lavoro agile

Smart working nella PA, ecco i benefici che stiamo perdendo

Con l’approvazione definitiva della legge sul “lavoro agile” la PA non ha più alibi, ma per trarne il massimo beneficio occorre accompagnare il cambiamento con interventi di affiancamento ai manager pubblici e creare opportunità per la condivisione di buone pratiche tra diversi manager e Pubbliche Amministrazioni

Pubblicato il 30 Ago 2017

Mariano Corso

Presidente P4I e membro del Board Scientifico Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano

smart-work_

La rivoluzione digitale ha cambiato comportamenti, aspirazioni e bisogni delle persone che chiedono e offrono sempre più flessibilità. In molti settori, tuttavia, l’organizzazione del lavoro è rimasta rigida, ferma a stereotipi e pregiudizi di un’era tecnologica ormai superata. Insomma, se le persone nella loro vita privata si sentono dei “supereroi digitali” capita spesso che quando varcano la soglia dell’azienda si sentano vicini al Ragionier Ugo Fantozzi o al Charlie Chaplin di Tempi Moderni!

I dati sullo smart working

Questo disallineamento, oltre a creare un crescente senso di frustrazione nelle persone, rappresenta anche un freno all’innovazione per le aziende che così facendo non riescono a sfruttare appieno i talenti e le capacità dei propri collaboratori né ad ingaggiarle in percorsi di innovazione, reskilling e cambiamento. In questa prospettiva va interpretata la crescente popolarità del fenomeno dello Smart Working che sempre più realtà stanno introducendo come occasione per ripensare le modalità di organizzazione del lavoro, dando alle persone più autonomia e flessibilità nella scelta di orari, luoghi e strumenti di lavoro a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Circa il 30% delle oltre 200 organizzazioni di grandi dimensioni coinvolte nella ricerca dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano hanno infatti dichiarato di avere progetti strutturati in tale direzione, una percentuale quasi doppia rispetto a quella censita solo un anno fa dall’Osservatorio su un analogo campione di imprese. Cresce anche all’interno dell’organizzazione la rilevanza delle iniziative e il numero dei lavoratori coinvolti. Ad oggi si può stimare siano già oltre 300.000 i lavoratori la cui organizzazione del proprio tempo lavorativo è cambiata grazie allo Smart Working.

Guardando alle aziende private, dunque, si vede un trend chiaro, che si può interpretare con soddisfazione ed ottimismo. La vera sfida dello Smart Working riguarda invece le Pubbliche Amministrazioni che, nonostante l’interesse crescente e gli sforzi normativi, sono rimaste ancora ai margini del fenomeno.

A distruggere gli alibi di quanti ancora sostenevano non esserci una cornice normativa compatibile all’implementazione, è intervenuto l’evoluzione normativa, con l’approvazione definitiva della legge sul “lavoro agile”, recentemente pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale[1]. Una legge di grande importanza in cui, pur non prevedendo obblighi o incentivi, si definisce il concetto di Lavoro Agile o Smart Working, se ne chiariscono i principi e si dileguano alcune ambiguità. La legge, inoltre, fa esplicito riferimento alla applicabilità del lavoro agile nella Pubblica Amministrazione. Ancora più forte è la successiva Direttiva[2] emessa dal Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione che fissa l’obiettivo (ambizioso?) di permettere entro tre anni ad almeno il 10% dei dipendenti di accedere a “nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, il cosiddetto lavoro agile o smart working”.

I vantaggi dello smart working nella PA

Nel frattempo alcune prime iniziative pilota iniziano a mostrare risultati e benefici concreti, come quelle realizzate presso la Provincia Autonoma di Trento e la Città di Torino, e iniziano ad essere avviate sperimentazioni ambiziose anche a livello PA centrali, tra cui vanno citate quelle significative della Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero Economia e Finanze

L’esperienza del settore privato e di queste prime sperimentazioni nell’ambito della PA, mostrano quanto sia miope e riduttivo fermarsi ad una applicazione superficiale del Lavoro Agile, magari presentato in una logica di adempimento formale nel quadro di iniziative di conciliazioni per lavoratori “bisognosi”. Le motivazioni per cui conviene, anzi occorre, fare Smart Working nella PA sono ben più profonde: non soltanto è un buon affare per i conti pubblici ed un modo per attrarre talenti, ma è anche una occasione irrinunciabile per introdurre meritocrazia e criteri di valutazione basata sui risultati. Per promuovere davvero la diffusione dello Smart Working nelle Pubbliche Amministrazioni, quindi, e soprattutto per trarne il massimo beneficio dal punto di vista dell’Amministrazione e dei lavoratori, occorre andare oltre gli aspetti superficiali dell’introduzione di lavoro a distanza, e accompagnare il cambiamento con interventi di affiancamento ai manager pubblici per supportarli nel ragionare per processi, identificare indicatori di prestazione e gestire e valutare i collaboratori per obiettivi. Si tratta di un cambiamento culturale fondamentale, in cui dovrà giocare un ruolo rilevante la formazione manageriale, ma anche la creazione di opportunità per la condivisione di buone pratiche tra diversi manager e Pubbliche Amministrazioni.

LEGGI IL QUADRO EUROPEO SULLO SMART WORKING

__________________________________________________________________________-
[1] In G.U. n. 135 del 13 giugno 2017 è stata pubblicata la L. 22 maggio 2017, n.81  “Misure per il lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato.”
[2] n.3/2017 relativa all’articolo 14 c. 1 e 2 della riforma della Pubblica Amministrazione

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
Analisi
Video
Iniziative
Social
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati