Conoscere i dati per poter valutare l’effetto reale degli interventi e quindi poter definire dei programmi efficaci è la precondizione per qualsiasi innovazione, per qualsiasi cambiamento efficace. L’accesso ai dati di dettaglio non è quindi solo un tema di trasparenza, ma è il cuore di una reale gestione delle iniziative e delle risorse, per poter valutare l’efficacia degli interventi e migliorare le politiche pubbliche. Assume quindi un valore strategico fondamentale.
Tre esempi concreti su tipologie diverse di dati che sarebbero necessarie e che per ragioni diverse adesso non sono disponibili o lo sono in via incompleta e insufficiente:
· Dati dettagliati sulle agevolazioni a fondo perduto erogate ad aziende e multinazionali da numerosi enti pubblici di vario genere, locali e nazionali: Ministeri, Regioni, Camere di Commercio, nonchè l’Agenzia Invitalia, che, nell’ambito dei cosiddetti “contratti di sviluppo” eroga centinaia di migliaia di euro a fondo perduto. Mancano dati dettagliati ed aggiornati su tali interventi, sui loro obiettivi occupazionali e di sviluppo, definiti in modo misurabile e verificabile, cos come mancano informazioni sull’avanzamento dei lavori e sui risultati finali. Impossibile quindi condurre un’analisi dell’efficacia di tali interventi, ed eventualmente rimodularli per innovarli e migliorarne l’impatto;
· Utilizzo e impatto dei Fondi Europei: come è stato evidenziato in uno studio recentemente pubblicato da “LaVoce.info”, gli indicatori definiti per l’erogazione e la valutazione dei programmi finanziati sono vaghi, poco significativi e puntuali, e quindi i dati raccolti e disponibili non consentono alcuna valutazione sull’efficacia reale degli interventi, col risultato di miliardi di euro spesi non si sa bene per cosa;
· Dati sulle prospettive occupazionali di ciascun corso di laurea sia in termini di probabilità di trovare lavoro nel breve e nel medio periodo una volta conseguito quel titolo, sia intermini di salari medi, sbocchi professionali e prospettive di carriera: ciascuna Università dovrebbe avere tali informazioni sul proprio, così come avviene negli Stati Uniti. In Italia parte di questi dati già più esistono, molte Università li raccolgono (attraverso il consorzio Almalaurea), ma non vengono rese pubbliche sui loro siti: una mancanza che impedisce a molti giovani di compiere scelte informate per il loro futuro; senza contare che queste informazioni, se fossero accurate, omogenee e confrontabili per tutti i corsi di laurea di tutte le Università, potrebbero essere utilizzate per implementare politiche di incentivazione delle Università virtuose.
Questi sono solo tre esempi, ma potremmo citarne moltissimi altri. Credo che sarebbe un’importante azione di trasparenza verso i cittadini e un importante strumento di “policy” per il parlamento poter avere accesso ad informazioni di questo genere, sia per sapere come vengono investiti i soldi pubblici che, soprattutto, per poter valutare l’efficacia degli interventi e migliorare le politiche pubbliche a supporto dello sviluppo economico ed industriale del paese. Le politiche per il digitale passano anche da interventi incisivi su questo fronte: abbiamo bisogno di dati per poter decidere, e la loro disponibilità diventa un tassello indispensabile da garantire rapidamente.