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Ma anche il mobile internet sviluppa le competenze digitali

Ormai, tra app e browsing, non possiamo più ritenere che le navigazioni su cellulare danneggino lo sviluppo di conoscenze o la diffusione del fisso. Ecco perché

Pubblicato il 30 Gen 2015

Rossella Lehnus

Director at Deloitte Financial Advisory

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Come possiamo raccontare la vita online ai net evaders? Come possiamo spiegare cosa si fa in rete a coloro che pensano di non averne bisogno? L’immagine della QMEE registra le cose che accadono in rete in 60 secondi, stuzzicando gli interessi di qualunque luddista tecnologico: ci scambiamo 138.8 milioni di email, scarichiamo 5 milioni di video e scriviamo 4,7 milioni di posts su tumblr. avviamo 2,66 milioni di ricerche, downloadiamo 15mila canzoni, twittiamo 433 mila volte, facciamo 25mila transazioni su Amazon e 16,6 mila su walmart, carichiamo 67mila foto su instagram, ecc.

Nel 2020 il 90 per cento delle popolazione mondiale sopra i sei anni di età avrà un proprio telefono mobile secondo l’Ericsson mobility report di novembre 2014. Un dato che si può rischiare di sottovalutare perché è noto che, anche in Italia per esempio ci sono più SIM di persone, e che la penetrazione globale del mobile è del 95 per cento, con un primato europeo se ponderato al numero degli abitanti. La previsione di Ericsson, invece, ha un portato rivoluzionario importante, poiché mentre le sottoscrizioni a servizi di banda larga fissa sono costanti dal 2010 e lo saranno anche per tutto il decennio, quelle mobili – soprattutto da smartphone – registrano una crescita impressionante: 0,5 miliardi di sottoscrittori nel 2010, arrivando a 8 miliardi nel 2020.

La critica a questo trend è priva di fondamento: ovvero che la richiesta di banda larga mobile essendo trainata dalla diffusione di smartphone (con una penetrazione che oggi è del 45% e che diventerà del 60% nel 2020), non si traduce in un incremento delle competenze digitali. In altre parole, chi è smartphone only potrebbe limitare la propria presenza in Rete all’uso di social network per i quali certamente non varrebbe la pena lo sforzo di tanti Governi.

In realtà, se è vero che a trainare questi ritmi sia ovviamente la connessione dati, questa, comunque si aggiunge, e non cannibalizza il traffico voce sul mobile e nemmeno il traffico dati sul fisso che, infatti, rimangono costanti negli anni. Considerando le tre modalità di accesso ai servizi broadband: “solo mobile”, “mobile e fisso” e “solo fisso”, quel che è incrementata significativamente negli anni è la percentuale di popolazione che ha sottoscritto servizi di connettività sia sul mobile sia sul fisso. Quindi, in altre parole, non solo la navigazione via smartphone si aggiunge e non si sostituisce a una presenza in rete più strutturata, ma anche la stessa navigazione mobile only è oggi, molto articolata e variegata.

La nostra vita può, dunque, spostarsi online per quasi tutto, come dimostra l’immagine della GMEE, e lo può fare anche attraverso uno smartphone: ora è solo una questione di qualità della vita. E l’indice di qualità on line si misura in capacità infrastrutturale. Con connessioni poco performanti, anche le attività che potrò compiere in rete non potranno alimentare la creatività delle startups, non incoraggeranno le imprese a innovarsi e non potranno soddisfare l’utente. Alla conquista dei nuovi mondi ci si deve andare con navi adeguate e marinai con esperienza: se i nostri marinai non possono fare pratica probabilmente non riusciranno ad essere competitivi. Se, infatti, la concorrenza fra gli operatoti di rete si gioca sui prezzi invece che sulla qualità, abbiamo come risultato la rete più lenta d’Europa con prezzi d’accesso competitivi, ma che non valgono più di quello che offrono.

Il ruolo pubblico in questo mercato, quindi, deve saper premiare la qualità dell’infrastruttura, mantenendo una posizione tecnologicamente neutrale e colmando i naturali squilibri d’offerta fra i territori.

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