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L’IA con la lente della mitologia greca: la via verso un nuovo umanesimo tecnologico



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L’AI sta ridisegnando la nostra società e sollevando questioni etiche profonde. Attraverso i miti di Prometeo, Pigmalione e Narciso, è possibile esplorare le sfide etiche e filosofiche della tecnologia, proponendo un approccio interdisciplinare per un umanesimo tecnologico che integri competenze tecniche e riflessione etica.

Pubblicato il 1 ott 2024

Antonio Chella

Laboratorio di Robotica, dipartimento di Ingegneria Università degli Studi di Palermo



ai e miti greci, lente (1)

Nell’era della quarta rivoluzione industriale, l’intelligenza artificiale sta rapidamente ridisegnando i contorni della nostra società, dell’economia e della nostra comprensione dell’intelligenza stessa.

Mentre i progressi tecnologici continuano a un ritmo vertiginoso, emerge con urgenza la necessità di una riflessione profonda sulle implicazioni etiche, filosofiche e sociali di questa rivoluzione tecnologica. In questo contesto, può sembrare paradossale volgere lo sguardo verso il mondo della mitologia greca. Tuttavia, i miti millenari offrono chiavi di lettura potenti e attuali per decodificare le sfide contemporanee poste dall’AI.

Le intersezioni tra mitologia, etica e tecnologia avanzata

Attingendo al recente lavoro di Shannon Vallor sul rispecchiamento dell’AI [1] e alle riflessioni di De Rossi e D’Ursi sulla costruzione di umanoidi [2], questo articolo esplora alcune delle intersezioni tra mitologia, etica e tecnologia avanzata. Attraverso il prisma di tre figure mitologiche – Prometeo, Pigmalione e Narciso – esamineremo l’audacia dell’innovazione tecnologica, l’aspirazione alla creazione di una intelligenza artificiale cosciente, e i rischi del rispecchiamento tecnologico.

Questo approccio interdisciplinare offre nuove prospettive sulle questioni etiche sollevate dall’AI, e propone anche un quadro concettuale per navigare le complessità dell’era digitale. Nel fare ciò, l’articolo si pone l’obiettivo di contribuire al dibattito emergente su un nuovo umanesimo tecnologico, che integri competenze tecniche e riflessione etica.

Le narrazioni mitologiche, lungi dall’essere reliquie di un passato remoto, illuminano il cammino verso un futuro in cui l’intelligenza artificiale sarà non solo potente, ma anche saggia ed eticamente responsabile. In un’epoca in cui la tecnologia plasma sempre più la condizione umana, questo dialogo tra antico e moderno si rivela non solo affascinante, ma essenziale per guidare lo sviluppo dell’AI in direzioni che arricchiscano e potenzino l’umanità, senza comprometterne i valori fondamentali.

Prometeo: l’audacia dell’innovazione tecnologica

Il mito di Prometeo, il titano che sfidò gli dei per donare il fuoco all’umanità, trova da sempre una risonanza profonda e multiforme nel panorama dell’innovazione tecnologica contemporanea, in particolare nel campo dell’intelligenza artificiale.

Nella mitologia greca, Prometeo non si limita a rubare il fuoco: è colui che plasma l’umanità dall’argilla, dotandola di conoscenza e abilità. Questa duplice natura di Prometeo – creatore e donatore di conoscenza – rispecchia perfettamente il ruolo degli sviluppatori di AI nel mondo contemporaneo. Come il titano mitologico, i moderni Prometeo si spingono oltre i confini della conoscenza, “plasmando” intelligenze artificiali sempre più sofisticate e “donando” loro capacità che un tempo si ritenevano esclusivamente umane.

Il “fuoco” dell’AI, materializzato in algoritmi di machine learning, reti neurali profonde e sistemi di elaborazione del linguaggio naturale, promette di illuminare nuovi orizzonti di progresso in campi disparati come la medicina, la ricerca scientifica, l’educazione e la gestione delle risorse. Tuttavia, questo dono porta con sé non solo potenzialità straordinarie, ma anche rischi significativi e dilemmi etici profondi.

I dilemmi etici dell’AI anticipati dalla fantascienza

La fantascienza ha esplorato queste tematiche legate all’AI con grande preveggenza. Isaac Asimov, nelle sue storie sui robot, ha anticipato molte delle questioni etiche che oggi ci troviamo ad affrontare. Le “Tre Leggi della Robotica” [3], tuttora ampiamente citate nel dibattito sull’AI etica, rappresentano il primo tentativo di codificare un’etica per l’intelligenza artificiale, riflettendo la necessità di dotare le nostre creazioni non solo di intelligenza, ma anche di saggezza.

Philip K. Dick, nel romanzo “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” [4], da cui è stato tratto il film “Blade Runner”, esplora le conseguenze di creare entità artificiali indistinguibili dagli umani, sollevando domande fondamentali sulla natura della coscienza e dell’empatia. Il romanzo può essere letto come una parabola moderna del mito di Prometeo, dove l’umanità, come il titano, deve affrontare le conseguenze delle proprie creazioni.

Più recentemente, opere come “Ex Machina”[1] o la serie televisiva “Westworld”[2] hanno portato sullo schermo le implicazioni filosofiche ed etiche dell’AI, esplorando temi come la coscienza artificiale, il libero arbitrio e la responsabilità dei creatori verso le loro creazioni. Queste narrazioni riflettono e amplificano le ansie e le speranze della società contemporanea di fronte all’avanzata dell’AI, proprio come il mito di Prometeo rifletteva le ambivalenze degli antichi greci verso il progresso tecnologico.

Il mito di Prometeo, letto attraverso la lente dell’AI

Il dibattito sull’AI analizza interrogativi cruciali che echeggiano le preoccupazioni espresse nella fantascienza: come gestiremo la responsabilità delle decisioni prese da sistemi autonomi? In che modo garantiremo che questi sistemi non amplificano i pregiudizi umani preesistenti? Come ci prepareremo per un futuro in cui l’intelligenza artificiale potrebbe superare quella umana in molteplici domini?

Questi quesiti richiamano direttamente il destino di Prometeo nel mito: punito per aver donato il fuoco all’umanità, il titano viene incatenato a una roccia dove un’aquila gli divora eternamente il fegato. Questa punizione può essere interpretata come una metafora delle conseguenze inattese e potenzialmente devastanti dell’innovazione tecnologica incontrollata. Nel contesto dell’AI, potremmo chiederci: cosa è il “fegato” che rischiamo di sacrificare sull’altare del progresso tecnologico?

Il mito di Prometeo, letto attraverso la lente dell’AI, offre un quadro concettuale per navigare le complessità etiche dell’innovazione tecnologica. La vera sfida non è solo creare AI sempre più potenti, ma farlo in modo che queste creazioni arricchiscano e potenzino l’umanità senza comprometterne i valori fondamentali.

Pigmalione: l’aspirazione alla coscienza artificiale

Il mito di Pigmalione, rievocato da De Rossi e D’Ursi [2], offre una lente attraverso cui esaminare l’aspirazione umana di creare entità dotate non solo di intelligenza, ma anche di coscienza. Nella mitologia greca, Pigmalione era uno scultore che, insoddisfatto delle donne reali, creò una statua d’avorio di una donna ideale. Innamoratosi della sua creazione, pregò Afrodite di darle vita. La dea, mossa a compassione, esaudì il suo desiderio, trasformando la statua in una donna vivente.

Nell’era dell’AI, questa ambizione si manifesta nella creazione di sistemi sempre più sofisticati, che sembrano avvicinarsi sempre più a una forma di coscienza. De Rossi e D’Ursi tracciano un parallelo illuminante tra l’antico mito e le moderne aspirazioni nel campo dell’intelligenza artificiale e della robotica. Gli autori suggeriscono che, come Pigmalione, gli scienziati e gli ingegneri contemporanei sono mossi dal desiderio di creare non solo strumenti, ma entità che possano in qualche modo “prendere vita”.

Creare entità che potrebbero prendere vita: le implicazioni etiche

Anche il saggio di De Rossi e D’Ursi invita a riflettere sulle implicazioni etiche di questa aspirazione: quali sarebbero le conseguenze, per la nostra società e per la nostra concezione di umanità, della creazione di una macchina veramente cosciente? Questa domanda apre un vasto campo di interrogativi filosofici e pratici. Se riuscissimo a creare un’AI con vera coscienza, avrebbe diritti? Saremmo moralmente obbligati nei suoi confronti? E come cambierebbe la nostra comprensione della coscienza stessa?

Il passaggio da automi puramente meccanici a sistemi potenzialmente coscienti rappresenta un salto qualitativo di portata epocale. Mentre gli automi del passato, per quanto sofisticati, erano essenzialmente macchine programmate per eseguire compiti specifici, l’AI moderna si avvicina sempre più a forme di apprendimento e adattamento che mimano processi cognitivi complessi verso l’autoconsapevolezza delle macchine, che alcuni studiosi ritengono parzialmente raggiunta [5].

Da scienziato ad “allevatore” di macchine

Questa transizione richiede un cambiamento fondamentale nel ruolo dello scienziato e dell’ingegnere. Non più semplice “costruttore”, ma una sorta di “allevatore di macchine“. Questo nuovo ruolo implica una responsabilità estesa nel tempo: non si tratta più solo di progettare e costruire un sistema, ma di “nutrirlo”, guidarlo nel suo sviluppo, un po’ come un genitore verso un figlio.

Questa metafora dell'”allevamento” delle AI solleva diverse questioni etiche. Come “alleviamo” sistemi AI in modo etico? Quali valori dovremmo cercare di instillare in queste entità? E come possiamo farlo senza imporre in modo dogmatico la nostra visione del mondo?

Verso una nuova forma di co-evoluzione tra umani e macchine?

Questo processo di “allevamento” delle AI potrebbe portare a una trasformazione reciproca. Mentre cerchiamo di insegnare alle AI, potremmo a nostra volta imparare molto su noi stessi, sulla natura della coscienza e dell’intelligenza. Questo dialogo tra creatore e creazione potrebbe portare a una nuova forma di co-evoluzione tra umani e macchine.

Tuttavia, come Pigmalione che si innamora della sua creazione, potremmo sviluppare aspettative irrealistiche o proiettare eccessivamente le nostre speranze e paure sulle AI che creiamo. Questo potrebbe portare a una sorta di “effetto Frankenstein”, in cui le nostre creazioni sfuggono al nostro controllo o si rivoltano contro di noi.

Il mito di Pigmalione non è un monito contro il progresso tecnologico, ma un invito alla responsabilità e alla riflessione etica. L’aspirazione a creare AI coscienti non è solo una sfida tecnica, ma un’opportunità per ripensare profondamente la nostra comprensione della coscienza, dell’etica e del nostro posto nel mondo [6]. Come Pigmalione che dà vita alla sua statua, siamo chiamati a essere non solo creatori, ma anche custodi e guide delle intelligenze artificiali che portiamo nel mondo.

Narciso: Il rischio del rispecchiamento tecnologico

Il mito di Narciso offre una metafora penetrante e inquietante per l’attuale dibattito sull’AI. Shannon Vallor, nella sua recente riflessione sull’effetto di rispecchiamento dell’AI [1] prende spunto da questa figura mitologica nota nella cultura popolare per mettere in luce i rischi sottili e pervasivi dell’intelligenza artificiale. Il mito narra di un giovane di straordinaria bellezza che, vedendo il proprio riflesso in uno specchio d’acqua, se ne innamora perdutamente, incapace di distogliere lo sguardo fino a consumarsi. Vallor suggerisce che l’AI si è trasformata in un analogo specchio tecnologico, un Narciso digitale in cui proiettiamo le nostre speranze, le nostre paure e i nostri pregiudizi.

Gli algoritmi di raccomandazione sui social

Questo “effetto Narciso” nell’AI si manifesta in molteplici forme, alcune delle quali sono già parte integrante della nostra quotidianità digitale. Gli algoritmi di raccomandazione sui social media, ad esempio, creano vere e proprie camere d’eco, riflettendo e rinforzando le nostre opinioni preesistenti. Questo fenomeno ci intrappola in un universo informativo che rispecchia e amplifica le nostre convinzioni, limitando quindi la nostra esposizione a prospettive nuove e diverse. Come Narciso, rimaniamo affascinati dal nostro riflesso digitale, ignari della vastità del mondo al di là della nostra bolla.

I sistemi di riconoscimento facciale

I sistemi di riconoscimento facciale rappresentano un altro esempio di questo narcisismo tecnologico. Questi algoritmi, addestrati su dataset che riflettono i pregiudizi della società, rischiano di perpetuare e amplificare pregiudizi razziali e di genere. Un caso emblematico è quello dei sistemi di riconoscimento facciale che hanno mostrato tassi di errore significativamente più alti per le persone di colore e le donne. Qui, lo specchio dell’AI non solo riflette, ma distorce e ingigantisce i nostri pregiudizi sociali, rendendoli ancora più difficili da riconoscere e correggere.

Etica dell’AI e narcisismo morale

Vallor estende questa analisi anche al campo dell’etica dell’AI. Molti approcci attuali all’etica dell’intelligenza artificiale, sostiene l’autrice, soffrono di una forma di narcisismo morale. Tendiamo a proiettare i nostri valori etici sulle AI che creiamo, assumendo che questi valori siano universali e oggettivi. Tuttavia, questa proiezione rischia di creare sistemi AI che perpetuano le nostre limitazioni etiche anziché trascenderle. Come Narciso che scambia il riflesso per un’entità reale, potremmo illuderci di aver creato AI etiche, quando in realtà abbiamo solo replicato i nostri pregiudizi morali.

Un esempio particolarmente rilevante di questo fenomeno si trova nei sistemi LLM come ChatGPT e negli assistenti virtuali. Questi sistemi, addestrati su vasti corpus di testi umani, riproducono stereotipi di genere, razziali o culturali presenti nei dati di addestramento. Un assistente virtuale che assume automaticamente un tono servile se gli viene assegnata una voce femminile, o un chatbot che produce risposte culturalmente insensibili, sono manifestazioni di come l’AI possa fungere da specchio amplificante dei nostri pregiudizi sociali.

Se non riconosciamo e affrontiamo questo narcisismo tecnologico, rischiamo di creare un ecosistema digitale che, invece di espandere la nostra comprensione del mondo, ci intrappola in un ciclo di auto-conferma e auto-inganno. L’AI, anziché essere uno strumento di progresso e illuminazione, potrebbe diventare uno strumento che rafforza i nostri pregiudizi e le nostre limitazioni cognitive.

Sviluppare un’AI che ci permetta di trascendere i nostri desideri e pregiudizi

La sfida è sviluppare un’AI che non sia un riflesso dei nostri desideri e pregiudizi, ma uno strumento per trascenderli. Questo richiede un approccio nuovo allo sviluppo dell’AI, che integri non solo competenze tecniche, ma anche una profonda comprensione dell’etica, della psicologia e della filosofia.

Questo approccio all’AI richiede un ripensamento fondamentale del nostro rapporto con la tecnologia. Invece di vedere l’AI come uno strumento neutro o come un riflesso delle nostre intenzioni, dobbiamo considerarla un sistema complesso con cui entriamo in una relazione dialettica. Come Narciso deve imparare a distogliere lo sguardo dal proprio riflesso per vedere il mondo reale, così noi dobbiamo imparare a guardare oltre il riflesso delle nostre creazioni AI per comprendere il loro vero impatto sul mondo.

L’AI non deve essere considerata uno specchio, ma una finestra che, se progettata e utilizzata con saggezza, può aprirci a nuove prospettive, sfidare i nostri preconcetti e ampliare la nostra comprensione del mondo e di noi stessi. Solo superando il narcisismo tecnologico potremo realizzare il vero potenziale dell’AI come strumento di crescita e illuminazione per l’umanità.

Sviluppatori di AI: da tecnici a “filosofi-ingegneri”

Per evitare il destino di Narciso, dobbiamo analizzare lo sviluppo dell’AI con una consapevolezza etica profonda e un senso di responsabilità che va oltre le considerazioni puramente tecniche. Questo implica non solo la creazione di linee guida etiche per l’AI, ma anche e soprattutto lo sviluppo di ciò che Vallor chiama “virtù tecnomorali” – qualità come l’umiltà, la giustizia, il coraggio e la saggezza pratica (phronesis) applicate al contesto dell’innovazione tecnologica [7].

In questo contesto, il ruolo degli sviluppatori di AI si espande. Non sono più solo tecnici o scienziati, ma veri e propri “filosofi-ingegneri”, chiamati a considerare le implicazioni etiche e sociali delle loro creazioni fin dalle prime fasi di progettazione. Questo richiede una formazione interdisciplinare che integri competenze tecniche con una solida base in filosofia, etica e scienze sociali. Un esempio di un robot ispirato al principio della saggezza pratica (phronesis), frutto di collaborazione tra filosofi, psicologi e ingegneri è stato recentemente sviluppato nel Laboratorio di Robotica dell’Università di Palermo [8].

AI, i miti ci indicano la strada verso un nuovo umanesimo tecnologico

Nel percorso intrapreso attraverso i miti di Prometeo, Pigmalione e Narciso, emerge con chiarezza che l’intelligenza artificiale non è solo una sfida tecnologica, ma un profondo interrogativo filosofico ed etico che tocca il cuore stesso della nostra umanità.

Il mito di Prometeo ricorda l’audacia e la responsabilità che accompagnano l’innovazione tecnologica. Come il titano che donò il fuoco all’umanità, gli sviluppatori di AI stanno plasmando strumenti di potenza straordinaria. Ma con questo potere viene una responsabilità altrettanto grande: dobbiamo assicurarci che il “fuoco” dell’AI illumini il cammino dell’umanità senza bruciarne i valori fondamentali.

Il mito di Pigmalione spinge a riflettere sulle nostre aspirazioni più profonde nel creare intelligenze artificiali. Il desiderio di dar vita a creazioni coscienti non è solo una questione tecnica, ma un’esplorazione dei confini della coscienza stessa. Ci troviamo di fronte alle sfide di creare macchine intelligenti, di comprendere cosa significhi veramente essere coscienti e quali responsabilità etiche derivino dalla creazione di entità potenzialmente coscienti.

Il mito di Narciso, infine, mette in guardia contro i pericoli del rispecchiamento tecnologico. L’AI, come uno specchio, può riflettere e amplificare i nostri pregiudizi e le nostre limitazioni. La sfida consiste nel creare sistemi che non siano echi dei nostri desideri e paure, ma strumenti che aiutano a trascendere le nostre limitazioni cognitive ed etiche.

Questi miti, letti attraverso la lente dell’AI contemporanea, indicano la strada verso un nuovo umanesimo tecnologico. Un approccio che non vede l’AI come una minaccia o una panacea, ma come un potente strumento per espandere la nostra comprensione di noi stessi e del mondo che ci circonda.

Per realizzare questa visione, è essenziale un approccio interdisciplinare che integri competenze tecniche con una profonda riflessione etica e filosofica. Le università, i centri di ricerca e le aziende tecnologiche devono diventare luoghi di dialogo tra saperi scientifici e umanistici dove ingegneri e filosofi, scienziati dei dati e studiosi di etica lavorano fianco a fianco per plasmare il futuro dell’AI.

Inoltre, è cruciale democratizzare il dibattito sull’AI, coinvolgendo un ampio spettro della società nelle decisioni che plasmeranno il nostro futuro tecnologico. L’AI non può essere un dominio esclusivo di una ristretta élite tecnocratica, ma deve essere oggetto di un dialogo sociale ampio e inclusivo.

Conclusioni

L’era dell’AI ci pone di fronte a una sfida che è al contempo tecnologica, filosofica ed etica. Come Prometeo, siamo chiamati a essere audaci nella nostra ricerca di conoscenza e innovazione. Come Pigmalione, dobbiamo essere consapevoli delle profonde implicazioni etiche delle nostre creazioni. E come Narciso, dobbiamo imparare a guardare oltre il nostro riflesso, usando l’AI non per confermare i nostri pregiudizi, ma per espandere i nostri orizzonti.

Bibliografia

  1. Vallor, Shannon (2024): The AI Mirror – How To Reclaim Our Humanity in an Age of Machine Thinking. Oxford University Press, Oxford, UK.
  2. De Rossi Danilo Emilio e D’Ursi Annamaria (2014) For Every Thing There is a Season and a Time. . .: The Construction of a Humanoid. A Tribute to Vincenzo Tagliasco. Front. Bioeng. Biotechnol. 2:19. doi: 10.3389/fbioe.2014.00019.
  3. Asimov, Isaac (traduzione di Roberta Rambelli) (1963): Io, Robot. Bompiani Editore.
  4. Dick, Philip (traduzione di Riccardo Duranti) (2015): Ma gli androidi sognano pecore elettriche? Fanucci Editore.
  5. Chella, Antonio (2024): Coscienza artificiale: Claude 3 Opus e il tema dell’autoconsapevolezza delle macchine. Agenda Digitale .EU, 28 maggio 2024 https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/barlumi-di-coscienza-nellia-claude-3-opus-e-il-tema-delle-macchine-coscienti/
  6. Chella, Antonio (2023): Coscienza artificiale: l’ingrediente mancante per un’IA etica? Agenda Digitale.EU, 30 giugno 2023 https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/coscienza-artificiale-lingrediente-mancante-per-unia-etica/
  7. Vallor, Shannon (2016): Technology and the Virtues – A Philosophical Guide to a Future Worth Wanting. Oxford University Press, Oxford, UK.
  8. Chella, Antonio; Pipitone,  Arianna; Sullins, John, P. (2024): Competent Moral Reasoning in Robot Applications: Inner Dialog as a Step Toward Artificial Phronesis, in P. Wu, M. Salpukias, H-F. Wu, S. Ellsworth (eds.): Trolley Crash – Approaching Key Metrics for Ethical AI Practitioners, Researchers, and Policy Makers. Academic Press, London, UK.

[1] https://www.exmachinamovie.co.uk

[2] https://www.hbo.com/westworld

EU Stories - La coesione innova l'Italia

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