È possibile considerare un’Intelligenza Artificiale (IA) come un “creatore” e un “inventore” nel contesto del diritto industriale, rendendola così “titolare” di brevetti?
Già l’uso delle virgolette attorno ai termini “inventore” e “creatore” evidenzia le difficoltà linguistiche e concettuali che emergono nel tentativo di adattare categorie giuridiche consolidate a fenomeni innovativi come l’IA.
I termini “inventore” e “creatore”, tradizionalmente associati a soggetti umani capaci di pensiero originale e creativo, si trovano ora a dover essere riconsiderati in un contesto in cui la creatività e l’innovazione possono emergere anche da algoritmi e sistemi di intelligenza artificiale.
Questa questione va ben oltre gli esercizi di stile e si incarna in problemi concreti di rilevanza economica e sociale.
Infatti, l’Intellectual Property (IP), o Proprietà Intellettuale, anche nella declinazione industriale e non solo autoriale, è considerata un asset chiave nell’economia contemporanea.
I brevetti, come forma di IP, conferiscono un diritto esclusivo all’inventore su un’innovazione, offrendo un meccanismo per capitalizzare le idee e stimolare ulteriori investimenti in ricerca e sviluppo.
La posizione favorevole del Sudafrica
Tutto ciò si riflette nelle evoluzioni seguite al riconoscimento in Sudafrica del sistema di IA DABUS come inventore di un brevetto che rappresentano un argomento ancora divisivo, soprattutto considerando la non uniformità di questa decisione con quella di altri uffici nazionali.
L’acronimo DABUS sta per “Device for the Autonomous Bootstrapping of Unified Sentience”, un sistema AI creato da Stephen Thaler, un pioniere nel campo dell’IA e della programmazione, sostenuto inoltre dall’ Artificial Inventor Project.
Dal punto di vista giuridico, l’idea che un’intelligenza artificiale possa “inventare” è obiettivamente in radicale contrasto con la concezione tradizionale della brevettabilità, fortemente radicata nella legge e nella pratica giuridica.
Quest’ultima presuppone che solo un essere umano possa essere l’inventore e, quindi, detentore di un brevetto.
Si tratta di un caso molto emblematico, avendo stimolato un dibattito giuridico sulla nozione di inventore.
La posizione contraria del Regno Unito
Il Regno Unito, nel respingere la medesima richiesta di brevetto depositata in Sud Africa per DABUS, ha invece individuato immediatamente alcuni punti critici:
- Può un inventore non umano rientrare nella categoria di inventore secondo l’Act sul Brevetto (Patent Act)?
- In che modo può essere trasferito al richiedente il diritto alla concessione di un brevetto, che appartiene principalmente all’inventore o a chi ha effettivamente ideato l’invenzione? Ha il signor Thaler (proprietario DABUS, nda) il diritto di richiedere un brevetto preferibilmente a DABUS solo perché ne è il proprietario?
Queste fondamentali questioni, e il fatto che in paesi differenti si siano seguite linee di condotta diverse, accogliendo in alcuni casi il deposito del brevetto e in altri respingendolo, possono aiutarci a delineare dei principi generali relativi a queste questioni, che saranno sempre più di attualità.
Mentre in Sud Africa la registrazione è avvenuta senza troppe questioni collaterali, l’ufficio brevetti del Regno Unito ha come anticipato rifiutato la richiesta in maniera diretta: pur riconoscendo che il Patent Act risale a un periodo in cui non si poteva prevedere l’avvento di un sistema di intelligenza artificiale, la brevettabilità è riservata all’uomo, secondo le norme attuali e senza eccezioni.
Inoltre, il richiedente affermava di aver in ogni caso diritto al brevetto in quanto proprietario della Intelligenza Artificiale, DABUS, che ha creato l’invenzione.
Anche su questo punto, l’ufficio britannico è stato chiaro: non esiste una legge che permette il trasferimento dei diritti sull’invenzione dal creatore (la macchina, in questo caso) al suo proprietario, dato che la macchina non può possedere nulla di per sé.
Approfondendo un po’ l’analisi, e incorporando elementi legati allo sviluppo dei singoli paesi, non sembra improbabile che la decisione sudafricana sia stata guidata, non solo da interpretazioni giuridiche in senso stretto, ma da una visione che valuta con attenzione l’impatto economico reale.
Nel suo discorso sullo stato della nazione nel 2018, l’allora presidente Cyril Ramaphosa espresse l’importanza di sviluppare le capacità tecniche e innovative del paese, affermando: “La nostra prosperità come nazione dipende dalla nostra capacità di sfruttare appieno i rapidi cambiamenti tecnologici. Ciò significa che abbiamo urgentemente bisogno di sviluppare le nostre competenze nei settori della scienza, tecnologia e innovazione.”
Prospettive giuridiche in tema di intelligenza artificiale e brevetti
Pertanto, quella che è sembrata una scelta in contrasto con i principi legislativi che accomunano la maggior parte dei paesi del mondo, dovrebbe essere analizzata, e prospettata, non necessariamente in linea difforme con gli orientamenti attuali.
Proviamo per tempo ad ipotizzare gli eventuali outcome che potranno seguire.
Lo Status Quo: IA come strumento
Il principio generale, calato nella normativa dei singoli paesi, è che solo gli esseri umani possano essere riconosciuti come inventori.
In questa cornice, le invenzioni create da un sistema di IA potrebbe essere attribuite all’individuo o all’entità responsabile della creazione o gestione del sistema di IA. Questo approccio, tuttavia, non tiene conto delle capacità sempre più sofisticate dei sistemi di IA, che possono creare invenzioni in maniera autonoma, senza una diretta supervisione umana.
Riconoscimento dell’IA come inventore
Riconoscere l’IA come inventore, come nel caso di DABUS in Sud Africa, implicherebbe una riforma radicale del diritto dei brevetti a livello planetario.
Questa opzione solleva una serie di infinita questioni legali complesse, tra cui la definizione dei diritti associati all’invenzione.
Come Meshandren Naidoo, PhD Fellow presso l’Università di KwaZulu-Natal, ha si andrebbe contro la tesi radicata “inventorship comes with rights, which AI is not legally capable of possessing“.
Creazione di una nuova categoria di inventori
Un’opzione più equilibrata potrebbe essere quella di creare una nuova categoria di “inventori” specifica per l’IA generatrice. Questa soluzione permetterebbe di riconoscere il contributo dell’IA senza tuttavia concedere all’IA i diritti completi di un inventore umano.
Questo approccio, sebbene più plausibile, richiede comunque un approccio globale e quindi non di breve risoluzione.
Sistema di Licenze per le invenzioni AI
Un’altra opzione interessante sarebbe l’introduzione di un sistema di licenze per le invenzioni create, facilitando così l’accesso alle invenzioni create da IA e incentivando ulteriormente l’innovazione.
Questo sistema potrebbe essere gestito da un’agenzia o un organo di regolamentazione competente, che garantirebbe che le licenze siano concesse in modo equo e non discriminatorio
Esclusione delle invenzioni AI dalla brevettabilità
Infine, una delle opzioni più radicali sarebbe quella di escludere completamente le invenzioni create da AI dalla brevettabilità.
Questa opzione potrebbe rallentare o ostacolare lo sviluppo e l’adozione dell’IA nel campo dell’innovazione, e, seppur motivata da considerazioni etiche o pratiche, rischierebbe di non essere adottata uniformemente come accaduto nel caso del Sudafrica, con la previsione di conflitti su scala internazionale riguardo ai diritti di proprietà intellettuale.