ottimisti vs pessimisti

Futuro del lavoro con l’intelligenza artificiale: il punto sulle previsioni



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La sostituzione di vecchi lavori con lavori nuovi è sempre avvenuta, sebbene il reimpiego richieda uno sforzo e una rieducazione che non sempre vengono da sé. Con l’avvento dell’AI le paure sembrano più motivate, per una serie di ragioni. Ecco quali

Pubblicato il 16 mag 2023

Valeria Martino

post-doc presso l’Università di Torino



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Come ci insegna il mito di Prometeo ed Epimeteo e come ci ricorda Maurizio Ferraris (2016; 2021), l’essere umano è un animale disadattato (così lo definiva anche Arnold Gehlen), senza una specifica caratteristica che possa renderlo adatto a sopravvivere in un determinato ambiente; ciò che lo caratterizza, tuttavia, pur in via non del tutto esclusiva, è la tecnica, ovvero la capacità di sopperire alle proprie mancanze con lo sviluppo di tecnologie sempre nuove.

Eppure, queste stesse tecnologie sono anche oggetto di paure, antichissime e sempre rinnovate: le macchine prenderanno il potere, ci metteranno da parte, ci toglieranno il lavoro.

La nuova tecnica che ora minaccia i colletti bianchi

Nessuna tecnologia sembra esentarci dal porre questa domanda, ovvero dal chiederci – in un modo quantomeno più neutro, ma certamente interessato – “in che modo influenzerà il mio lavoro?”. Questa stessa domanda, che avrebbe potuto chiedersi un sofista alla diffusione dei testi scritti (la scrittura come tecnica che arreca danni alla memoria e toglie il lavoro a chi insegna perché ora che ho un testo, il sapere posso scoprirlo da me), è stata affrontata da diversi studi dopo il lancio, così discusso, di ChatGPT.

Un elemento interessante da considerare è che se tradizionalmente è accaduto, e si pensa che, le nuove tecnologie hanno portato all’eliminazione dei lavori svolti da persone meno qualificate (prima gli agricoltori, poi gli operai), questa volta a essere sotto minaccia sembrano i cosiddetti colletti bianchi. Questo per la natura stessa di GPT e simili, che ha a che fare soprattutto con il linguaggio, dunque con la produzione di testi, codici, formule, ma anche immagini.

Diversi studi hanno messo in luce come i modelli GPT velocizzino notevolmente lo svolgimento di determinati compiti di scrittura e di grafica, permettendo alle persone più competenti di compiere più lavoro in meno tempo (e quindi consentendo alle aziende di assumere meno personale) e alle meno competenti di ottenere risultati migliori (Noy e Zhang 2023; di questa opinione anche David Autor, noto per il suo atteggiamento ottimista nei confronti della tecnologia, in generale). Oltre ad ottimizzare i tempi, però, GPT sembra poter svolgere facilmente tutta una serie di compiti di più bassa qualifica, come scrivere e-mail, preparare brevi descrizioni promozionali, che attualmente sono svolti dai neoassunti, che si vedono più minacciati, rispetto a coloro che si trovano a uno stadio più avanzato della propria carriera. D’altra parte, viene fatto anche notare, però, come solitamente siano i più giovani a adattarsi meglio alle innovazioni tecnologiche e come questo fatto potrebbe a sua volta influenzare il mondo del lavoro.

IA e disuguaglianze economico-sociali

Si percepisce, comunque, in generale, un grande ottimismo sia circa un dato storico incontestabile, sebbene difficilmente prevedibile, come il reimpiego di coloro i cui compiti verranno svolti dalle macchine, sia circa le possibilità di sfruttare positivamente queste innovazioni a vantaggio dell’umanità (pur non mancando le voci critiche. Erik Brynjolfsson [2022], per esempio, ha sottolineato come tali vantaggi dovrebbero essere chiari fin dal principio, nelle prime fasi di progettazione. Spesso invece sembra che l’unico scopo dei creatori di IA sia di raggiungere l’intelligenza umana. Ancora, l’introduzione di nuove tecnologie spesso comporta un incremento delle disuguaglianze economico-sociali. Vedi Lohr 2022. O anche, uno studio condotto dalla Università di Phoenix[1], volto a mostrare la percezione dei lavoratori statunitensi, mette in luce le differenze presenti nelle diverse comunità. Coloro che si sentono meno minacciati dalle nuove tecnologie sono proprio i bianchi, che meno soffrono anche di tutta una serie di discriminazioni causate da IA e ML di cui siamo ormai ben a conoscenza).

Le previsioni sul futuro del lavoro dopo l’IA

La sostituzione di vecchi lavori con lavori nuovi è sempre avvenuta, sebbene il reimpiego richieda uno sforzo e una rieducazione che non sempre vengono da sé. Per esempio, secondo il World Economic Forum (The Future of Jobs Report 2020), l’IA sostituirà 85 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo entro il 2025. Allo stesso tempo, però, il rapporto prosegue affermando che nello stesso arco di tempo ne creerà 97 milioni di nuovi. Una serie di previsioni circa quali (e quanti) lavori verranno sostituiti nei prossimi anni è stata compiuta, da centri come il McKinsey Global Institute, la Oxford University e il U.S. Bureau of Labor Statistics: molti esperti sono concordi sul fatto che diverse professioni saranno completamente automatizzate nei prossimi cinque o dieci anni.

Le professioni che saranno completamente automatizzate nei prossimi anni

Il Forbes Technology Council ne ha citate 15: sottoscrizione di assicurazioni, lavori di magazzino e di produzione, servizio clienti, ricerca e inserimento dati, autotrasporti a lungo raggio e una categoria più ampia e abbastanza vaga chiamata “qualsiasi compito che può essere appreso” (Thomas 2023). Studi analoghi affermano che alcuni lavori, invece, otterranno benefici dall’IA, poiché solo alcuni dei compiti che li riguardano verranno automatizzati, mentre altri verranno comunque svolti da esseri umani (Abril 2023); mentre pressoché tutti sono concordi nell’affermare che i lavori basati sull’intelligenza emotiva e i rapporti umani non potranno essere sostituiti (si tratta di insegnanti, assistenti sociali[2], terapisti, ecc.).

Secondo uno studio pubblicato il 27 marzo 2023, l’80% della forza lavoro statunitense sarà interessata da GPT per almeno il 10% del proprio lavoro, e circa una persona su cinque vedrà coinvolta in questo senso almeno la metà delle proprie mansioni (Eloundou, Manning, Mishkin, and Rock 2023). Le professioni più vulnerabili includono matematici, interpreti e web designer. Secondo le conclusioni dello studio, il 19% di tutti i lavoratori potrebbe vedere compromessa almeno la metà delle proprie mansioni. Tra le professioni potenzialmente esposte al 100% c’è anche quella del giornalista (Greg Ip 2023).

Conclusioni

Cosa dobbiamo concludere da tutte queste previsioni, più o meno giustificate? Probabilmente, che dobbiamo sforzarci di non cadere vittime della paura e dello sconforto: i cambiamenti sociali sono frequenti e non devono necessariamente scoraggiarci; ma al contempo non dobbiamo sottovalutare le problematiche sociali che possono derivare da un rapido sconvolgimento del mondo del lavoro, specie se, come abbiamo visto, tali cambiamenti non sono accompagnati da una giusta attenzione alle diseguaglianze, alla progettazione di azioni pratiche per evitarne l’aumento e diminuirne la pressione, e se non si prende consapevolezza degli usi positivi, a supporto dell’umanità intera, che si possono fare di questa come di altre tecnologie.

Bibliografia

Abril, D. (2023, March 20). AI isn’t yet going to take your job — but you may have to work with it. The Washington Post.

Brynjolfsson, E. (2022, Spring). The Turing Trap: The Promise & Peril of Human-Like Artificial Intelligence. Daedalus, 151 (2): 272–287.

Eloundou, T., Manning, S., Mishkin, P. e Rock, D. (2023, March 27). GPTs are GPTs: An Early Look at the Labor Market Impact Potential of Large Language Models. Working paper. https://arxiv.org/pdf/2303.10130.pdf

Ferraris, M. (2016). L’imbecillità è una cosa seria. Bologna: il Mulino.

Ferraris, M. (2021). Documanità. Filosofia del mondo nuovo. Roma-Bari: Laterza.

Ip, Greg (2023, April 5). The Robots Have Finally Come for My Job. The Wall Street Journal.

Lohr, S. (2022, January 11). Economists Pin More Blame on Tech for Rising Inequality. The New York Times.

Noy, S. e Zhang, W. (2023, March 2). Experimental Evidence on the Productivity Effects of Generative Artificial Intelligence. Working paper. https://economics.mit.edu/sites/default/files/inline-files/Noy_Zhang_1.pdf

Thomas, M. (2023, March 9). Robots and AI Taking Over Jobs: What to Know About the Future of Jobs. Builtin. https://builtin.com/artificial-intelligence/ai-replacing-jobs-creating-jobs


[1] https://www.phoenix.edu/career-institute.html

[2] Sebbene, per completezza, ricordiamo che esistono anche diversi tentativi di sostituire gli assistenti sociali con i robot e studi volti a valutare l’impatto di questo possibile cambiamento. Si veda per esempio il progetto RoboCivics della Università di Tampere (Finlandia), che si occupa in particolare dell’assistenza psicologica dei giovani: https://projects.tuni.fi/robocivics/about/.

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