Cultura e Tecnologia

L’ascesa musicale africana: così il soft power trasforma i mercati



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L’Africa emerge come nuova frontiera del soft power globale grazie all’innovazione della sua scena musicale. Le piattaforme di streaming stanno trasformando il panorama musicale africano, rendendolo più accessibile a un pubblico internazionale e amplificando l’influenza dell’Afro-beat, genere musicale nigeriano che sta conquistando l’Occidente

Pubblicato il 8 mar 2024

Mario Di Giulio

Professore a contratto di Law of Developing Countries, Università Campus Bio-Medico Avvocato, Partner Studio Legale Pavia e Ansaldo



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Prima della pandemia Covid-19, molti erano gli osservatori pronti a scommettere che il secolo attuale sarebbe stato il secolo della Cina, considerando la crescita sostenuta di questo Paese e la sua crescente egemonia.

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Una guerra interna all’Europa e vari scenari d’instabilità globale, hanno portato invece al centro dell’attenzione la crescente importanza dell’Africa, non soltanto in ragione della crescita demografica, dell’importanza delle sue risorse, dei fenomeni migratori spesso dipinti quali invasioni, ma anche grazie a quel che è stato definito con felice intuizione il soft power, ovvero l’influenza che fattori culturali possono esercitare nelle relazioni internazionali.

Un soft power che conduce ad accettazione e considerazione, grazie alla creatività africana che si sta sempre più affermando nello scenario globale.

Oltre il folklore: nuove tendenze musicali africane

Al di là dei balli tribali, fin troppo richiamati in qualsiasi rappresentazione dell’Africa, e di fuori classe ormai consacrati nel mondo musicale da molti anni, quali la capoverdiana Cesaria Evora, defunta nel 2011, il maliano Salif Keïta, affermatosi nonostante il suo albinismo che lo ha emarginato nella propria società nativa, e il nigeriano polistrumentista Fela Kuti, forse il maggiore esponente della musica Afro-beat (il genere nato in Nigeria che mescola diversi generi, dalla musica tradizionale yoruba al jazz e al funk), le nuove tendenze musicali africane si stanno imponendo nello scenario globale con nuovi trend e specificità non folkloristiche.

Lo stesso vale, del resto, per il mondo della moda dove ormai numerosissimi sono i fashion designer che vedono sfilare le proprie creazioni sulle passerelle internazionali, non solo africane.

Tecnologia e musica: l’espansione delle piattaforme streaming in Africa

I vari paesi africani si distinguono per vari e diversi trend, dal Sud Africa ai paesi dell’Africa orientale e quelli dell’Africa occidentale.

Un elemento li accomuna: la giovane età della popolazione, per la quale lo smartphone è uno strumento essenziale, nonché il vasto utilizzo delle varie piattaforme social e non.

Non a caso, l’operatore telefonico Orange, che ha spostato il proprio quartiere generale Middle East & Africa da Parigi al Marocco nel 2020, presente in numerosi stati africani, ha stretto un accordo con il colosso svedese Spotify per raggiungere il maggiore numero di utenti.

Da notare che, nella sua espansione in Africa, la telco francese, sempre nel 2020, ha, attraverso un accordo con Google, messo sul mercato africano uno smartphone G4 di costo contenuto.

L’accordo tra Orange e Spotify non è di poco rilievo, dal momento che da un lato ha aperto i mercati africani alla musica del resto del mondo, e, dall’altro, ha creato un vasto mercato per i cantanti locali, diventato poi un trampolino di lancio verso il mercato globale.

Tra l’altro, a fine 2023, Orange ha garantito insieme a Spotify (che ha oltre 220 milioni di abbonati, 550 milioni di ascoltatori mensili), attraverso la concessione di bonus, l’accesso gratuito a Spotify in varie nazioni africane, quali la Repubblica Democratica del Congo, il Madagascar, il Mali, cui si aggiungerà, a breve, la Guinea: accesso gratuito alla piattaforma ma anche minuti di traffico dati gratuiti, in paesi in cui le tariffe internet da telefono mobile sono fra le più costose del mondo (il costo medio di 1GB nell’Africa Sub Sahariana è di 6,44 dollari USA, seguiti, nella classifica dei più costosi, dall’Oceania, con 5,51 dollari USA, e dall’America meridionale con 5,35 dollari USA). Al confronto, i paesi del Nord Africa affrontano costi assai più contenuti (circa 1,05 dollari USA per GB).

Afro-beat: il genere musicale nigeriano alla conquista dell’Occidente

Dai dati diffusi da Spotify, il genere musicale nigeriano più in voga, l’Afrobeat, risulta tra i più scaricati della piattaforma, con picchi nelle di città di Londra e Parigi. Il dato è interessante e deve essere considerato sotto un duplice profilo: da un lato, conquistare due capitali del genere, in particolare quella inglese da sempre sofisticata nei gusti musicali, è indice di una musica africana crescente. Dall’altro, non va sottovalutata la forte presenza, in particolare nella capitale francese, di comunità di africani di seconda e terza generazione, che può spingere all’ascolto di tale musica.

I dati di fatto comunque rivelano che il trend in corso è crescente e che ciò senz’altro aiuterà a superare la narrazione, oramai anacronistica, di un continente.

Cantanti Afro-beat si esibiscono ormai negli stadi di mezzo mondo, inclusi gli Stati Uniti d’America.

L’impatto economico della musica africana

Lo sviluppo del settore musicale in Africa può senz’altro avere un impatto economico positivo, creando un’industria che coinvolge non solo gli artisti ma anche una serie di operatori professionali che rendono possibile il miracolo del suono e della sua registrazione.

A ciò si aggiunge l’impatto culturale che lo sviluppo della musica può avere della narrazione africana, un poco lasciata per troppo tempo al racconto di ONG e diaspore che, in maniera cosciente o no, perpetuano rispettivamente stereotipi di povertà oppure di una perdita d’innocenza di un mondo che è lontano da chi è andato via da tanto tempo o addirittura nato in un altro luogo.

Musica come narrazione: il superamento degli stereotipi sull’Africa

Una narrazione diretta, perché la musica spesso è anche narrazione, aiuta senz’altro la comprensione da parte degli altri e dovrebbe presto condurci a capire che la ricchezza dell’Africa non è solo legata alle risorse naturali ma all’enorme potenziale legato alla giovinezza della popolazione, ben disposta a qualsiasi innovazione digitale, che possa aprire nuovi orizzonti.

Uno spunto di riflessione per noi europei, che ci sentiamo di sovente asserragliati dai popoli emergenti e ci comportiamo come nei film delle carovane dei pionieri nel Far West che si ponevano a cerchio per difendersi dall’attacco dei nativi: un cerchio, il nostro, che si autocelebra e va verso una forte decadenza (basti guardare all’analfabetismo dilagante e all’influenza che i social media assumono su governati e governanti), quando la vita vera e le risorse stanno fuori dal cerchio dei carri, non consci – noi europei – nemmeno della nostra storia, dove l’impero romano e quello ottomano, la cui capitale era in Europa, seppero aprirsi a chiunque potesse offrire nuove idee e nuova linfa di energie, senza pregiudizi e acquistandone intrinsecamente la forza.

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