intelligenza artificiale

L’algoritmo è un buon pediatra: così migliorano le diagnosi dell’AI

Uno studio pubblicato su Nature Medicine illustra come un sistema di AI possa diagnosticare malattie pediatriche con percentuali elevatissime di successo. Ecco come il digitale rivoluziona la medicina

Pubblicato il 05 Mar 2019

Eugenio Santoro

Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS

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Sistemi di intelligenza artificiale e gestione di big data aprono le porte a una rivoluzione per i sistemi sanitari. Lo evidenzia uno studio pubblicato da Nature Medicine, che illustra i risultati del percorso frutto della ricerca Usa-Cina e adottato dal Guangzhou Women and Children’s Medial Center. Ecco come con un’accorta gestione delle cartelle cliniche elettroniche sia possibile affiancare la diagnostica “umana”.

Un numero sempre maggiore di evidenze scientifiche arrivano a supporto della efficacia della intelligenza artificiale in medicina. L’ultima riguarda lo sviluppo di un algoritmo basato su tecniche di machine learning in grado di individuare patologie pediatriche con la stessa accuratezza del medico pediatra. Lo studio, pubblicato su Nature Medicine è frutto di una collaborazione tra Stati Uniti e Cina, due tra i paesi che maggiormente stanno sperimentando tecniche di intelligenza artificiale.

Il sistema, realizzato presso l’Università della California, è stato adottato presso il Guangzhou Women and Children’s Medial Center dove sono stati analizzati circa 100 milioni di dati riferiti a circa 1,4 milioni di visite condotte da oltre 500.000 pazienti a partire da gennaio 2016 e fino a luglio 2017 (l’età media dei pazienti era di 2,4 anni, il 40% dei quali era di sesso femminile).

La particolarità dello strumento sta nel fatto che per il suo addestramento i dati provenivano dai sistemi di cartelle cliniche elettroniche contenenti la storia clinica dei pazienti (sia con dati che con dati non strutturati, come l’anamnesi, i sintomi, gli esami di laboratorio, le immagini diagnostiche) a cui sono state applicate linee guida e procedure standard per la individuazione e la cura di numerose patologie pediatriche, anche’esso contenute in un apposito database.

Il ruolo del Natural Language Processing

Sono stati inoltre trascritti e catalogati i referti delle visite, le osservazioni degli infermieri, le parole dei bambini e dei genitori sui sintomi, le diagnosi, l’esito delle cure prescritte. Il programma di intelligenza artificiale, grazie al Natural Language Processing (Trattamento Automatico del Linguaggio Naturale, la capacità cioè di analizzare un discorso spontaneo, altra novità di questo studio rispetto ai precedenti), ha imparato ad associare i sintomi e l’enorme mole di informazioni alle patologie pediatriche, sia quelle a maggiore diffusione, sia quelle più difficili da individuare.

L’algoritmo è stato strutturato per usare dati e regole al fine di imitare il ragionamento clinico di un medico per fare una diagnosi differenziale. Il procedimento seguito tende cioè ad escludere fra varie manifestazioni simili in un dato soggetto quelle che non comprendono l’insieme di sintomi e segni che si sono riscontrati durante gli esami, fino a comprendere quale sia quella corretta. Modelli statistici e probabilistici di una certa complessità (tra cui quelli di regressione logistica) stanno alla base del sistema al fine di stabilire una gerarchia tra possibili fattori di rischio. Nel processo di validazione, le diagnosi individuate sono state confrontate con quelle proposte da un gruppo di pediatri con oltre 25 anni di una esperienza.

I risultati ottenuti sono stati sorprendenti e le percentuali di successo nel diagnosticare le malattie pediatriche elevatissime sia per quelle più comuni (95% per sinusiti e altre infezioni respiratorie, 94% per l’influenza, 97% per l’infezione mani-piedi-bocca), sia per quelle più pericolose o complicate (97% per gli attacchi di asma, 93% per la meningite batterica e per la varicella, 93% per la rosolia, 90% per la mononucleosi).

La AI batte i pediatri junior (ma non i senior)

Tali percentuali di successo sono risultate in linea con quelle ottenute da medici esperti e affidabili, con alcune eccezioni (84% per le encefaliti rispetto al 96% dei medici, 79% per la laringite acute rispetto al 94% dei medici più esperti e 89% per le polmoniti rispetto al 96% dei medici più competenti). Uno studio parallelo di validazione dello strumento, condotto su circa 12.000 pazienti pediatrici, rispetto alle diagnosi stabilite da 20 pediatri (suddivisi in cinque gruppi con livelli crescenti di competenza e anni di esperienza nella pratica clinica) ha inoltre evidenziato come il sistema di intelligenza artificiale abbia raggiunto risultati più elevati in termini di affidabilità rispetto ai due gruppi di giovani medici, ma mediamente inferiore ai tre gruppi di medici senior.

Gli autori dell’articolo suggeriscono che questo modello di intelligenza artificiale potrebbe potenzialmente aiutare i giovani medici nella diagnosi di patologie pediatriche. Allo stesso modo potrebbero aiutare il personale medico e infermieristico nelle procedure di triage.

Ad esempio, quando i pazienti arrivano al pronto soccorso, i loro dati, la loro storia clinica e le note dell’infermiere o di altro operatore sanitario potrebbero essere inseriti nel sistema consentendo all’algoritmo di generare una prima sommaria diagnosi attraverso cui stabilire il livello di priorità delle visite mediche, riducendo così il tempo di attesa di chi ha una reale necessità di urgenza e massimizzando il tempo che i medici dedicano ai pazienti più bisognosi.

Gli autori suggeriscono inoltre che il sistema potrebbe essere usato per assistere i medici nella diagnosi di pazienti con condizioni complesse o rare per le quali essi potrebbero non avere una sufficiente esperienza. La potenzialità informativa dei dati di milioni di pazienti consentirebbe di rendere meno incline ai bias il giudizio dei singoli medici e di ipotizzare diagnosi che all’inizio della valutazione del paziente non erano state prese in considerazione. Infine, come tutti coloro che stanno conducendo ricerche in questo campo, gli autori sostengono che sistemi di questo genere non saranno usati in futuro in alternativa ai medici, ma consentiranno loro di svolgere un lavoro migliore con un costo e tempi inferiori a quelli attuali.

La ricerca non la fanno solo le big tech

Lo studio è tuttavia importante non solo per i risultati raggiunti. E’ innanzitutto la dimostrazione che su questi temi la ricerca scientifica e clinica (finalmente) avanza e le riviste medico-scientifiche hanno iniziato a darle ampio spazio. Lo dimostra il numero di gennaio di Nature Medicine, completamente dedicato alle applicazioni dell’intelligenza artificiale in ambito medico (e in più in generale alla digital health) con l’intento di celebrare il 25° anno della famosa rivista scientifica, così come il recente lancio di Lancet Digital Health, una nuova rivista pubblicata dalla nota (e storica) rivista inglese e interamente dedicata a queste tematiche.

Lo studio dimostra, inoltre, come su questo terreno le eccellenze non si trovano solo tra i big dell’informatica (IBM, Goole e Apple in testa), ma che anzi le iniziative più promettenti arrivano dalle università e dai centri di ricerca, da sempre più vicine ai problemi reali dei pazienti e dei medici di cui conoscono molto bene necessità e bisogni. Ma soprattutto dimostra che le cartelle cliniche elettroniche (sia nelle componenti strutturate, ma ancora di più in quelle non strutturate come note, dialoghi, referti) offrono una quantità di dati importante che non sempre riescono ad essere valorizzati e utilizzati nell’individuare una diagnosi. Sempre che le cartelle cliniche elettroniche siano disponibili per tutti i pazienti e complete di tutte queste informazioni. Cosa che da noi, in Italia, sarebbe difficilmente realizzabile. Ma questa è un’altra storia.

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