C’è una crescente sovrapposizione tra arte e intelligenza artificiale: secondo esperti internazionali alcuni la celebrano, altri si preoccupano. In questo contributo si cercherà di osservare il rapporto tra arte e AI che appare stimolante e ricco di suggestioni. Tra le domande a cui si cercherà di rispondere ci sono, per esempio, perché gli artisti si dilettano con l’AI? E, inoltre, rischiano la sovrapposizione e quindi l’estinzione?
Le visioni di Pierre Huyghe: tra natura e artificialità
In una nuova opera dell’artista francese Pierre Huyghe, dei robot dotati di intelligenza artificiale filmano i resti non sepolti di un uomo e posizionano periodicamente degli oggetti accanto ad essi in una cerimonia che solo loro sembrano comprendere. La scena si svolge nel deserto di Atacama in Cile, uno dei deserti più antichi e aridi del pianeta.
Camata: esplorazione della fusione tra natura e artificialità
“Camata” è in mostra presso lo spazio espositivo Punta della Dogana – Pinault Collection, in concomitanza con la Biennale di Venezia (fino al 24 novembre). Si tratta di un esempio stimolante della relazione tra arte e intelligenza artificiale.
“C’è sempre stata un’attrazione, da parte degli artisti, per il caso: qualcosa che sfugge al tuo controllo, qualcosa che ti libera dal soggetto finito”, ha detto Daniel Birnbaum, curatore e direttore artistico della piattaforma di produzione d’arte digitale Acute Art.
Refik Anadol e la visualizzazione dell’invisibile
Un altro esempio di artista, in questo caso molto discusso nel regno dell’arte generata dall’intelligenza artificiale, è il turco Refik Anadol. Alla fine del 2022, ha montato nell’atrio del Museum of Modern Art di New York un’installazione di schermi computerizzati in continuo mutamento, composta da oltre 138.000 immagini e testi provenienti dall’archivio pubblico del MoMA, che è rimasta in funzione per quasi un anno.
Installazione al MoMA e mostra alla Serpentine Galleries
All’inizio di quest’anno, Anadol ha attirato 66.000 visitatori in 47 giorni per “Echoes of the Earth: Living Archive“, una mostra alla Serpentine Galleries di Londra in cui ha esposto opere generate dall’AI che rappresentavano paesaggi sottomarini e foreste pluviali. I paesaggi sottomarini sono stati generati da un modello di intelligenza artificiale basato su circa 135 milioni di immagini di coralli, accessibili online. Le immagini delle foreste pluviali sono state prodotte da un altro modello di AI alimentato con i dati disponibili dello Smithsonian Institution e del Museo di Storia Naturale di Londra.
AI come veicolo per l’immaginazione e la visibilità dell’invisibile
Tutto questo fa parte del progetto generale di Anadol di rendere visibile l’invisibile: demistificare l’AI, mostrare da dove provengono i dati utilizzati e rintracciare le origini delle immagini ondeggianti che il pubblico vede sullo schermo.
In un’intervista video dal suo studio di Los Angeles, Anadol si è descritto come un “nerd, amante dei computer” a cui la madre ha regalato un Commodore all’età di 8 anni e che, da quel momento in poi, ha iniziato a “capire e impegnarsi con una macchina come un amico, come un co-creatore, come un collaboratore”.
Ha inoltre descritto l’AI come la tecnologia più stimolante che l’umanità ha a disposizione oggi e ha aggiunto che ogni artista vuole vedere “ciò che è al di là della realtà” e “percepire mondi che non esistono”. L’A.I. è un veicolo per l’immaginazione, che può rappresentare “allucinazioni, sogni, fantasie”.
La tecnologia con cui abbiamo a che fare oggi non è più “solo una penna o una macchina da stampa”, né “solo un’automobile o una ruota”.
Ha descritto l’AI come “un pennello pensante che non dimentica, che può ricordare tutto e niente”.
La mostra “Echoes of the Earth” di Anadol è nata da un invito a esporre alla Serpentine Galleries da parte del suo direttore artistico lo svizzero Hans Ulrich Obrist.
Obrist racconta che nel 2011, dopo aver tenuto una conferenza a Marrakesh, in Marocco, è stato avvicinato da un artista e tecnologo londinese che ha detto di non capire perché i musei non si impegnassero con la tecnologia se non sul loro sito web. Obrist allora ha deciso di riunire l’artista e un gruppo di altre persone per tavola rotonda pochi giorni dopo e, nel 2013, ha istituito la divisione tecnologica della Serpentine, che oggi conta cinque curatori.
Il direttore della Serpentine sostiene che la tecnologia debba essere integrata nelle mostre, “che il futuro potrebbe in realtà non essere o l’uno o l’altro, l’idea di avere cose fisiche in galleria e cose digitali online, ma che il futuro è una realtà mista”.
Ian Cheng: BOB (Bag of Beliefs) e l’arte senziente
Altro esempio è l’artista californiano Ian Cheng, che nel 2018, ha riempito la Serpentine con un’opera d’arte senziente chiamata “BOB (Bag of Beliefs)“: creature digitali su schermo che avevano umori e menti proprie.
Finora, sostiene, le opere d’arte sono state immutabili e fissate nella pietra; anche le installazioni basate su video o film sono state tradizionalmente riprodotte su loop preprogrammati. Permettere all’IA di prendere in considerazione gli spazi condivisi potrebbe creare una nuova forma di arte pubblica, un’evoluzione, che vive, cambia, non è mai due volte la stessa. Cheng non nega di riconoscere i rischi associati all’AI a livello planetario.
Adamo Romano: un AI artist italiano e il suo processo creativo
In Italia colui che è stato definito il primo AI artist, conosciuto con il nickname di Maledizioni, nativo di Torre Annunziata, è Adamo Romano, la cui pagina Instagram con manuali e fumetti caustici ha all’attivo oltre 400000 follower.
Carriera e opere di Maledizioni
Osservatore insaziabile di vizi e difetti del genere umano, inizia la sua carriera come creatore di contenuti per poi trovarsi con lo strumento giusto (l’AI) al momento giusto. Parlando del suo rapporto con l’AI nel processo creativo, Romano sostiene che è una parte fondamentale perché oltre a essere comunque una conseguenza di un’idea o un pensiero, si integra essa stessa nel processo creativo.
AI come estensione del processo creativo
Attualmente l’intelligenza artificiale non è la perfetta realizzazione di un’idea, ma una bozza talvolta diversissima dall’idea di partenza; però quella bozza, a sua volta, è un suggerimento per un altro pensiero. Di conseguenza, più che uno strumento creativo è una vera e propria estensione del processo creativo che ti aiuta poi a ottenere un risultato grafico.
https://www.rolandberger.com/en/Insights/Publications/It-s-time-to-rethink-AI.html
https://globaljournals.org/GJCST_Volume23/6-Generative-AI-and-Algorithmic-Art.pdf