L’attuale legislatura europea ha tradito le aspettative in materia di regolamentazione del lobbying. Meglio stanno facendo, invece, alcuni singoli Stati come Irlanda, Paesi Bassi e Romania grazie al pressing della società civile. Ma l’esempio a cui l’Italia dovrebbe guardare, così come è stato chiesto al Governo dall’associazione Riparte il futuro, è quello della Finlandia, l’unico Paese ad aver reso disponibili pubblicamente gli incontri dei suoi rappresentanti con i portatori di interessi su base proattiva.
Registro della trasparenza, le promesse tradite
Jean Claude Juncker, presidente lussemburghese della Commissione, nel 2014 aveva fatto grandi promesse, presentando un pacchetto all’insegna della trasparenza che comprendeva un registro obbligatorio dei lobbisti per tutte e tre le istituzioni europee, Parlamento, Consiglio dell’Unione Europea e Commissione.
Un passo avanti significativo per Bruxelles – dopo Washington la seconda città al mondo per numero di lobbisti – in cui a regolare l’attività di rappresentanza di interessi sono soprattutto strumenti di “soft law”. Strumenti di trasparenza che variano a seconda dell’istituzione: le regole più rigide sono quelle della Commissione che vincolano Commissari e massimi dirigenti a incontrare esclusivamente i lobbisti iscritti nel registro, un form in cui tutti i portatori di interessi devono fornire informazioni relative al loro bilancio, alle attività di influenza messe in campo, alle persone che fanno parte del team di relazioni istituzionali.
I Commissari, inoltre, pubblicano l’agenda degli incontri con i portatori d’interessi, strumento utile a capire quali attori legittimamente cercano di influenzare il processo decisionale europeo e quali sono i dossier più sensibili in mano ai Commissari. Più blande le misure vigenti in Parlamento e Consiglio che hanno mostrato pesanti resistenze di fronte al tentativo di adozione di un registro unico della trasparenza.
Trasparenza vs libertà di mandato
Molti parlamentari – soprattutto membri del PPE – si sono opposti all’obbligo di incontrare solo i lobbisti registrati, invocando la violazione della “libertà di mandato”. Questa “invocazione” è apparsa fin da subito strumentale, percepita come una scusa per sottrarsi ai maggiori obblighi di trasparenza. Di questa opinione è anche Alberto Alemanno professore di diritto dell’UE all’HEC di Parigi. Chiamato in causa dal gruppo parlamentare dei Verdi europei per esprimere un parere legale sul tema, ha affermato: “La “libertà di mandato dei parlamentari” non è una libertà assoluta, ed è in realtà rafforzata, piuttosto che compromessa, dagli obblighi di trasparenza dell’attività di lobbying. Evidenzia inoltre che il registro delle lobby proposto è necessario per attuare gli obblighi di trasparenza esistenti previsti nei trattati dell’Ue”.
Infine, il Consiglio dell’Unione Europea – formato dai rappresentanti di governo di ciascuno Stato membro – seppur dichiarandosi favorevole all’approccio della Commissione sull’istituzione di un registro unico, ha sollevato delle questioni di carattere tecnico relative alla competenza a legiferare sul tema. In pratica, ha affermato che le disposizioni per la trasparenza degli incontri con i portatori di interesse non potrebbero essere imposte dall’UE ma dipenderebbero dalla scelte dei singoli Paesi.
Registro unico dei lobbisti, il niet del Consiglio dell’Ue
Il tentativo di adozione di un registro unico è quindi fallito sotto i colpi di veti e cavilli legali. Nello scorso mese di dicembre, in commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo, si sono discusse alcune modifiche al regolamento del Parlamento riguardanti la trasparenza degli incontri tra i parlamentari e i portatori di interessi. Una vittoria di misura, 11 a 10 il risultato della votazione, che ha garantito l’approdo delle nuove regole sulla trasparenza nella seduta plenaria del Parlamento europeo. Passaggio necessario per l’approvazione finale. Le modifiche proposte hanno trovato il sostegno trasversale dei Socialisti e Democratici, dei Verdi e della destra e sinistra radicale. I principali oppositori sono stati, invece, i parlamentari liberali dell’ALDE e quelli del Partito Popolare Europeo (PPE). Proprio il PPE – gruppo politico che può contare sul maggior numero di parlamentari- in occasione della Plenaria decisiva per l’approvazione delle modifiche, ha presentato una richiesta di voto segreto, finalizzata a tenere nascosti i nomi dei parlamentari contrari alle nuove misure. Nonostante ciò, le nuove misure sono state approvate nella seduta Plenaria del 31 Gennaio con 380 voti favorevoli. Grazie a questo risultato è diventato obbligatorio per i presidenti di Commissione e per i relatori dei dossier legislativi rendere pubblici gli incontri con i lobbisti.
Mentre per il Parlamento si è riusciti a ottenere qualche progresso, seppur di portata assai limitata, nessun passo avanti si è registrato per il Consiglio dell’Unione Europea, che rifiuta qualsiasi richiamo all’insegna della trasparenza.
Le pressioni sulle rappresentanze permanenti
L’attività dei lobbisti non si esaurisce però nei confronti di Commissione, Parlamento e Consiglio dell’Unione Europea. Le maggiori attività di pressione si concentrano nei confronti delle Rappresentanze permanenti: uffici di funzionari governativi che hanno il compito di fungere da raccordo tra gli Stati membri e le istituzioni comunitarie e che seguono tutti i dossier legislativi. Le rappresentanze preparano i lavori del Consiglio e compiono un’attività di negoziazione preventiva tra le posizioni dei Paesi dell’UE. Le decisioni in questa sede vengono spesso prese a porte chiuse e il contenuto degli incontri con i lobbisti resta opaco per la quasi totalità degli Stati membri. Grazie ad alcune richieste FOIA lanciate da organizzazioni della società civile a livello europeo, Irlanda, Paesi Bassi e Romania hanno di recente reso finalmente pubblici gli incontri con i lobbisti.
Finlandia, l’esempio da seguire
Solo la Finlandia ha deciso in modo proattivo di rendere disponibili pubblicamente gli incontri dei suoi rappresentanti con i portatori di interessi.
Quest’ultimo esempio ci fa ben sperare: anche grazie alle pressioni dal basso è stato possibile portare un piccolo miglioramento alle istituzioni europee. Per questo, forti delle circa 100.000 persone che hanno firmato la petizione di Riparte il futuro per fare luce sulle lobby in Europa, abbiamo chiesto al Governo italiano di comportarsi come quello finlandese. Imponendo al personale della nostra Rappresentanza permanente a Bruxelles di incontrare esclusivamente i lobbisti iscritti nel Registro per la trasparenza e rendendo noti tali incontri. Sarebbe un piccolo ma efficace segno di svolta prima delle prossime elezioni europee di maggio. E, soprattutto, in attesa che Roma introduca anche in Italia quelle misure che rendano aperto e trasparente il lobbying come da tempo invochiamo.