Usare le informazioni del futuro e del passato per interpretare e guidare il presente. L’uomo e la natura da sempre si sono confrontati con trasformazioni o evoluzioni “disruptive”, quella digitale è solo l’ultima arrivata. Allora forse si possono trovare spunti per interpretare l’evoluzione digitale negli Haiku di un poeta sconosciuto del ‘700 giapponese, che ho trovato fortuitamente in un volumetto acquistato sul lago di Como e che userò per introdurre ogni tema della rubrica, ma anche dai monasteri benedettini, dai broccoli romaneschi, dal Bushido, dalle esperienze di chi è già nel futuro, dalla Divina Commedia, da due medici sperduti nel Vietnam rurale e dalle cattedrali romaniche.
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L’ottavo haiku: definizione e gestione del team of teams
“Grande battaglia
O enorme potenza
Dai branchi insieme”
Questo Haiku ci parla del branco dei branchi. O, come diceva il generale McChrystal in un suo libro, ci spostiamo dal Team al “Team of teams”[1].
In effetti, credo che qui il nostro ignoto giapponese si sia ispirato anche all’osservazione del comportamento umano oltre che della natura, perché la capacità di far collaborare insieme “branchi” diversi è peculiare dell’essere umano.
Lo storico N. Harari in un suo saggio scrive: “I Sapiens dominano il mondo perché siamo gli unici animali che possono cooperare flessibilmente in grandi numeri. Possiamo creare reti di collaborazione di massa, in cui migliaia e milioni di completi sconosciuti lavorano insieme verso uno scopo comune. […] La vera differenza tra noi e gli scimpanzé è la misteriosa “colla” che permette a milioni di umani di cooperare con efficacia.”[2]
La colla, sempre secondo Harari, sono proprio le “narrazioni” che permettono a branchi diversi di coordinarsi e cooperare.
In effetti, però, che branchi diversi collaborino non è per niente l’esito scontato dell’incontro tra branchi. Nella storia è forse più frequente il caso in cui l’incontro tra branchi diversi generi una “grande battaglia”, come stiamo vedendo in questi giorni in Ucraina.
Perché allora a volte l’incontro tra branchi genera “enorme potenza” e a volte “grande battaglia”? In tutti i casi gli ingredienti di base (persone, narrazioni, potenzialità) sono gli stessi, ma l’esito è estremamente diverso.
Se guardiamo alle nostre organizzazioni, nella maggior parte dei casi vi sono dei “branchi” che lavorano abbastanza bene insieme. Ciò che scatena i conflitti è quando team diversi, con culture e obiettivi non coincidenti, devono collaborare.
I cinque stadi di maturità di un’organizzazione
Sulle dinamiche a volte tribali delle organizzazioni, è illuminante il libro di D. Logan[3] che definisce cinque stadi di maturità di un’organizzazione.
Negli stadi uno e due vi sono le organizzazioni disfunzionali. Se la vostra azienda è a quel livello, l’unico consiglio che posso darvi è di cercarne un’altra.
La maggior parte delle aziende si trova al livello 3, con grandi professionisti dove l’enfasi è su obiettivi e risultati personali. Pensiamo a tutte le aziende dove la modalità principe di motivazione delle persone è il variabile legato a MBO[4] personali che pongono le persone in competizione tra loro. La gerarchia è dominante e l’approccio “top down” è la modalità di lavoro normale.
Meno aziende sono al livello quattro, ossia il livello dove grandi team lavorano insieme. Solo pochissime sono a livello cinque, dove l’”enorme potenza” dei team che collaborano e non si affrontano viene espressa al massimo.
Focalizziamoci allora proprio sul passaggio dal livello quattro (grandi team che lavorano bene al loro interno) al livello cinque. Se pensate che la vostra azienda sia a un livello inferiore, vi rimando all’Haiku precedente, che parla proprio di come lavorare sui team.
Come liberare la potenza del team of teams
Tornando a McChrystal, il suo libro “Team o Teams” parla della sua esperienza come generale in Iraq. Purtroppo la guerra, pur non essendo un argomento che mi appassiona, è estremamente attuale e permette di imparare molto sulle organizzazioni. McChrystal, ad esempio, si trovava davanti a due problemi enormi.
Il primo era la difficoltà di far lavorare insieme team eccellenti ma disuniti. Pensate a cosa vuol dire mettere insieme i Navi Seals, la CIA, i Marines, l’Air Force Special Operation Command e molti altri. Ogni team da solo era incredibile, messi insieme sul campo di battaglia spesso si dimostravano inadeguati.
E l’onta maggiore era che venivano messi in difficoltà da un nemico con un’organizzazione artigianale, fatta di cellule semi-indipendenti, ma per questo agili e adattabili. Anche se si catturava il capo di una cellula, le altre si auto-organizzavano e riprendevano l’iniziativa.
Questo era il secondo problema: la rigidità dell’organizzazione militare americana, a fronte dell’agilità dell’organizzazione di Al Qaeda.
McChrystal, per liberare l’enorme potenza del branco dei branchi, ha usato alcuni principi:
- Massimizzare la circolazione delle informazioni. Nel libro vengono descritte in modo molto dettagliato le riunioni plenarie tra tutti gli attori delle operation e quanto McChrystal ci abbiamo investito
- Responsabilizzare tutti, anche ai livelli più operativi, e autonomia decisionale dei team. Questo senza togliere, anche a tutela dei soldati impegnati in azioni sul territorio, la responsabilità finale dei leader (il generale McChrystal in prims)
- Rompere le barriere di diffidenza e diffondere fiducia, con stratagemmi e soprattutto con l’esempio. Una delle modalità più efficaci per favore questo percorso è stata la creazione di spazi fisici e digitali (si veda punto 1) comuni.
Sicuramente McChrystal è stato un personaggio anche discusso e con molti lati grigi (si veda anche il film “War Machine” a lui ispirato), ma il libro citato è lucido e attuale anche nei contesti aziendali.
Conclusioni
È evidente che per fare di un branco un super branco (o di un insieme di team che lavorano bene al loro interno un’organizzazione sinergica) non esiste una ricetta magica. Gli ingredienti citati da McChrystal sono fondamentali, così come è fondamentale un altro elemento che traspare da quanto sopra: una leadership illuminata.
Insomma, per quanto io sia un sostenitore dell’empowerment delle persone e del cambiamento che nasce dal basso, tutti i casi che ho visto e di cui ho letto di organizzazioni che si sono evolute, avevano dietro uno o più leader umili e illuminati. Leader che devono guidare attraverso un cammino di maturazione progressivo, come mostrano sia il modello di Logan già citato che quello di Laloux[5].
Potrei citare tanti esempi di leadership umile ma determinata: da quella di Gene Kranz della missione Apollo 13 (foto di apertura) a quella, forse meno convenzionale, dipinta da S. Benedetto nella figura dell’abate descritta nella sua regola.
Ulteriore punto importante per il cammino di maturità delle organizzazioni è quello degli spazi (fisici e virtuali) in cui i suoi membri vivono. Ma di questo parleremo nel prossimo Haiku.
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Note
- McChrystal, G. S. (2015) “Team of Teams: New Rules of Engagement for a Complex World”. Ed. Penguin ↑
- Harari, N. (2011) “Sapiens. Da animali a dei. Breve storia dell’umanità”. Ed. Bompiani ↑
- Logan, D; King, J. (2009). “Tribal Leadership: Leveraging Natural Groups to Build a Thriving Organization”. Ed. HarperCollins ↑
- Management by objectives ↑
- Laloux, F. (2014) “Reinventing Organization”. Ed. Nelson Parker ↑