Il dibattito europeo sulle competenze digitali parte da un numero preciso: mancheranno 1.300.000 professionisti ICT in Europa entro il 2020.
Se la previsione realizzata dalla società di ricerca Empirica è lo scenario peggiore, come tengono a sottolineare anche gli stessi studiosi, i numeri non sembrano incoraggianti.
Proprio per cercare di fare il punto sul divario di competenze digitali e sulle professionalità ICT in Europa, il 26 marzo si terrà a Bruxelles “The e-Skills International conference”, organizzata dalla Commissione Europea -DG Enterprise & Industry, in collaborazione con IVI (Innovation Value Institute), CEPIS (Council of European Professional Informatics Societies), la società di ricerca e consulenza IDC (International Data Corporation) ed Empirica.
Se da un lato la richiesta incalzante di professionalità e competenze ICT è uno dei temi principali che le trasformazioni tecnologiche hanno portato alla ribalta, dall’altro i Paesi del Vecchio Continente si stanno attrezzando per far fronte a tale consapevolezza.
Di cosa parliamo quando affrontiamo il tema delle competenze digitali? La risposta sta nell’e-CF (European e-Competence Framework), il quadro di riferimento europeo di competenze ICT che è entrato come elemento strategico per le competenze digitali, come obiettivo chiave delle politiche della Grand Coalition for Digital Jobs.
Sono diverse le realtà sparse sul continente che promuovono in diversi modi l’utilizzo dell’e-CF. Associazioni di settore, aziende, istituzioni utilizzano il framework come metodo di autovalutazione e di incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro o semplicemente si impegnano a promuovere lo standard per un’adozione a livello nazionale.
Qualche esempio pratico? Nel 2010 Euro Disney ha avviato un programma dettagliato per la gestione guidata delle competenze ai fini di sviluppare i propri profili lavorativi su base e-CF.
La società olandese IT Staffing ha integrato l’e-CF nel proprio sistema di recruiting e di incontro tra domanda e offerta di lavoro per una migliore trasparenza e qualità di processo.
Kutsekoda, l’autorità estone di certificazione, ha usato l’e-CF come base di dialogo con i lavoratori ICT per aumentare la comprensione dei bisogni di mercato riguardo alle nuove certificazioni.
MAPFRE, compagnia assicurativa spagnola presente in più di 45 Paesi e con 35mila impiegati, ha applicato l’e-CF nella propria area IT per valutare e migliorare il mansionario corrente e migliorare gli investimenti sulla formazione.
Si potrebbe continuare con gli esempi. Basta visitare le pagine del sito ufficiale dell’e-CF per rendersi conto delle varie applicazioni (http://www.ecompetences.eu/current-e-cf-users/) del quadro di riferimento in giro per l’Europa.
L’Italia, da canto suo, sta lavorando bene. È il primo Paese in Europa a essersi dotato di uno standard basato su e-CF.
Dal 26 settembre 2013 è infatti in vigore la norma UNI 11506:2013 “Attività professionali non regolamentate – Figure professionali operanti nel settore ICT – Definizione dei requisiti di conoscenza, abilità e competenze”.
È stato attivato un comitato in sede CEN (Comitato Europeo di Normazione), il Project Committee 428, che ha come obiettivo di rendere l’e-CF uno standard europeo.
Il 10 gennaio 2014 sono state rilasciate le prime certificazioni dei Professionisti Informatici da Kiwa Cermet Italia secondo la suddetta norma UNI.
Insomma, il nostro Paese sembra essere almeno in linea con l’Europa, se non addirittura avanti, come impegno sulle competenze ICT. Sicuramente mancano alcuni tasselli come l’aggiornamento dei profili professionali all’interno dei diversi contratti collettivi nazionali