Viviamo in un universo che per la stragrande maggioranza è composto da forme di materia ed energia ignote. Allo stato attuale della nostra conoscenza, la miglior descrizione che ne abbiamo è data dal cosiddetto modello cosmologico di concordanza (concordance model).
Agli inizi del secolo scorso Edwin Hubble fece due scoperte che hanno rivoluzionato la nostra comprensione del cosmo. Ha scoperto per la prima volta che esistevano delle nebulae al di fuori della nostra galassia, e cioè che la nostra era solo una delle tante galassie nell’universo. E poi ha scoperto che queste galassie si allontanano sistematicamente da noi con una velocità che è proporzionale alla loro distanza, quindi più lontane sono e più si allontanano velocemente.
La costante di proporzionalità tra la velocità di recessione delle galassie e la loro distanza verrà chiamata costante di Hubble, uno dei parametri cosmologici che i cosmologi cercano di vincolare, che ha le unità dell’inverso di un tempo e che permette di determinare l’età dell’universo.
La relatività generale
La relatività generale di Albert Einstein ci ha permesso di descrivere come la massa e l’energia influenzano lo spazio e il tempo. Ci ha fornito le equazioni per spiegare le osservazioni di Hubble, permettendoci di descrivere la nascita e l’evoluzione del nostro universo. Einstein ha rivoluzionato la fisica all’inizio del secolo scorso, ed è ricordato dalla fisica moderna per la teoria della relatività ristretta e quella generale. Con quella ristretta ci ha iniziato ad insegnare che i concetti di tempo e spazio assoluti della fisica classica di Newton non erano sempre applicabili.
A velocità molto alte e prossime alla velocità della luce, due osservatori in moto relativo non osserverebbero lo stesso fenomeno alla stessa maniera. Mentre la percezione che abbiamo del tempo e dello spazio nel nostro sistema di riferimento non cambierebbe, anche se viaggiassimo a velocità prossime alla luce, non si può dire lo stesso per un osservatore esterno in moto relativo, che osserverebbe una dilatazione dei tempi e una contrazione delle distanze per fenomeni solidali al nostro sistema di riferimento.
Con la Relatività Generale, Einstein fa un ulteriore salto in avanti, la gravità non è più descritta come una forza, ma come una manifestazione della curvatura dello spazio-tempo per effetto di una massa. E la dilatazione dei tempi si verifica anche se fossimo in prossimità di una gravità intensa, come quella di un buco nero, che rallenterebbe il nostro tempo rispetto a quello degli abitanti della Terra. Questo processo di dilatazione dei tempi è verificato sperimentalmente misurando le differenze temporali tra orologi atomici che si muovono a velocità diverse o che sottoposti a diversa gravità (ne scriverò di più in un futuro articolo). Questa teoria riuscì a spiegare la precessione del perielio di Mercurio, che per effetto della maggior gravità del Sole risulta muoversi lungo una orbita che non si chiude, ha un’orbita a rosetta.
Pur includendo le perturbazioni di altri pianeti non si riusciva a quantificare questa precessione, la nuova teoria di Einstein ci riusciva! Ma una teoria che si rispetti non solo spiega ciò che non si riesce a spiegare, ma predice cose che non si conoscono. La teoria di Einstein predice l’esistenza di buchi neri, onde gravitazionali e lenti gravitazionali, che molti decenni dopo verranno scoperti e osservati con telescopi. La relatività generale è alla base della descrizione del nostro universo e della cosmologia moderna. Essa descrive il nostro universo come un substrato spazio-temporale, che può espandersi o contrarsi, facendo in modo che galassie al suo interno si allontanino o si avvicinino non perché abbiano un proprio moto, ma semplicemente perché vengono trascinati dall’espansione o la contrazione dello spazio-tempo. Un esempio che viene fatto per spiegare questo fenomeno si basa sull’immaginare che l’universo sia un palloncino che viene gonfiato. Disegnamo due punti sul palloncino, sono l’equivalente di due galassie. All’inizio i punti saranno vicini, ma se gonfiamo il palloncino la sua superfice si espanderà e quindi i due punti si allontaneranno. Un qualcosa di simile avviene nell’universo, e ci può far capire come dobbiamo percepire l’espansione dell’universo.
Diagramma che mostra l’evoluzione dell’universo e le sue componenti (fonte).
Universo in espansione e l’energia oscura
L’universo è iniziato con il Big Bang (circa 14 miliardi di anni fa). Quindi, è esistito un istante nel quale tutta la materia e l’energia dell’universo erano contenuti in una piccola regione. Poi si è espanso, e ha continuato a farlo sempre di più, formando i primi elementi atomici leggeri, le stelle, elementi più pesanti inseguito ai processi nucleari nelle stelle, fino a galassie e ammassi di galassie. Ad un certo punto, circa 5 miliardi di anni fa, le osservazioni che abbiamo effettuato ci hanno svelato che l’Universo ha cominciato ad accelerare. Se l’universo fosse fatto principalmente da materia, ad un certo punto l’attrazione gravitazionale avrebbe avuto il sopravvento portando l’universo a decelerare, ma non sta succedendo questo, l’universo accelera.
I cosmologi hanno quindi ipotizzato l’esistenza della cosiddetta energia oscura (che nella sua modellizzazione più semplice viene chiamata costante cosmologica), una componente di materia con la strana proprietà di indurre una forza che va nella direzione opposta della gravità, inducendo un’accelerazione nell’espansione dell’universo. Per far tornare i conti, per spiegare le osservazioni, non solo l’universo deve essere riempito da questa componente di energia misteriosa, ma anche da tanta materia che non vediamo, e che chiamiamo materia oscura, che tiene insieme tutto attraverso la gravità e permette di formare le strutture cosmiche (galassie e ammassi di galassie).
In particolar modo, chiamiamo questo modello di concordanza CDM (Lambda Cold Dark Matter, la si riferisce alla costante cosmologica), e una sua modifica immediata prevede la sostituzione della costante cosmologica con una componente di energia oscura. La storia della costante cosmologica è peculiare. Einstein la introdusse nella sua teoria per controbilanciare l’apparente espansione che emergeva dalle sue equazioni. Qualche decennio dopo, fu riutilizzata per spiegare proprio quell’espansione accelerata nella quale il fisico non credeva. La pressione che esercita la gravità della materia o la radiazione è positiva. Invece la costante cosmologica è descritta come una componente energetica con pressione negativa, pari -1 moltiplicato per la sua densità. Ma poi furono ipotizzate alternative alla costante cosmologica, che rientrano nei modelli di energia oscura, caratterizzate da una pressione negativa ma con forme e proprietà più complicate.
Questo universo in cui viviamo è composto per il 95% da qualcosa di oscuro, circa il 25% dalla suddetta materia oscura, e per circa il 70% dall’energia oscura. Soltanto il 4-5% è costituito da stelle, gas e polveri, e cioè la componente di materia che meglio conosciamo, fatta da protoni ed elettroni, che tangibilmente possiamo toccare attorno a noi, e che vediamo attraverso la luce che emette. E sebbene la descrizione di questo 4-5% sia ancora complicato, perché richiede la conoscenza molto dettagliata di processi quali la formazione stellare e la frammentazione delle nubi di polveri, che ancora non comprendiamo appieno e con la necessaria risoluzione spaziale, circa il 95% dell’energia nell’Universo è oscura, incognita, sotto forma di energia e materia delle quali non conosciamo proprietà, natura e origine.
Le osservazioni che ci hanno condotto a questo modello
Abbiamo scritto che questo modello descrive le osservazioni, facciamo la lista completa?
Espansione accelerata
Da quello che si evince dal testo precedente, l’espansione accelerata misurata dalla osservazioni è stato il primo campo di prova. Nel 1998 due gruppi distinti di ricerca, studiando supernoave molto lontane, arrivarono alla conclusione che l’universo stesse non solo espandendo, ma anche accelerando. I due gruppi furono anche premiati con il Premio Nobel per la fisica. Altre osservazioni hanno confermato questa accelerazione.
Radiazione di fondo
Un’altra prova fondamentale dell’attuale modello è la descrizione della cosiddetta radiazione di fondo cosmico della luce, rilevata attraverso misure nelle microonde, che pervade l’intero universo, misurabile in qualsiasi direzione osserviamo. Scoperta per puro caso nel 1965 da Penzias e Wilson, rappresenta la luce residua delle fasi iniziali dell’Universo, che con il passare delle epoche cosmiche si è raffreddata, raggiungendo una temperatura di circa 2.7 gradi kelvin, cioè 2.7 gradi sopra lo zero assoluto. Il modello cosmologico attuale riesce a spiegare le sue caratteristiche e quindi la sua natura omogenea su larghe scale e le sue anisotropie, che si sono generate da disomogeneità nel plasma primordiale. Nello studio di queste disomogeneità hanno avuto un ruolo fondamentale alcuni satelliti che si sono susseguiti negli ultimi anni: la missione NASA COBE che riportò i primi risultati agli inizi degli anni 90, ottenendo il Nobel. Seguirono tra gli altri BOOMERanG, WMAP e PLANCK.
Radiazione di fondo cosmico (fonte)
Abbondanza degli elementi chimici
Il modello riproduce anche l’abbondanza degli elementi chimici leggeri, come idrogeno, elio e deuterio, formatisi nelle fasi primordiali dell’universo. La branca che si occupa dello studio di questi processi si chiama nucleosintesi primordiale, si crede che questa fase sia avvenuta nei primi minuti dopo il Big Bang.
Le strutture nell’universo
Grazie a potenti supercomputer, capaci di fare calcoli complicatissimi in tempi umani, siamo capaci di costruire universi simulati, da confrontare con quello reale. Queste simulazioni cosmologiche basate sul corrente modello di concordanza permettono anche di riprodurre la struttura a larga scala dell’universo, la rete cosmica delle strutture, la formazione di galassie e ammassi di galassie, con una precisione notevole.
Questo modello è il meglio che abbiamo, che si è mostrato all’altezza di riprodurre svariati set di osservazioni, dalla radiazione di fondo cosmico, alle distanze delle supernovae o di altre sorgenti lontane. Ma gli astronomi cercano sempre nuovi tipi di osservazioni da combinare a quelle precedenti per poter vincolare ulteriormente i parametri del modello: il contenuto di materia ed energia, le proprietà dell’energia oscura, l’età dell’universo. Tra questi il telescopio spaziale Euclid, lanciato nello spazio il primo luglio scorso, rappresenterà, grazie all’area coperta e la qualità delle immagini che riprenderà, uno strumento unico per combinare il lensing gravitazionale al clustering delle galassie per studiare l’espansione dell’universo e il suo contenuto energetico. Assieme a 3 colleghi ho parlato di cosa riuscirà a fare questo nuovo telescopio nel seguente articolo: Telescopio Euclid: così farà luce nell’energia oscura dell’Universo.
Le domande che ancora restano
Alcuni associano la necessità di utilizzare queste componenti oscure, necessarie per poter far funzionare il tutto, a quanto fecero i fisici di qualche secolo fa con l’etere, e cioè quella sostanza che si riteneva necessaria per poter far propagare la luce, che invece, come sappiamo oggi, si può propagare anche nel vuoto. È pur vero che anche su scale galattiche e di ammassi di galassie, per far tornare le cose, per poter spiegare la dinamica di stelle e gas, o delle galassie negli ammassi, e per poter spiegare l’effetto di lensing gravitazionale, c’è bisogno di una componente di materia mancante, ma tanti dubbi restano.
Nei laboratori questa particella di materia oscura non è stata ancora osservata, e nessun candidato sembra essere all’altezza, e lo stesso si può dire dell’energia oscura. Ci sono molte evidenze che vi sia una massa mancante e un’energia mancante, che abbiamo descritto con queste componenti oscure, ma se ne potrebbe fare a meno?
Fino al momento in cui non avremo escluso o confermato con rivelatori di particelle l’esistenza di queste particelle, alcuni ricercatori lavorano per trovare delle alternative alla Relatività Generale. Alcuni provano a modificare la teoria di Einstein, altri cercano di partire da paradigmi diversi. Lo scopo è quello di vedere se delle teorie superiori a quella di Einstein possano descrivere l’universo senza il bisogno di quelle componenti oscure, ma siamo ancora lontani dall’avere una risposta certa.