Nel corso della storia, sono stati i creativi i primi a esplorare le potenzialità e i limiti di una nuova tecnologia, con approcci sperimentali lontani dalle logiche di controllo degli apparati tradizionali. Il Museum of Contemporary Digital Art ritiene che le ricerche degli artisti non solo decreteranno la vivacità culturale della blockchain, ma ne segneranno la traiettoria sul lungo termine.
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Le occasioni di incontro per creativi e studenti
Una delle missioni del Museum of Contemporary Digital Art è dare opportunità ad artisti, collezionisti e curiosi di scoprire come funzionano le tecnologie Web3 e in quali modi possano essere utilizzate per sviluppare dinamiche di fruizione, collezione e supporto che risultino innovative e, soprattutto, rispettose delle singole parti.
Fin dal 2019 abbiamo curato eventi, conferenze e mostre sia IRL (“In Real Life”) che nel metaverso con l’intenzione di far avvicinare e interagire il pubblico e gli esperti del settore. Per MoCDA è fondamentale assicurare che tecnologie come la blockchain, gli NFT, le DAO (“Decentralized Autonomous Organization”) e i metaversi vengano adoperate il più possibile da creativi e studenti per far sì che non siano solo le grandi aziende e piattaforme a indicarne le modalità d’utilizzo.
Infatti, se vogliamo far sì che la decentralizzazione e la creatività continuino a giocare un ruolo importante per il Web3, dobbiamo metterci nell’ordine delle idee che non è il Web3 il futuro dell’arte, ma piuttosto il contrario: la blockchain è uno strumento formidabile quando utilizzato con competenza, esattamente come un pennello o una macchina da scrivere.
Anonimato e trasparenza nella blockchain
La blockchain permette all’utente di proteggere la propria privacy in un modo altrimenti impensabile nel Web 2.0. L’anonimato è un aspetto fondamentale della blockchain, senza cui le dinamiche del Web3 non sarebbero possibili. Gli utenti non si devono più presentare con i propri nomi e cognomi, confermando la loro identità con le loro date di nascita e indirizzi di casa, ma hanno indirizzi crypto formati da numeri e lettere che non fanno riferimento ad alcuna informazione ufficiale tradizionale.
Allo stesso tempo, la blockchain è strutturata in modo che non ci siano segreti: tutti gli scambi di criptovalute e NFT sono a completa disposizione online, senza la possibilità di nasconderli o renderli privati. In sintesi, la blockchain è allo stesso tempo più e meno privata del Web 2.0: l’utente è completamente anonimo ma il registro delle sue attività è a disposizione di chiunque.
NFT e diritti d’autore
Il possessore di un NFT non acquista automaticamente i diritti d’autore: gli artisti possono inserire questa informazione nello smart contract ma questa modalità non è ancora regolata da leggi transnazionali o nazionali. Solitamente, i possessori di NFT non hanno diritto a utilizzarli come vogliono, un fatto che può portare a incomprensioni tra collezionisti, artisti e terze parti.
In passato, è accaduto che opere venissero utilizzate da terze parti previa l’approvazione del solo artista, senza che il possessore venisse informato. Gli artisti più esperti indicano chiaramente le modalità con cui i possessori possono utilizzare le loro opere contattandoli, quando questi ultimi non sono completamente anonimi, dopo la transazione dell’NFT nei loro cryptowallet.
La blockchain ha permesso di facilitare e, in certi casi, semplificare il processo di acquisto e vendita di opere d’arte digitali. La legislazione internazionale e le consuetudini che regolano questo ambito tendono a non essere pronte ad accogliere questi cambiamenti in termini che li facciano rientrare nella prassi tradizionale. Gli artisti e i collezionisti, dunque, si trovano a operare con un approccio ibrido in un contesto regolato da logiche decentralizzate e anonime e, allo stesso tempo, guardare alle leggi nazionali per sopperire alle mancanze del Web3.
Per gli artisti, una delle grandi attrattive degli smart contract è l’automazione della distribuzione delle percentuali sulle vendite secondarie. Essendo tutto registrato sulla blockchain, non c’è un mercato nero o nascosto degli NFT: le vendite e gli acquisti sono tracciate e messi a disposizione di chiunque online, rendendo possibile l’automazione della distribuzione delle percentuali sulle vendite senza la necessità di contattare le singole parti per assicurare che tutti ricevano ciò che gli è dovuto.
Il nodo contraffazione
L’aspetto essenziale dell’arte digitale deriva dal suo essere potenzialmente replicabile infinite volte senza evidenti perdite di informazioni tra una copia e l’altra. L’opera associata all’NFT è una versione certificata dall’artista, ma a meno che non si siano presi accorgimenti, sarà sempre pronta a essere visualizzata e salvata da chiunque non ne sia il possessore.
In questo senso, l’NFT di per sé non è un certificato di autenticità nel senso tradizionale: a fare la differenza è chi, o per meglio dire quale indirizzo crypto, lo conia sulla blockchain. Negli scorsi mesi, abbiamo assistito a diversi casi di contraffazione, dove copie di opere digitali venivano coniate da indirizzi crypto che non erano associati agli artisti originali. Queste erano copie bootleg che i collezionisti acquistavano senza controllarne la provenienza. Se, per la natura della blockchain, è praticamente impossibile limitare la contraffazione di opere digitali, è fondamentale educare i collezionisti e il pubblico a interpretare il registro relativo alla storia del singolo NFT per accertarsi che questo è stato effettivamente coniato dall’artista e non da qualcun altro.
Conclusioni
MoCDA documenta e supporta attività di ricerca ed educazione, ricoprendo un ruolo unico di convergenza tra le istituzioni culturali più tradizionali e le dinamiche decentralizzate del Web3. Stiamo lavorando a progetti che non permetteranno solo al nostro museo di interfacciarsi in modo coerente tanto con i musei tradizionali quanto con le piattaforme Web3, ma che hanno anche l’ambizione di tracciare la strada per tutte le altre istituzioni culturali che vorranno seguire il nostro percorso e arricchire un contesto, quello dell’arte digitale, che mai come ora necessita di pluralità di punti di vista e interesse trasversale del pubblico.