L’intelligenza artificiale generativa (AI Generativa) sta ridefinendo, tra le altre cose, anche i confini tra la creatività umana e quella delle macchine. In un mondo sempre più digitalizzato, l’IA Generativa apre scenari inesplorati, mettendo in discussione il concetto di autorialità e di diritto d’autore.
Paesi come gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la Cina stanno cercando di adeguare i loro quadri normativi a questa nuova realtà, con ritmi e approcci differenti.
Nelle pieghe di questi cambiamenti si celano questioni fondamentali che potrebbero portare a conseguenze rilevanti in caso di mancata o errata regolamentazione. È quindi essenziale affrontare questi temi con consapevolezza ed equilibrio, per garantire una convivenza armoniosa tra progresso tecnologico e tutela dei diritti fondamentali.
L’intelligenza artificiale generativa e la creatività umana
Da sempre, l’Arte, declinata nelle sue diverse forme, rappresenta una delle virtù della specie umana. Essa, infatti, non è un fenomeno individuale, ma piuttosto collettivo. Quando un artista si esprime lo fa certamente per dare sfogo ad un’esigenza personale, ma nel creare un’opera d’arte, in buona parte dei casi, fa anche un regalo indiretto alla società, donando a chi ne fruisce un punto di partenza per una più vasta riflessione sulle complessità dell’animo umano o sull’epoca storica che si sta vivendo.
Ciò non viene certamente meno nella società dell’informazione del XXI secolo, tuttavia, la contemporaneità ci pone di fronte ad una grande novità nella storia umana. Ad oggi, infatti, nel momento in cui leggiamo un libro, ascoltiamo un discorso o guardiamo un’immagine non possiamo avere la certezza che a creare quell’opera d’arte sia stata la creatività umana.
Infatti, la potente branca dell’AI denominata AI Generativa, la quale ha visto un boom a partire dal biennio 2021-2022, sta rivoluzionando il settore del lavoro creativo, con sistemi come ChatGPT, Bard (Google), Stable Diffusion, Midjourney o DALL-E che, partendo da grandi dataset, riescono a produrre in pochi secondi nuovi contenuti di testo, immagini, audio o, in taluni casi, una loro combinazione.
Di conseguenza, la seguente domanda inizia a porsi in maniera insistente: ciò che viene prodotto dai modelli statistici che si celano dietro questi sistemi è un’autentica opera d’arte, potenzialmente coperta dal diritto d’autore, o piuttosto una rielaborazione della creatività umana dove il diritto d’autore finisce invece nel dimenticatoio? E, ancora, su quali dati dovrebbe essere consentito il training di questi modelli?
Il delicato rapporto tra AI Generativa e diritto d’autore
Midjourney è un algoritmo di intelligenza artificiale text to image, ossia capace di generare immagini in base a delle istruzioni di testo date. A tal proposito, forse qualcuno lo avrà già notato, mentre qualcun altro resterà stupito, ma l’immagine in copertina di questo articolo è stata generata usando proprio questo tool. L’illustrazione in questione s’intitola “Théâtre D’opéra Spatial” ed è il risultato degli input forniti dallo statunitense Matthew Allen al famoso sistema di AI Generativa.
Ciò che qui ci interessa è il tentativo fatto da Allen e dal suo team legale di ottenere il diritto d’autore sull’opera a seguito della vittoria che essa gli ha assicurato in un concorso organizzato nello Stato americano del Colorado, vedendosi tuttavia negare la richiesta in una sentenza che già sembra costituire un importante precedente.
Questa vicenda ci introduce al delicato dibattito riguardante il rapporto tra AI Generativa e diritto d’autore, che vede coinvolti giuristi, esperti del settore tech, artisti di tutto il mondo ma anche semplici appassionati.
AI e diritto d’autore: le posizioni dominanti
Volendo riassumere, le posizioni dominanti in questo scenario sono principalmente tre:
- Chi è a favore del diritto d’autore per l’AI Generativa: questa posizione sostiene che se nel processo generativo l’AI dimostrasse autonomia e caratteri simili a quelli dell’intelligenza creativa umana, dovrebbe essere trattata come un autore ed avere quindi diritti simili a quelli di un autore umano.
- Chi è contro il diritto d’autore per l’AI Generativa: al contrario del caso precedente, qui si pone l’accento sul fatto che i modelli come GPT- 4 o LLaMA siano semplicemente in grado di generare materiale individuando pattern e connessioni tra i dati che hanno a disposizione, non portando quindi a qualcosa di effettivamente creativo ed originale. Di conseguenza, l’output dovrebbe piuttosto essere di pubblico dominio o appartenente al proprietario dell’AI.
- Chi vorrebbe il diritto d’autore per chi addestra/fornisce gli input: quest’ultima posizione è forse quella più interessante, nonché quella che si applica al caso Allen – Midjourney esaminato sopra. L’idea è essenzialmente che il diritto d’autore dovrebbe essere attribuito a chi ha “plasmato” oppure “guidato” il processo creativo, quindi all’addestratore dell’AI Generativa oppure a chi ha fornito gli input che hanno portato alla singola creazione, in quanto l’output riflette le sue regole.
Quest’ultima visione pone sul piano una questione piuttosto spinosa, legata ai dati su cui i modelli vengono allenati. Se questi, come spesso accade, sono coperti dal diritto d’autore, cosa ne facciamo della tutela dell’industria artistica e della creatività umana nel momento in cui paventiamo l’ipotesi di riconoscere il diritto d’autore a chi ha guidato il processo risultante in un output di AI Generativa? Non a caso, negli ultimi mesi la categoria degli artisti ha iniziato a farsi sentire con forza sul tema.
Ad esempio, vale la pena citare la causa collettiva intentata negli Stati Uniti da Sarah Andersen, Kelly McKernan e Karla Ortiz contro Stable Diffusion, Midjourney e anche DeviantArt, che avrebbero “violato i diritti di milioni di artisti”, addestrando le loro IA con lo scraping (pratica che consiste nel navigare il web raccogliendo le informazioni di interesse per creare dei dataset) di circa 5 miliardi di immagini catturate “senza il consenso di chi le ha create”. Allo stesso modo, spostandoci in Europa, Getty Images, fra le più note agenzie fotografiche al mondo, ha avviato un procedimento legale sempre contro Stable Diffusion, rea, secondo Getty, di aver “copiato ed elaborato illegalmente milioni di immagini protette da copyright”. Qual è quindi l’attuale regolamentazione della materia? E soprattutto, chi ha ragione?
Stati Uniti e Unione europea a confronto
Rispondere alla domanda appena posta non è affatto facile, soprattutto alla luce del fatto che come spesso accade per tutte le tematiche legate all’innovazione digitale, il diritto risulta parziale ed in ritardo rispetto alla velocità di sviluppo dell’industria tecnologica. Tuttavia, guardare a cosa sta accadendo in campo giurisprudenziale può essere d’aiuto per orientarci.
Come anticipato sopra, nel mese di settembre 2023 l’ufficio per il copyright degli Stati Uniti ha negato la paternità di un’immagine creata con Midjourney al signor Allen, ovvero colui che aveva fornito gli input al sistema AI. A nulla sono serviti gli sforzi del suo team legale per dimostrare che Allen aveva apportato modifiche servendosi di tool di editing come Adobe Photoshop: nella sua decisione finale, l’agenzia ha spiegato come egli avrebbe potuto sì tutelare alcune parti dell’opera, ma non l’intera creazione, in quanto le tutele garantite dal diritto d’autore non si estendono all’intelligenza artificiale. Questa replica non rappresenta un unicum, ma piuttosto sembra rafforzare un consenso che si va diffondendo. Infatti, solo nel mese precedente, nell’agosto 2023, un giudice federale aveva già negato al ricercatore Stephen Thaler di poter fare ricorso contro una decisione simile dell’ufficio per il copyright statunitense, il quale aveva rifiutato il diritto d’autore per un’immagine generata da intelligenza artificiale tramite l’algoritmo Creativity Machine creato dallo stesso Thaler. Nella sua decisione, il giudice Beryl Howell ha ribadito come “il querelante non può indicare alcun caso in cui un tribunale abbia riconosciuto il diritto d’autore su un’opera originata da un’entità non umana“.
Sempre restando negli Stati Uniti, importante è nominare la tradizione legale del fair use, la quale sostanzialmente consente di superare la tutela del diritto d’autore per una serie di dati considerati di estrema utilità per la comunità a fini informativi e/o educativi, purché lo si faccia gratuitamente. Non a caso, due delle maggiori aziende a cui si appoggiano gli sviluppatori di modelli per sistemi di intelligenza artificiali sono l’americana Common Crawl e la tedesca Laion, che tecnicamente si definiscono no-profit. Tuttavia, la realtà dei fatti è che il loro business model è basato sull’estrazione di grandi quantità di dati online che vengono poi messi a disposizione in open dataset in cambio di un qualche tipo di contributo economico. Guadagnano, quindi, su materiale che hanno potuto mettere a disposizione gratuitamente e senza che qualcuno effettivamente imputi loro di aver violato la regolamentazione sul diritto d’autore. In pratica, il problema viene solamente spostato al passaggio successivo, quando oramai il sistema di AI Generativa ha utilizzato materiale coperto dal diritto d’autore e ci si chiede a chi effettivamente appartenga l’output.
Diversa è la situazione in Unione Europea, dove una simile tradizione di fair use non esiste, complicando la situazione per chi vuole operare su entrambi i mercati. Attualmente, la questione del diritto d’autore in UE è regolata dalla direttiva 2019/790, la quale sul tema dell’AI Generativa consente l’estrazione di dati dal web purché essi siano ottenuti legalmente – in sostanza, è lecito se il titolare del diritto d’autore sull’opera non ha espresso il proprio dissenso.
Inoltre, in ambito UE non si può non menzionare l’AI Act, ovvero il primo tentativo a livello globale di fornire una regolamentazione di largo spettro in materia di intelligenza artificiale. Al suo interno, vi è una clausola sul tema dell’AI Generativa che obbliga coloro che sviluppano sistemi di questo tipo a “rendere disponibili le sintesi del materiale protetto da copyright utilizzato per addestrare i loro sistemi”. Sebbene non vi siano dettagli sul contenuto di questi riassunti o sulle modalità di pubblicazione, sembra essere un passo utile a favorire la trasparenza e consapevolezza da parte degli artisti sull’utilizzo del loro materiale. Tuttavia, resta il dubbio di come potersi sottrarre a questo utilizzo una volta che un modello è già stato allenato con quello specifico contenuto.
Il caso cinese
Se l’Unione Europea è stata la prima al mondo a cercare di regolamentare l’AI nella sua interezza, la Cina è invece il Paese precursore per quanto concerne la legislazione dedicata strettamente all’AI Generativa.
Secondo Statista, il valore del mercato cinese dell’AI Generativa raggiungerà i 5 miliardi di dollari nel 2023, registrando un tasso di crescita annuale del 27,32% ed un volume di mercato di 30 miliardi di dollari entro il 2030. Alla luce di ciò, è facile comprendere come mai l’AI Generativa venga considerata uno dei settori chiave nel piano industriale cinese “Made in China 2025” che punta a far diventare la Cina un leader globale entro il 2030. Il Paese si quindi è mosso per garantire un alto controllo governativo nello sviluppo del settore, tramite il regolamento “Measures for Generative Artificial Intelligence Services” entrato in vigore nel mese di agosto 2023. Esso prevede che i contenuti prodotti dall’AI “abbraccino i valori socialisti” e che non suggeriscano nulla che “sovverta il potere dello Stato, che inciti alla divisione nel Paese o che mini l’unità nazionale”. Per quanto riguarda il diritto d’autore, dall’agosto 2023 non solo gli sviluppatori, ma anche gli utenti dei sistemi di AI Generativa dovranno garantire che i dati siano elaborati legalmente e nel rispetto di tutti i diritti d’autore pertinenti. Di fondamentale importanza è notare come queste politiche si applichino solo ai servizi disponibili al grande pubblico cinese. Pertanto, non rientrano in questo ambito i servizi di AI Generativa sviluppati e utilizzati da aziende, istituti di ricerca e accademici e altre istituzioni pubbliche, così come sono esenti le tecnologie destinate agli utenti al di fuori della Cina. In questo modo, grandi aziende cinesi come Tencent e Alibaba possono concentrare le loro risorse nell’implementazione di software di AI Generativa da distribuire in tutto il mondo senza dover rispettare regole stringenti. In sintesi, tutto ciò ci dimostra ancora una volta come l’assoluta priorità di Xi Jinping sia mantenere un saldo controllo sulla società cinese nonché l’ordine pubblico, garantendo al tempo stesso la crescita della potenza economica e geopolitica.
Conclusioni
In questo articolo si è voluto esaminare l’attuale dibattito sul rapporto tra AI Generativa, creatività umana e diritto d’autore, prendendo in considerazione lo scenario che si va delineando negli Stati Uniti, in Unione Europea ed in Cina.
In conclusione, il crescente uso di sistemi di AI Generativa nelle più disparate industrie non può e non deve essere fermato; la collaborazione tra creatività umana ed AI si sta infatti dimostrando una combinazione vincente per aumentare la produttività, ridurre i tempi ed i costi di diverse operazioni.
Tuttavia, il tema dell’utilizzo di opere d’arte coperte dal diritto d’autore per allenare i modelli statistici dietro ai sistemi di AI Generativa, così come la questione della paternità dell’output, sono materie che non possono essere sottovalutate e che devono anzi essere affrontate al più presto, pena l’acuirsi di una certa avversione verso questi tool da parte di tutti quegli artisti che si sentono minacciati nell’essenza del loro lavoro e della loro persona dall’inesorabilità della transizione digitale.