Circa mezzo milione di nuovi utenti al giorno, con picchi di traffico di 20milioni di accessi quotidiani. Sono i numeri di Gab, nuovo rifugio dell’ultra-destra dopo il blocco di Parler da parte di Amazon, Apple, Google e la chiusura di account Qanon e di suprematisti bianchi su Twitter, Facebook, in seguito all’assalto del Congresso Usa.
Altri social si presentano come Gab, MeWe e Rumble, e i radicali apprezzano da tempo VK, il social più usato in Russia. Ma Gab ha caratteristiche uniche, che contribuiscono a questa nuova sua popolarità. Al punto da segnare una svolta nel modo in cui il fenomeno dei gruppi radicali si esprime e si esprimerà su internet.
Le caratteristiche uniche di Gab
A differenza di Parler, non si presenta come una piazza neutra, ma esplicitamente orientato a favore di chi è a destra, nazionalista, sovranista, cristiano radicale. Tutto il resto lo considera il male, “satana” (letteralmente, scrive anche il suo fondatore, il texano Andrew Torba).
Gab è un mondo a sé, per i suoi contenuti, i gruppi che già dai titoli rappresentano una realtà separata, alternativa a quella ufficiale: le elezioni sono stati un furto, i democristiani sono Satana, i vaccini fanno male. Gli Stati Uniti sono un Paese comunista dopo la cacciata di Trump.
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Ma è a sé anche per la struttura tecnica autarchica. La battaglia per rimanere online deve avvalersi di alleati a tutti i livelli della infrastruttura: i server, le reti, i servizi di messaggistica, di posta, di invio SMS e così via debbono essere erogati da aziende che sposano l’ideologia del servizio. Che significa quel processo che da anni chiamo già Brand Partisanship.
I brand diventano partigiani e sposano una ideologia. Che sia pro o contro Trump. Per l’aggregazione social come si muoveranno politici radicali Probabilmente finanziando piattaforme vicine al loro modo di pensare, creando piattaforme di risonanza all’interno dei loro gruppi. Probabilmente non per singolo politico – la frammentazione sarebbe troppo ampia e non vi sarebbero sufficienti interazioni – ma sicuramente per aree politiche omogenee con stessi obiettivi.
Così, Gab nel 2018 era già stato bloccato – per i contenuti antisemiti in occasione dell’attentato di Pittsburgh in una Sinagoga – ma poi ha cambiato server e ora dichiara di usare i propri, dove sta per salire anche Parler. Ha deciso di ricostruire da zero una infrastruttura resiliente ai ‘democratici’, fatta di un browser dedicato, Dissenter, di applicazioni che non passano per gli Store, e per un servizio di social e di messaggistica. La loro intenzione è ricostruire l’intero stack, da zero, per una rete che definiscono ‘più libera’.
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Sempre più polarizzazione
Da una parte stiamo assistendo allo spostamento di un network identitario da una piattaforma, Facebook, a un’altra, Gab o MeWe, secondo un effetto trascinamento che può portare a svuotare da una certa tipologia di contenuti conservatori il social media di Zuckerberg. Dall’altra assistiamo ad una sorta di effetto “platform bubble” per il quale frequentare una specifica piattaforma di social media può assumere il significato di identificarsi politicamente e alimentare un ambiente di contenuti a tua misura, in cui ti riconosci e che ti corrispondono emotivamente.
Ci pare che l’adesione a nuove realtà come Gab, MeWe o Rumble rappresenti un atteggiamento di nicchia che costituisce una risposta al controllo visibile dei contenuti di Twitter e Facebook. È in pratica da quando è diventata più evidente la segnalazione di contenuti – ad esempio etichettandoli come problematici o segnando che alcuni erano stati rimossi o moderati- in occasione delle elezioni americane che abbiamo assistito ad una risposta da parte di utenti conservatori e inneggianti alla libertà di parola alla ricerca di spazi alternativi, più liberi e con meno controllo evidente.
Se vedremo l’ascesa di social media conservatori o se varrà la logica dell’essere presenti dove stanno la maggioranza delle persone (cioè i social media ormai consolidati) lo scopriremo nel medio periodo. Intanto assistiamo ad un consistente spostamento di gruppii di centro-destra come Read, dell’estrema destra come i Proud Boys o realtà come QAnon occupare nuovi social media caratterizzandone lo spazio con la loro presenza.
Quali conseguenze: una società divisa
Le conseguenze di tutto questo le aveva previste già molto bene Ezra Klein nel suo saggio Why we are polarized, dicendo che la polarizzazione porta al partigianato e che il partigianato può essere pensato come una mega-identità, con tutti i risvolti psicologici e comportamentali che ne derivano. Le piattaforme coltiveranno polarizzazione e sovra-polarizzazione, fino alla auto-radicalizzazione. E non è qualcosa che investe solamente la politica: le aziende devono essere pronte ad investire in un mondo di consumi e clienti polarizzati.
Bisognerà vedere che tasso di polarizzazione la società può sopportare prima di implodere; prima che ci siano altre azioni violente, come quella al Congresso Usa. Polarizzazione che da tempo (Cory Doctorow, 2017; Boccia Artieri, 2018) non è più tra parti politiche ma tra epistemologie; ossia tra diversi approcci al modo in cui si può giungere alla verità (come spiegato). Se in un Paese c’è un gruppo consistente di persone che crede in una realtà alternativa e ha una visione impermeabile al dibattito, al dubbio, la frattura nel tessuto sociale non potrebbe essere più grave.
Non sappiamo ancora quanto sia “consistente” questa fazione e quindi questa frattura. Ma certo è che si sta allargando, dopo la presa di posizione dei social contro questi gruppi e l’espulsione di Trump dal panorama mediatico-digitale e politico assieme.
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