La comunicazione è un’attività, come quasi tutte quelle che necessitano di intervento umano, che ha bisogno di operatori competenti, che abbiano, quindi, la giusta formazione associata ad abilità che provengano, in larga parte, dall’esperienza.
Essere bravi comunicatori digitali significa, prima di tutto, essere bravi comunicatori. Il grande errore che si compie quando si guarda alle professioni che sono nate dopo il lancio e la crescita del Web, è immaginare figure di comunicatori che siano in qualche modo slegate, per competenze, dai comunicatori che abitano la nostra Terra dall’alba dei secoli.
Comunicare bene, le regole del gioco
Comunicare bene implica tante cose: cultura, empatia, velocità di pensiero, curiosità, conoscenza delle tecniche comunicative e quindi formazione, ma anche esperienza, esperienza, esperienza. Possiamo nascere comunicatori, ma per essere bravi dobbiamo formarci e conoscere le regole del gioco.
Ecco, siamo arrivati ai punti dirimenti che qualificano un buon comunicatore e naturalmente, il comunicatore digitale: la formazione, cioè la conoscenza approfondita delle regole del gioco, e quindi terreno, avversari e arbitri, una grande abilità a superare o bloccare l’avversario, tirare o parare bene i rigori, evitare falli inutili, avere visione di gioco, rispetto per gli avversari.
Al di là della metafora calcistica, se non sei il Maradona della comunicazione e della comunicazione digitale, devi impegnarti e bene, per essere un buon professionista.
Devi studiare e investire sulla tua formazione, continuamente, specialmente se sei già inserito nel mondo del lavoro. Saper aprire una pagina su Facebook o sul prossimo social network non ti dà la qualifica di Web Community Manager, ma solo di una persona che conosce le regole del fornitore in vigore in quel momento. Saper installare Wordpress o un altro Content Management System su un server, non ti dà la qualifica di Web Server Administrator.
Il bello viene dopo, quando si tratta di fare in modo che le pagine Web o del social network, che siano tue o del tuo cliente, siano oltre che belle, funzionali, con obiettivi di comunicazione definiti e raggiungibili.
In Italia, dove il digitale è sempre in ritardo (e questo viene evidenziato da tutti gli indici, come Desi, Istat, etc.), per molto tempo l’approccio non professionale e non basato sulle competenze ha frenato lo sviluppo del settore. In effetti era, e in qualche caso ancora è, il cane che si morde la coda: il professionista non esperto non realizzava una buona comunicazione del suo cliente, che a questo punto non era soddisfatto, dopo essere stato abbagliato da promesse mirabolanti su miliardi di like e di visite; a questo punto il cliente aveva e ha due strade: trovare un fornitore-comunicatore più competente, oppure “è meglio che lasciamo perdere” con conseguente difficoltà e impossibilità per un altro comunicatore a supportarlo nella sua intrapresa, dovuta anche alla sfiducia a cercare altri professionisti sul mercato.
Se sceglieva o sceglie la prima strada, il cliente si trova di fronte a social network come LinkedIn invasa da persone che dopo un anno di “aperture di pagine di Facebook” sono diventati CEO di loro stessi, oppure è costretto a scegliere fra migliaia di aziende che operano nel settore. A questo punto l’alea diventa la variabile più importante nella scelta, se non lo è la quota di investimento che si sceglie di utilizzare.
Nel secondo caso, e cioè scegliere di non fare più nulla perché “nessuno è in grado di aiutarmi”, le attività di comunicazione nel digitale si fermano, nessun professionista o azienda ha alcun tipo di incarico e così il sistema Paese non cresce.
La formazione è essenziale
Seguendo tali ragionamenti, se ne può uscire in un solo modo: formarsi, formarsi, formarsi e di conseguenza imparare, imparare, imparare.
È chiaro a questo punto che gli attori coinvolti nel sistema comunicazione digitale sono molteplici, e si distinguono in tre grandi classi (da qui le tre volte di “formarsi” e di “imparare”):
- le aziende, e i loro manager, che possono fruire di comunicazione digitale
- i professionisti, e le loro eventuali aziende, che possono fornire attività di comunicazione digitale
- le Università e tutti gli altri enti formativi che dovrebbero offrire formazione di livello e sempre aggiornata, con lauree professionalizzanti su questi temi.
È necessario, però, operare in una situazione di comune accordo, parlare cioè, una lingua comune.
Il mercato dei professionisti e comunicatori digitali e del Web deve risolvere due grandi problemi: l’inquinamento del mercato da parte di presunti professionisti, assolutamente non bravi, non capaci e che non conoscono l’etica, oltre alla resistenza, tipicamente italiana, verso il “fare rete” fra professionisti.
La nascita del Gruppo Web Skills Profiles
I primi sforzi in Italia per definire un quadro coerente, standard e comunemente accettato da tutti gli attori del settore, si sono visti con la nascita del Gruppo Web Skills Profiles nel novembre del 2006, su impulso dell’Associazione IWA Italy – International Web Association Italia che all’epoca si chiamava International Webmaster Association.
Proprio così, un’Associazione che all’epoca aveva la parola Webmaster nel suo nome, nel suo DNA, decideva che era giunto il momento di andare oltre e di dare a tutti i professionisti e comunicatori che operano sul Web, alle aziende e alle Università, nuovi profili di competenza che avrebbero potuto essere punti di riferimento accettati e condivisi5. Profili che già erano protagonisti nei nuovi organigrammi aziendali e della PA e che dovevano solo avere un riconoscimento fattivo.
Al Gruppo furono invitate centinaia di organizzazioni, aziende, associazioni, professionisti, funzionari della PA.
Dopo circa 7 anni di lavoro furono pubblicati i primi profili di competenza professionale relativi al Web con un documento allegato del quale riporto il dettaglio: «Il documento ha lo scopo di definire i profili professionali europei ICT di terza generazione che siano maggiormente aderenti al settore del Web, basandosi sul documento “European ICT Professional Profiles (CWA 16458)” e sui documenti relativi a “E-Competence Framework 3.0” (EC-F 3.0) estendendoli a livello mondiale grazie alla rete internazionale di IWA/HWG. Il documento ha lo scopo di supportare il corretto riconoscimento delle professionalità elencate come “profili professionali per il Web” da parte degli attori che agiscono sul mercato nel settore degli skill ICT. In particolare, sono indirizzati a:
- manager ICT, offrendo modelli organizzativi di responsabilità, compiti, competenze e controlli tra i diversi attori (ICT e non);
- professionisti e manager ICT, per definire descrizioni delle posizioni, piani di addestramento individuali e prospettive di sviluppo;
- responsabili delle Risorse Umane (HR manager), per prevedere e pianificare il fabbisogno di competenze;
- manager della didattica e dell’addestramento, per pianificare e progettare con efficacia programmi di studi ICT;
- studenti, per facilitare l’informazione ed il loro orientamento professionale;
- responsabili di ricerca di mercato e strategia, per usare un linguaggio comune con lo scopo di prevedere le esigenze di lavoro e competenze professionali Web in una prospettiva di lungo periodo;
- manager degli Uffici Acquisti, fornendo definizioni comuni per capitolati tecnici efficaci nelle gare nazionali ed internazionali;
- chiunque altro necessiti di un riferimento riconosciuto e accettato nell’ambito dei profili professionali per il Web per la sua professione, la sua azienda, la sua organizzazione.»
Il Web Community Manager e gli altri profili di competenza
Il primo profilo pubblicato fu quello del Web Community Manager.
Di seguito un estratto dalla sua definizione e missione: “Figura professionale del settore Marketing & Comunicazione digitale che si occupa di gestire comunità virtuali presenti sul Web. Il Web Community Manager crea e contribuisce a potenziare le relazioni tra i membri di una comunità virtuale presenti sul Web e tra questa e l’organizzazione committente, con una comunicazione efficace all’interno del gruppo; in particolare promuove, controlla, analizza e valuta le conversazioni che si svolgono sulle varie risorse Web (siti Web, blog, social network). Costruisce e gestisce la relazione con gli stakeholder online. Può lavorare come free-lance, per agenzie specializzate di Web marketing o all’interno di un’organizzazione. In quest’ultimo caso, nel linguaggio anglosassone, viene spesso utilizzato anche il termine Internal Community Manager. È conosciuto anche come Community Manager”.
Dopo 8 anni di lavoro, il 31 dicembre 2014 furono aggiornati e pubblicati ben 25 profili di competenza:
- Web Community Manager
- Web Project Manager
- Web Account Manager
- User Experience Designer
- Web Business Analyst
- Web DB Administrator
- Search Engine Expert
- Web Advertising Manager
- Frontend Web Developer
- Server-Side Web Developer
- Web Content Specialist
- Web Server Administrator
- Information Architect
- Digital Strategic Planner
- Web Accessibility Expert
- Web Security Expert
- Mobile Application Developer
- E-commerce Specialist
- Online Store Manager
- Reputation Manager
- Knowledge Manager
- Augmented Reality Expert
- E-Learning Specialist
- Data Scientist,
- Wikipedian.
Erano così disponibili, dopo un lavoro puntuale e certosino al quale avevano partecipato moltissimi professionisti, aziende e funzionari della PA, i punti di riferimento del settore delle professioni del Web, accettati, condivisi e basati su una metodologia standard Europea.
Ma il lavoro non era finito; bisognava dare ancora maggiore rilevanza ai profili e chiedere anche una loro condivisione e accettazione, più decisa e importante.
I profili professionali relativi alle professionalità operanti nel Web
Nel gennaio del 2016, dopo intense discussioni ai tavoli UNINFO, Ente di normazione federato a UNI fu pubblicata la norma multiparte UNI 11621-1/4: 2016 Attività professionali non regolamentate – Profili professionali per l’ICT, che nella sua parte 3 va a normare i Profili professionali relativi alle professionalità operanti nel Web.
I profili di competenza professionale del Web erano diventati una norma UNI: un grande successo per tutta la comunità e il settore dei comunicatori e professionisti del Web.
Con la pubblicazione della norma multiparte UNI 11621 1/4: 2016, poi aggiornata un anno dopo, si aprono così scenari e opportunità molto importanti per i comunicatori e i professionisti del Web, le Università, le organizzazioni formative, la PA, le agenzie per il lavoro, le aziende e gli enti certificatori.
I professionisti possono qualificare e certificare le loro competenze, le Università e gli enti formativi possono, anzi, direi devono, ampliare la loro offerta formativa con corsi e master specifici, le agenzie per il lavoro possono aggiornare le loro categorie di riferimento, la Pubblica Amministrazione può avere riferimenti accettati e condivisi, mentre le aziende possono così contare sempre di più su professionisti con competenze aggiornate e certificate, e gli enti certificatori possono offrire percorsi di certificazione specifici.
Da ricordare che, oltre alle certificazioni, sono disponibili le qualificazioni delle competenze grazie all’7 della Legge 14 gennaio 2013, n. 4.
IWA Italy, prima associazione di professionisti del Web ad essere iscritta all’Elenco delle associazioni professionali per professioni non organizzate in ordini o collegi del MISE, può attestare, infatti, la qualità dei servizi e le competenze dei suoi soci.
Quali sono stati i primi risultati dopo tutti questi anni di lavoro?
La Pubblica Amministrazione è stata proprio la prima a utilizzare la norma UNI 11621 multiparte.
Il 5 maggio 2017 è stato pubblicato, dopo consultazione pubblica, il documento dell’AgID “Linee guida sulla qualità dei beni e dei servizi ICT per la definizione ed il governo dei contratti della Pubblica Amministrazione” nel quale si fa riferimento ai profili di competenza Web della norma UNI 11621 riguardo la possibilità che nel capitolato tecnico rivolto ai fornitori si possa “richiedere particolari titoli di studio o formativi, ovvero attesta zioni professionali rilasciate da associazioni di cui alla legge n. 4/2013, certificazioni specialistiche di prodotto e/o certificazioni rispetto a norme UNI”.
Unitelma Sapienza Università degli Studi di Roma offre il primo corso universitario in Italia sul Web Community Manager, con un syllabus basato sul profilo del Web Community Manager della norma UNI 11621.
Conclusioni
E questo è solo l’inizio. Come tutto quello che riguarda il Web, però, il lavoro non è terminato, anzi. Ora, grazie al contributo di tanti altri professionisti e organizzazioni comincerà il lavoro di aggiornamento dei profili per adeguarli alle dinamiche del Web.
Per partecipare all’aggiornamento dei profili è sufficiente manifestare e motivare la propria richiesta.
L’Italia così è all’avanguardia in Europa nel settore dei professionisti e dei comunicatori che operano nel Web.
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L’approfondimento è contenuto nel libro “L’Italia che comunica in digitale”, edito da Bonanno Editore, realizzato dall’Osservatorio nazionale sulla Comunicazione Digitale https://www.pasocial.info/osservatorio-nazionale/