L’Agenda digitale? “Un lungo elenco di principi giustissimi, ma poco attuabili nel concreto”. Andrea Lisi, presidente di Anorc, l’Associazione nazionale per gli operatori e responsabili della conservazione digitale, punta i riflettori sul rischio concreto, per l’Italia, di mancare ancora una volta l’appuntamento con la rivoluzione digitale. “L’Agenda è un concentrato di principi troppo generici e privi di regole tecniche specifiche, addirittura pericolosi se non vengono inseriti in una strategia che guardi con attenzione alle tematiche della certezza del diritto e della sicurezza informatica”. Ad oggi – segnala il numero uno di Anorc – mancano in Italia le regole tecniche sulla firma elettronica avanzata, sulla firma biometrica, sulla gestione elettronica dei documenti e sulla loro corretta conservazione digitale.
“Come si possono imporre alle PA e far digerire alle imprese concetti delicati e dirompenti come quelli relativi all’obbligatorietà della Pec (posta elettronica certificata, ndr), dei referti medici on line, della decertificazione se poi non si garantiscono approcci seri e rigorosi dal punto di vista giuridico-informatico, con forte attenzione alla costruzione di archivi digitali certi e autentici e tra loro interoperabili?”. Richiamando alcune dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti Barack Obama, Lisi sottolinea che “garantire certezza agli archivi digitali e database delle PA centrali e locali deve essere l’obiettivo primario”. E allargando l’orizzonte, il presidente di Anorc evidenzia tutta una serie di ostacoli sul cammino digitale italiano, lanciando il j’accuse nei confronti di chi – la politica – non ha saputo approfittare del Decreto Crescita 2.0 per impartire una svolta davvero radicale e mandare avanti progetti strategici. “L’Italia ha carenze infrastrutturali e una ancora non adeguata informatizzazione culturale nella cittadinanza e negli uffici pubblici. Eppure il Codice dell’amministrazione digitale (D. Lgs. n. 82/2005) prevede dal 2005 che i cittadini vengano alfabetizzati (art. 8) e i dipendenti pubblici adeguatamente formati (art. 13) nell’utilizzo degli strumenti informatici messi a loro disposizione. Il Decreto Crescita 2.0 in una delle sue prime bozze prevedeva una concretizzazione di questi articoli attraverso un utilizzo attento dei canali televisivi a livello nazionale, peccato che proprio questo articolo nella pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto sia venuto a mancare”.
Non basta dunque un modello normativo all’avanguardia nel settore della digitalizzazione documentale e nell’e-gov, riconosciuto ampiamente all’Italia a livello internazionale. “Nella foga di legiferare in materia con normative che spesso sono contraddittorie tra loro ci si dimentica dei principi che ormai dovrebbero essere radicati nel nostro ordinamento”. “Provo a fare un esempio nel settore sanitario. Una delle prospettive più interessanti della digitalizzazione documentale è sicuramente quella di rendere più efficiente e veloce il servizio sanitario nazionale. L’introduzione su vasta scala di strumenti come il fascicolo sanitario elettronico e la cartella clinica elettronica è una prospettiva affascinante. In questo campo, però, come negli altri interessati dal cambiamento digitale, non sempre la produzione normativa arriva puntuale a chiarire le modalità con cui introdurre e utilizzare i nuovi strumenti, ma si assiste a una sovrapposizione di leggi e provvedimenti a volte tra loro contradditori e molto spesso lacunosi”.
Nel caso specifico – spiega Lisi – il recente Decreto Crescita 2.0 all’art. 13 ha disposto che a partire dal 1° gennaio 2013, la conservazione delle cartelle cliniche possa essere effettuata anche solo in forma digitale. “Ma si può o si deve conservare in forma digitale la cartella clinica? A leggere il decreto sembra si tratti più di un’auspicabile possibilità che di un obbligo di legge. Inoltre, fissando la decorrenza di tale norma al 1° gennaio 2013 si lascia intendere che solo da allora sia possibile conservare esclusivamente in modalità digitale le cartelle cliniche. E tutte le operazioni di corretta conservazione digitale messe in opera fino a quel fatidico giorno? Non sono riconosciute come valide?” Sembrerebbe, quindi – evidenzia il presidente di Anorc – che nemmeno il Decreto Crescita abbia fornito soluzioni concrete alle molte difficoltà pratiche che devono essere sciolte per trasformare i processi di conservazione digitale dei documenti sanitari in realtà concreta. “Di esempi come questi ce ne sono tanti, troppi e l’Italia, che in Europa su queste tematiche potrebbe essere all’avanguardia, rischia di finire ultima perché non riesce ad imporre le sue ragioni, a causa della radicale mancanza di una strategia istituzionale unitaria e di regole tecniche che tardano ad arrivare ma sono necessarie per tradurre in concreto i principi generali della PA digitale che abbiamo iniziato a costruire dal lontano 1993”, sottolinea Lisi.
Da parte sua l’Anorc si impegna a spingere l’acceleratore sulla creazione di un contesto favorevole alla digitalizzazione: “Abbiamo inoltrato istanze specifiche in materia di pubblicità legale on line, di documenti fiscali digitali, assegno elettronico. E in materia di documenti sanitari, nell’attesa che vengano emanate le “Linee guida per la dematerializzazione della documentazione clinica in laboratorio e in diagnostica per immagini” – che si attendono inutilmente da anni – molti operatori del settore possono oggi già ‘adottare’ le indicazioni contenute nel documento “Cartella clinica elettronica ospedaliera. Indicazioni per un progetto sostenibile”, frutto degli studi di un gruppo di lavoro interassociativo organizzato da Aisis (Associazione Italiana Sistemi Informativi in Sanità, ndr), in collaborazione con Anorc e Clusit (Associazione Italiana per la Sicurezza informatica, ndr).