di costruire sulla complementarietà, anziché sulla reciproca esclusività, della creatività umana e non umana, per un nuovo Rinascimento delle espressioni artistiche.

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Value-based healthcare: le esperienze in Italia e il ruolo del PNRR
Strategie
Accordi per l’innovazione, per le imprese altri 250 milioni
Strategie
PNRR, opportunità e sfide per le smart city
Strategie
Brevetti, il Mise mette sul piatto 8,5 milioni
Strategie
PNRR e opere pubbliche, la grande sfida per i Comuni e perché bisogna pensare digitale
Formazione
Trasferimento tecnologico, il Mise mette sul piatto 7,5 milioni
Strategie
PSN e Strategia Cloud Italia: a che punto siamo e come supportare la PA in questo percorso
Dispersione idrica
Siccità: AI e analisi dei dati possono ridurre gli sprechi d’acqua. Ecco gli interventi necessari
PNRR
Cloud, firmato il contratto per l’avvio di lavori del Polo strategico
Formazione
Competenze digitali, stanziati 48 milioni per gli Istituti tecnologici superiori
Iniziative
Digitalizzazione delle reti idriche: oltre 600 milioni per 21 progetti
Competenze e competitività
PNRR, così i fondi UE possono rilanciare la ricerca e l’Università
Finanziamenti
PNRR, si sbloccano i fondi per l’agrisolare
Sanità post-pandemica
PNRR, Missione Salute: a che punto siamo e cosa resta da fare
Strategie
Sovranità e autonomia tecnologica nazionale: come avviare un processo virtuoso e sostenibile
La relazione
Pnrr e PA digitale, l’alert della Corte dei conti su execution e capacità di spesa
L'editoriale
Elezioni 2022, la sfida digitale ai margini del dibattito politico
Strategie
Digitale, il monito di I-Com: “Senza riforme Pnrr inefficace”
Transizione digitale
Pnrr: arrivano 321 milioni per cloud dei Comuni, spazio e mobilità innovativa
L'analisi I-COM
Il PNRR alla prova delle elezioni: come usare bene le risorse e centrare gli obiettivi digitali
Cineca
Quantum computing, una svolta per la ricerca: lo scenario europeo e i progetti in corso
L'indice europeo
Desi, l’Italia scala due posizioni grazie a fibra e 5G. Ma è (ancora) allarme competenze
L'approfondimento
PNRR 2, ecco tutte le misure per cittadini e imprese: portale sommerso, codice crisi d’impresa e sismabonus, cosa cambia
Servizi digitali
PNRR e trasformazione digitale: ecco gli investimenti e le riforme previste per la digitalizzazione della PA
Legal health
Lo spazio europeo dei dati sanitari: come circoleranno le informazioni sulla salute nell’Unione Europea
Servizi digitali
PNRR e PA digitale: non dimentichiamo la dematerializzazione
Digital Healthcare transformation
La trasformazione digitale degli ospedali
Governance digitale
PA digitale, è la volta buona? Così misure e risorse del PNRR possono fare la differenza
Servizi digitali
Comuni e digitale, come usare il PNRR senza sbagliare
La survey
Pnrr e digitale accoppiata vincente per il 70% delle pmi italiane
Missione salute
Fascicolo Sanitario Elettronico alla prova del PNRR: limiti, rischi e opportunità
Servizi pubblici
PNRR: come diventeranno i siti dei comuni italiani grazie alle nuove risorse
Skill gap
PNRR, la banda ultra larga crea 20.000 nuovi posti di lavoro
Il Piano
Spazio, Colao fa il punto sul Pnrr: i progetti verso la milestone 2023
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PNRR e trasformazione digitale: rivedi i Talk di FORUM PA 2022 in collaborazione con le aziende partner
I contratti
Avio, 340 milioni dal Pnrr per i nuovi propulsori a metano
Next Generation EU
PNRR, a che punto siamo e cosa possono aspettarsi le aziende private
Fondi
Operativo il nuovo portale del MISE con tutti i finanziamenti per le imprese
Servizi comunali
Il PNRR occasione unica per i Comuni digitali: strumenti e risorse per enti e cittadini
Healthcare data platform
PNRR dalla teoria alla pratica: tecnologie e soluzioni per l’innovazione in Sanità
Skill
Competenze digitali, partono le Reti di facilitazione
Gli obiettivi
Scuola 4.0, PNRR ultima chance: ecco come cambierà il sistema formativo
Sistema Paese
PNRR 2, è il turno della space economy
FORUM PA 2022
FORUM PA 2022: la maturità digitale dei comuni italiani rispetto al PNRR
Analisi
PNRR: dalla Ricerca all’impresa, una sfida da cogliere insieme
Innovazione
Pnrr, il Dipartimento per la Trasformazione digitale si riorganizza
FORUM PA 2022
PA verde e sostenibile: il ruolo di PNRR, PNIEC, energy management e green public procurement
Analisi
PNRR, Comuni e digitalizzazione: tutto su fondi e opportunità, in meno di 3 minuti. Guarda il video!
Rapporti
Competenze digitali e servizi automatizzati pilastri del piano Inps
Analisi
Attuazione del PNRR: il dialogo necessario tra istituzioni e società civile. Rivedi lo Scenario di FORUM PA 2022
Progetti
Pnrr, fondi per il Politecnico di Torino. Fra i progetti anche IS4Aerospace
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PNRR, Colao fa il punto sulla transizione digitale dell’Italia: «In linea con tutte le scadenze»
La Svolta
Ict, Istat “riclassifica” i professionisti. Via anche al catalogo dati sul Pnrr
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FORUM PA 2022
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PNRR: raggiunti gli obiettivi per il primo semestre 2022. Il punto e qualche riflessione
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PNRR: dal dialogo tra PA e società civile passa il corretto monitoraggio dei risultati, tra collaborazione e identità dei luoghi
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PNRR e servizi pubblici digitali: sfide e opportunità per Comuni e Città metropolitane
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