Mentre nel nostro Paese la blockchain esce dalla finestra, nel resto del mondo o per lo meno nei paesi finanziariamente più scaltri come Malta, Svizzera, Stati Uniti, San Marino e non solo, la tecnologia del registro distribuito è al centro della regolamentazione per lo sviluppo tecnologico e il mondo professionale è caccia ai professionisti della blockchain.
Il LinkedIn Economic Graph ha reso noto, dopo aver analizzato i profili di 590 milioni di membri e 30 milioni di aziende, che lo sviluppatore blockchain è la figura più ricercata al mondo: le ricerche per sviluppatori blockchain infatti sono cresciute di 33 volte negli ultimi quattro anni nella categoria dei lavori emergenti ma, in particolare, hanno fatto un grande balzo negli ultimi 12 mesi.
Di seguito, una panoramica su come si stanno muovendo alcuni Paesi che stanno puntando molto sulla tecnologia del registro distribuito. In Italia invece la blockchain si ritorna all’anno zero (nonostante le dichiarazioni più che incentivanti del ministro dell’economia rese solo qualche settimana fa) e la Consob frena su alcune aziende crypto, osteggiando lo sviluppo di un tipo di economia che potrebbe portare a nuovi investimenti ed aprire nuove frontiere finanziarie.
Malta
Si attesta come primo paese europeo ad aver creato un fondo d’investimento regolamentato rivolto a società già quotate ed a prodotti finanziari che si basano su blockchain e criptovalute.
Il fondo si chiama “ConsulCoin Cryptocurrency Fund” e vuole scavalcare l’attuale sistema delle piattaforme di scambio (exchange), proponendo uno strumento atto a garantire la sicurezza e la trasparenza negli investimenti, permettendo la diversificazione, abbattendo i costi e velocizzando le operazioni finanziarie.
Un fondo di criptocurrencies, secondo Malta, offre maggiore semplicità di accesso all’investimento, e con le criptovalute si abbattono i costi di transazione per operazioni finanziarie, si offre la possibilità di diversificare i portafogli e, affidando a soggetti riconosciuti anche la gestione del trattamento fiscale, si garantisce trasparenza e certezza normativa agli investitori. Malta, in sintesi, promuove le criptocurrencies e la new financial economy a tutti gli effetti.
Svizzera
Tra le prime a dare le linee guida (FINMA) sulla gestione delle ICO contribuendo all’inquadramento del fenomeno da un punto di vista giuridico e finanziario, la Svizzera probabilmente eleggerà la strada di non creare come è successo per Malta, Lussemburgo e Liechtenstein, una normativa ad hoc, ma certamente cercherà di integrare l’uso delle DLT nella legislazione esistente al fine di fornire a tali prodotti tecnologici le stesse caratteristiche di certezza degli strumenti finanziari tradizionali sinora conosciuti.
Si attende infatti un intervento legislativo già tra febbraio e marzo 2019 che dovrà riguardare, secondo un rapporto presentato agli uffici federali qualche giorno fa, la sicurezza giuridica del trasferimento dei diritti mediante registri distribuiti, la questione dei beni patrimoniali immateriali in materia d’insolvenza, l’aggiornamento del diritto che regolamenta i mercati finanziari, il regime autorizzativo e le norme contro il riciclaggio (applicabili alle piattaforme decentrate che svolgono attività di trading online), le norme fiscali applicabili ai titoli di credito virtuali.
Stati Uniti
Alla Casa Bianca fa ingresso ufficialmente la blockchian. Trump assume nel suo staff Mick Mulvaney, da sempre fermo sostenitore del Bitcoin e attivo sul fronte dell’approvazione di diversi emendamenti a favore della tecnologia dei DLT.
Mulvaney ha partecipato attivamente alla creazione del Blockchain Caucus, che ha contribuito in maniera sostanziale a redigere atti legislativi che supportano la crescita e l’evoluzione dell’industria blockchain, e intanto il Parlamento statunitense riceve due proposte di legge.
Il primo disegno di legge sarebbe la cosiddetta Legge sulla protezione dei consumatori in valuta virtuale che chiede, preventivamente, alla CFTC (Commodity Futures Trading Commission) di creare uno specifico rapporto per esaminare il potenziale di manipolazione dei prezzi dei mercati delle criptovalute ed i suoi effetti sull’economia.
Il secondo progetto di legge, lo U.S. Virtual Currency Market and Regulatory Competitiveness Act del 2018, è incentrato invece sulla necessità che gli Stati Uniti restino competitivi nel settore e anche in questo caso si chiede CFTC di effettuare uno studio comparativo con l’estero sottolinenando la necessità di effettuare le giuste modifiche normative, senza che queste risultino eccessivamente onerose e/o inibiscano l’innovazione.
L’atteggiamento dei governi statali degli Stati Uniti è ancora più incisivo e pragmatico: molti hanno riconosciuto il potenziale di crescita dato dall’utilizzo di questa tecnologia nell’erogazione dei servizi pubblici e sono già ad elevati livelli di implementazione.
L’Ohio, ad esempio, è il primo stato degli USA ad accettare Bitcoin per il pagamento delle tasse. (per ora la cosa è aperta alle sole aziende, in seguito dovrebbe essere estesa ai singoli individui).
Gli altri Paesi
Sulla stessa scia anche molti paesi asiatici. In Giappone è stata creata una normativa per la registrazione degli exchange e il loro riconoscimento a livello statale. La Banca Centrale di Singapore (MAS) e il Singapore Exchange (SGX) stanno continuando a lavorare al Progetto Ubin, annunciando di aver sviluppato il DvP – Delivery versus Payment- per regolamentare e automatizzare scambi e liquidazioni delle risorse “tokenizzate” sulle diverse piattaforme blockchain.
San Marino
San Marino si propone come Hub Europeo per la Blockchain e già nei mesi scorsi sono partite diverse iniziative, di cui la più importante il tavolo tecnico di blockchain, guidato da San Marino Innovation al quale partecipano importanti studi legali e diversi sviluppatori.
Italia
In Italia invece c’è l’impasse sul riconoscimento giuridico dei DLT. Il Governo ha fatto un passo indietro e la norma sul riconoscimento legale della blockchain non appare tra quelle inserite in Gazzetta Ufficiale qualche giorno fa.
Pare che la causa sia da attribuire al fatto che la norma non rivestirebbe i caratteri di necessità e urgenza richiesta per l’emissione di un decreto, come se adeguarsi ad una tecnologia che già nel resto del mondo è una realtà consolidata e che darebbe enormi spazi ed opportunità economiche al nostro Paese non fosse urgente.
Considerazioni personali a parte, è evidente che allo stato attuale la blockchain non rappresenta un interesse concreto da parte del Governo che sta solo ritardando un processo che inevitabilmente andrà gestito nei prossimi mesi.
Inoltre, come se non bastasse, la Consob sospende per 90 giorni i contratti su Bitsurge Token ed i Green Earth Certificate motivando i provvedimenti nel primo caso perché, su questi token, la società offriva un contratto con rendimenti mensili dal 6% al 13% senza però dare alcuna autorità sulla gestione dei token stessi mentre nel secondo caso perché i certificati emessi erano “capaci di garantire un compenso del 6% annuo ripartito mensilmente allo 0,5%“.
Per cui, secondo la Consob, dal momento in cui viene acclarato che il prodotto promosso e venduto è di natura finanziaria, anche se in ambito crypto, si può chiedere la sospensione delle attività per valutare l’operato delle aziende che hanno promosso o venduto tale prodotto e addirittura valutare la possibilità di chiuderle. Tutto ciò, ferma restando la necessità di tutelare consumatori ed investitori, non fa altro osteggiare lo sviluppo di un tipo di economia che potrebbe portare a nuovi investimenti ed aprire nuove frontiere finanziarie, esattamente come sta succedendo nel resto del mondo.
Non tutto è perduto
A mio avviso non bisogna disperare, quanto piuttosto trovare opportunità nel mare delle lacune normative. Ciò che non è proibito è lecito, si dice, e il fatto che non venga riconosciuto valore giuridico (a priori) ai dati immessi nella blockchain non vuol dire che in assoluto tali dati non possano essere utilizzati. Ad esempio, come prova in un eventuale processo, considerate che ogni decisione di merito attiene alla libera determinazione del giudicante, per cui sebbene non vi sia un riconoscimento ufficiale nessuno vieta che le risultanze di una blockchain possano comunque assumere valore legale, tenendo conto che tutto ciò che è immesso in una blockchain è dimostrabile.
Nessun divieto di tracciabilità, nessun divieto di utilizzo della blockchain, e quindi, probabilmente, l’assenza di un riconoscimento giuridico che dà impulso all’utilizzo della tecnologia in questione farebbe risultare oltremodo zelanti le aziende che decidessero di essere pionieri di questo nuovo mondo tecnologico, perché a prescindere dalla regolamentazione, comunque fondamentale per dare un effettivo impulso da parte delle istituzioni, la blockchain regala trasparenza, immutabilità e certezza, e il suo utilizzo rappresenterebbe un passo avanti verso un’economia che mette al centro il consumatore finale; elemento, questo, che porrebbe le “aziende blockchain” su un gradino superiore rispetto alle altre.
Ovviamente restano le criticità connesse all’utilizzo dei DLT, che necessitano di sviluppo e implementazione e soprattutto risulta indispensabile la formazione aziendale e l’analisi dei processi e dei prodotti per una valutazione delle reali opportunità che la blockchain può offrire ad ogni singola realtà imprenditoriale. Anche se il riconoscimento legale dei dati immessi nei registri distribuiti sarebbe stato sicuramente un passo avanti verso lo sviluppo tecnologico e l’integrazione della blockchain nel nostro tessuto sociale, nulla è perduto, anzi; a mio avviso i primi ad utilizzare blockchain saranno proprio i nuovi leader di mercato.