Negli ultimi anni abbiamo visto aumentare la sensibilità delle aziende, la loro consapevolezza sui temi dell’inclusione, della felicità e del benessere. Il Time apriva il 2023 con una copertina dedicata alla felicità.
La connessione tra lavoratori felici e performance aziendali
A maggio, come riporta l’ultimo libro di Alessio Carciofi, dedicato proprio al benessere digitale, il Financial Times dava spazio a uno studio che sembrava dimostrare la connessione tra lavoratori felici e rendimento per gli azionisti. Accademici delle università di Oxford e Harvard hanno infatti dimostrato chiaramente il collegamento tra il benessere delle persone e la performance finanziaria delle società quotate negli Stati Uniti, stimando che se un investitore avesse investito a gennaio 2021 1.000 dollari in un pool di compagnie con un livello di wellbeing oltre lo standard, ai tassi di marzo 2023 avrebbe avuto in mano 1300 dollari, meglio dei 1100 ottenuti se avesse semplicemente investito nelle “top 500” aziende di Standard&Poor’s.
Lavoro felice: non è un’aspirazione solo dei più giovani
Ma questa relazione tra economia e felicità, forse, l’hanno capita prima i lavoratori che le aziende. L’Osservatorio BenEssere Felicità a marzo segnalava a istituzioni, imprenditori e stakeholder di tutte le aziende italiane i primi dati del 2023, che dimostravano come la crisi nel mondo del lavoro rischiava di cronicizzarsi con un dato allarmante: tutte le generazioni si univano nel dimostrare che nel sistema lavorativo italiano qualcosa non stava funzionando.
Un Baby Boomer su 4 (24,1%) a un passo dalla pensione, dimostrava di voler cambiare il proprio impiego per gli ultimi anni professionali, era il 17,9% nel 2022, mentre la generazione Z raggiungeva quasi il 60% di risposte positive alla possibilità di cambiare professione nel breve.
Lo scorso novembre, in un panel all’interno di POLVERIERA SEI – Altromercato Festival, il festival sul fare cultura sociale organizzato a Reggio Emilia, si è tenuta una tavola rotonda sul tema l’economia sociale e solidale rappresenta un possibile paradigma di economia felice?
La crisi del sistema economico occidentale e il significato del lavoro
Il moderatore Flaviano Zandonai ha pronunciato una frase che secondo me rappresenta perfettamente la situazione attuale: “sul tema del lavoro è subentrata una variabile che manda in tilt il sistema: il significato del lavoro.”
Il sistema economico occidentale è in crisi per diverse ragioni, ma per deformazione professionale non posso che soffermarmi sulle evidenze sociali all’interno delle organizzazioni: oggi la maggior parte dei lavoratori sente sue due variabili, il riconoscimento delle proprie peculiarità e l’accettare un lavoro che permetta di fare la differenza.
Non siamo più disposti a lavorare su progetti nonsense e tenere nel cassetto le nostre peculiarità. Questa consapevolezza porta necessariamente le aziende a un fondamentale passaggio di integrazione progettuale nella più ampia strategia dell’organizzazione, che si traduce nel trasmettere e far circolare valori e cultura sia all’interno sia all’esterno dell’azienda. Ne va della sua attrattività per i talenti, per evitare il turnover e promuovere la retention.
L’effetto della tecnologia sul senso di solitudine e fragilità
Alla stessa tavola rotonda Alessandro Franceschini – Presidente di Altromercato – evidenziava come la tecnologia abbia incentivato un elemento di solitudine nell’atto di acquisto, comprare con un click porta a perdere il confronto “siamo più manipolabili e quindi più fragili. Chi vende (o compra) caffè non sa nemmeno da dove arriva il caffè, tutto è disintermediato”. Concludendo con un “lo strapotere della finanza del volersi arricchire ha fatto sì che il mercato e la relazione siano separati.”
Da un lato abbiamo i lavoratori e le lavoratrici che prendono consapevolezza e cercano realizzazione nel mondo del lavoro, dall’altro modelli economici e finanziari che portano a isolarsi, ma l’economia ha bisogno della relazione e la relazione è necessaria al benessere delle persone. Attenzione, non parlo di benessere o felicità come stato d’animo, ma come motore che risiede in ogni individuo in quanto gli si permette di allenare le proprie competenze e attitudini.
La relazione tra economia, benessere e relazione
Sempre Carciofi nel suo libro “Wellbeing. Il futuro umano e digitale del benessere” ricorda come Deloitte nel suo “Mental health and employers. The case of investment – pandemic and beyond” ha dimostrato che lo scorso anno il costo delle assenze legate alla salute mentale per i soli datori di lavoro britannici era di circa 56 miliardi di sterline all’anno.
La salute mentale è messa in seria difficoltà da ritmi accelerati, eccesso di lavoro e burnout, connessione continua con il digitale, mancanza di riconoscimenti e di equilibri sani di vita e lavoro.
Conclusioni
Ecco perché le aziende non possono sorvolare sulla felicità, sul benessere e sulla relazione per un ritorno economico. Se le organizzazioni si impegnano a valorizzazione le persone al proprio interno le ricadute si traducono in maniera tangibile in maggior redditività e innovazione.
I profitti di conseguenza permeano i territori, oltre all’organizzazione, verso un’economia felice.