Si discute molto e da tanti anni circa l’impatto che i social network hanno sui soggetti in età evolutiva e, soprattutto, sugli adolescenti. Non senza un certo moralismo ma anche con una legittima preoccupazione, se ne sottolineano i rischi a proposito dello sviluppo del cosiddetto online brain e dei cattivi incontri che si possono fare in rete fra pornografia, sexting, cyberbullismo e dipendenza da Internet a scapito dei legami offline.
La comunicazione da molti a molti
In un precedente articolo, pubblicato il 22 ottobre 2020, scrivevo delle quattro epoche della comunicazione.
Sul lettino con i social: la pratica psicoanalitica nell’era digitale
In effetti, i social network costituiscono una delle forme emblematiche della cosiddetta quarta rivoluzione della comunicazione. La terza rivoluzione della comunicazione concerne l’epoca “tele”: telegrafo, telefono risalenti all’Ottocento per poi giungere non soltanto alla radio ma anche e soprattutto alla televisione. In questi casi, specialmente con gli strumenti radiotelevisivi, la comunicazione a distanza avviene da uno a molti. Per stare su termini fondamentali della filosofia greca, l’Uno comunica con il molteplice. Vi è un certo autoritarismo in questo e l’Istituto di Ricerche Sociali di Francoforte (con autori come Erich Fromm, Herbert Marcuse, Theodor Adorno e Max Horkheimer) aveva infatti studiato il ruolo della propaganda che le società totalitarie e dittatoriali imprimevano sulla moltitudine del popolo.
La quarta rivoluzione, portata innanzi da Internet e compiuta dai social network non concerne soltanto la possibilità di comunicare in un istante in tutto nel mondo, nel world wide web il cui acronimo è il www. dei motori di ricerca. Concerne anche una democratizzazione del rapporto con il sapere e con l’apprendimento. La circolazione delle informazioni non va più dall’Uno al molteplice, non ha più molto a che fare con l’Uno volto a impartire diktat a molti. Come si coglie palesemente sui social, nei quali proliferano gruppi fondati su un interesse comune, un intero gruppo può far circolare un messaggio che viene poi ampiamente commentato e rilanciato dai membri del gruppo o da altri ancora. Molti comunicano con molti altri, in una nuova forma della moltitudine.
Alcune ricerche su social e adolescenti
Si parla tantissimo e si scrive molto sull’argomento ma non sono frequenti le ricerche dettagliate sull’argomento, tali da andare oltre un’opinione, una doxa o persino una vulgata. Fra queste, va segnalata una sistematica review a firma della Professoressa Jenna Christofferson della University of St. Thomas in Minnesota. Risale al 2016 e comprende 15 studi relativi all’impatto dei social network sullo sviluppo sociale ed emotivo degli adolescenti. Per adolescenti, in questa ricerca, si intendono i teenagers che vanno dai 12 ai 18 anni. Fra questi, il 95 per cento è dotato di connessione online e un 80 per cento frequenta assiduamente i social. I dati sono relativi agli Stati Uniti ma abbiamo motivo di ipotizzare che quelli italiani se ne discostino ben poco.
Tre erano gli ambiti indagati a proposito dell’impatto dei social network sugli adolescenti: lo sviluppo sociale, lo sviluppo emozionale e lo sviluppo scolastico.
I ragazzi beneficiano dei social a livello del dispiegarsi delle relazioni sociali. Evidentemente, a questa età, si dimostrano particolarmente rilevanti i social di cittadinanza come Instagram, Snapchat, Tik Tok e lo stesso Facebook in quanto in grado di fornire un’identità singolare e relazionale. Tramite i social instaurano legami di amicizia oppure hanno occasione di coltivarli e rafforzarli; inoltre traggono dalle stories e dai profili degli esempi di vita sperimentata dai quali imparano come relazionarsi, soprattutto con l’altro sesso. Diversi fra gli studi riportati dalla suddetta review rilevano come i social network abbiano sostituito quello che era nei decenni scorsi il ruolo del telefono nell’instaurazione dei legami. Molto meno valore hanno a questo proposito social funzionali come Trip Advisor.
Tra i fattori critici a livello delle relazioni sociali, vi è l’eventualità di subire episodi di cyberbullismo e di sottovalutare i rischi di pratiche come quelle del sexting, dimenticando che proprie foto o video intimi inviati a fidanzati possono venire divulgati in un altro momento secondo le modalità del revenge porn.
Sul piano dello sviluppo emozionale, i social network dimostrano di avere una loro funzione, relativa alla sperimentazione e alla scoperta della vita affettiva. A questo proposito, ampia rilevanza sembrano assumerla i punti di riferimento trovati negli influencer che divengono una sorta di modello con il quale identificarsi nel percorso di ricerca della propria identità, da sempre tipico degli adolescenti in fase di separazione dai propri genitori. Gli influencer prendono oggigiorno il posto tradizionalmente rivestito da attrici e attori, da alcune modelle, da calciatori e veline, da cantanti e chitarristi, in un’area di passaggio fra l’amore edipico per i genitori e il futuro amore adulto per i coetanei. Gli influencer sono peraltro in grado di posizionarsi su dispositivi come YouTube oltre che sui social di cittadinanza e di produrre in modo ricorrente video con una forte presa su una certa fascia di età.
Per portare giusto alcuni esempi, si va dalla coppia di youtuber siciliani Luigi Calagna e Sofia Scalia (i celebri Me contro Te) con un enorme seguito fra i bambini a Gabriel Weiss detto Gabby il quale propone commenti circa famosi videogames a misura di adolescenti. Pure i Two Players One Console sono molto noti per i videogames; questi due youtuber sardi – anch’essi fidanzati – si chiamano Stef (Stefano Sergio) e Phere (Veronica Palla). Stef & Phere portano parecchi contenuti; infatti hanno tre canali: Stef&Phere, Two Players One Console e TOPC Plays dove si fanno vedere mentre giocano a Roblox, un videogame apprezzato soprattutto dai più piccoli, e a Minecraft, un altro videogioco molto noto a livello internazionale. Portano reaction ai video di Tik Tok e provano misteriose app definite maledette dove ci sarebbero persone che spiano i giocatori e, giunti al livello 100, li rapirebbero. Citiamo poi Marta Losito, teenager veneta con diversi libri all’attivo e ora impegnata nel ruolo di Sara nella serie Marta e Eva, in onda sulla RAI, che sta riscuotendo grande successo fra i preadolescenti. Significativo è il fatto che Marta Losito, molto radicata su Instagram e Tik Tok, non ha mai attivato un profilo Facebook considerato un social per adulti. Su questo, tutte le ricerche confermano che gli adolescenti preferiscono Snapchat, WeChat o Vine vissuti come più spensierati e divertenti del social inventato da Mark Zuckerberg. Senza dubbio, Facebook apre dibattiti e discussioni anzitutto nei gruppi cui si partecipa sulla scorta di specifiche aree di interesse; Sanpchat, Tik Tok e Instagram si basano maggiormente sulle immagini, i video e le brevi stories che rimangono visibili soltanto per 24 ore.
Come è stato sottolineato dalla psicoanalista parigina Marie-Hélène Brousse, la posizione dello psicoanalista si pone al rovescio di quella di un influencer: l’analista, anziché porsi come modello che influenza la personalità degli analizzanti, ascolta quello che loro dicono aiutandoli a far emergere la propria posizione singolare di soggetto.
Per quanto concerne l’apprendimento scolastico, la review cui ci riferiamo sottolinea l’importanza di comunicare fra coetanei quanto all’esecuzione dei compiti e alla costruzione di lavori di gruppo in una prospettiva antiautoritaria che supera appunto la comunicazione verticale da uno a molti, tipica delle lezioni frontali. D’altro canto, due studi riscontrano il notevole livello di distrazione dalle lezioni indotto dall’utilizzo dei social tanto da non capire effettivamente gli argomenti discussi a scuola. Inoltre, quando l’attività sui social diviene frenetica e si protrae ad esempio per oltre quattro ore al giorno, dopo le lezioni, vengono meno i tempi e anche le energie psicofisiche per applicarsi nello studio.
Molto interessante è una ricerca a firma di Joseph Firth, John Torous (direttore della divisione di psichiatria digitale in un ospedale di Boston) e diversi altri autori australiani, europei e americani sul cervello online, il cosiddetto online brain. Pubblicata nel giugno 2019 su un’importante rivista come World Psychiatry, giornale ufficiale della World Psychiatric Association, studia come crescere e vivere nel mondo online possa influenzare la capacità di attenzione, i processi di memoria e le relazioni sociali. Viene suggerito un parallelo fra le modificazioni indotte sull’attività elettrica del cervello o sulla soggettività dall’apprendimento di una seconda lingua nei primi anni di scuola, riscontrate con metodi di neuroimaging, e l’apprendimento dell’uso di un computer. La plasticità neurale che permette delle modificazioni si dimostra più accentuata nell’infanzia e maggiormente inceppata in età adulta in un modo peraltro affine a quanto già sosteneva Freud a proposito della viscosità della libido negli anziani. Per questo il bilinguismo determina spesso una facilità di apprendimento linguistico ardua da eguagliare in età più avanzata. Analogamente, la posizione soggettiva dei nativi digitali si disgiunge risolutamente da quella degli immigrati digitali che hanno iniziato a usare Internet a sviluppo ultimato.
Gli effetti benefici o nocivi di internet
Vari studi sembrano indicare che l’utilizzo di Internet può determinare effetti benefici oppure nocivi, anche in base alle diverse sfaccettature di ricorso al web. Effetti avversi o benefici che sono dunque ancor più incalzanti con i bambini e con gli adolescenti, in età evolutiva.
Questa ricerca si focalizza su tre effetti di Internet su tre settori diversi: attenzione; memoria e conoscenza; cognizione sociale.
A proposito di attenzione, uno studio del 2012 a firma di K. Purcell e altri sottopone un’intervista a insegnanti statunitensi; ben un 87% di essi sostiene che le nuove tecnologie creano una generazione facilmente distratta e con bassi livelli di attenzione. Si instaura una tendenza a utilizzare vari dispositivi secondo modalità multitasking (per esempio, navigare sullo smartphone, consultare la posta elettronica sul computer e ascoltare la televisione contemporaneamente) svolgendo ciascuna attività in modo poco approfondito, appunto senza molta capacità di concentrazione. Tutto ciò potrebbe indurre un deficit d’attenzione. Tuttavia, altri studi riscontrano invece una maggior capacità multisensoriale in coloro che sono abituati al multitasking mediatico.
Per quanto concerne la memoria, la diffusione di Internet ha cambiato anzitutto il modo di reperire informazioni rendendolo molto più veloce e attendibile. La facilità nell’accedere alle informazioni online inciderebbe sulla memoria riducendola in modo analogo a quello che avviene nei bambini dotati di calcolatrici per far di conto i quali avrebbero difficoltà nell’eseguire anche semplici operazioni aritmetiche tanto da sviluppare problemi di discalculia. Diversi minori ricorderebbero dove recuperare dei fatti anziché i fatti stessi. Delicata appare la situazione dei bambini nei primi anni di vita situati spesso davanti agli schermi, nei periodi critici per lo sviluppo del cervello. Questi studi dimostrano, del resto, che le capacità cognitive verrebbero intaccate soprattutto in persone caratterizzate da uno stile di pensiero poco analitico e non in tutti.
Infine, sul versante sociale, contrariamente a quanto sarebbe forse intuitivo pensare, vengono riscontrate poche differenze fra le dinamiche di amicizia online e offline. Sia in presenza che nel web, le ragazze costruiscono una rete di contatti lievemente più ampia rispetto a quella dei ragazzi. Adolescenti e giovani hanno un circuito di amicizie più ampio delle persone di mezza età: questo vale tanto in presenza quanto in rete. Tanto in presenza quanto sui social si instaurano degli strati gerarchici relazionali che vanno da un ristretto gruppo di amici più stretti sino a semplici conoscenti con i quali si mantiene un contatto; in questi termini pare che i social servano soprattutto a evitare il decadere delle amicizie nel tempo e il venir meno di qualsiasi contatto. Questi dati relativi al legame sociale sono forse quelli maggiormente affini alla teorizzazione di Luciano Floridi il quale propone il concetto di onlife come superamento della distinzione fra online e offline. La metafora di Firth, Touros e altri su questo punto è allora la seguente: un nuovo campo di gioco per lo stesso gioco. Noi diremmo che gli adolescenti giocano al gioco di separarsi dalla propria famiglia.
Fra le ricerche più inquietanti vi è invece quella pubblicata su Clinical Psychological Science da J. M. Twenge e altri ricercatori statunitensi. Essa riporta un incremento di disturbi depressivi e di agiti suicidari in preadolescenti e adolescenti direttamente proporzionale all’aumento del numero di ore quotidiane trascorse sui social network.
L’inconscio degli adolescenti
Al cuore di tutte queste ricerche si trovano e rimangono il ruolo e il valore dell’amicizia. Del resto, un recentissimo sondaggio effettuato da Skuola.net in collaborazione con Polizia di Stato e Società Italiana di Pediatria, pubblicato in data 8 maggio 2021, ci informa che oltre la metà dei giovanissimi della nostra nazione trascorre attualmente oltre 8 ore al giorno in rete. Hanno risposto al questionario 6.500 adolescenti di 15-18 anni e 3.500 preadolescenti di 9-14 anni; per il 65% hanno risposto ragazze e soltanto per il 35% ragazzi. Fra le risposte relative alle attività svolte grazie ai dispositivi digitali, prevale quella del comunicare con gli amici che viene indicata nel 36% dei casi ed è seguita appunto dall’utilizzo dei social network che risulta preponderante per il 24%.
In effetti, nella frequentazione della rete, si tratta spesso di reiterare una serie precisa di passaggi secondo il codice binario che caratterizza l’asse del linguaggio anziché di parlare; si tratta di ripetere sempre lo stesso meccanismo anziché di proporre un proprio discorso. Le relazioni instaurate online, per esempio appunto sui social, risultano rapidamente instaurate quanto improvvisamente interrotte con una semplice rimozione dagli amici per il proprio account.
Queste ricerche eludono tuttavia le determinazioni che orientano la crescita e la formazione di un bambino verso l’adolescenza basate non soltanto sui pur importanti incontri con docenti e coetanei ma anche sulle linee tracciate nella propria storia infantile, soprattutto nel contesto familiare. Per questo, determinate esperienze avvenute sul web e specialmente sui social network avranno esiti diversi a seconda della posizione soggettiva di quello specifico ragazzo, per come si è andata organizzando negli anni precedenti. Sarebbe ingenuo attribuire troppa rilevanza alla frequentazione più o meno intensa dei social. Ricordiamo infatti che la ricerca in psicoanalisi è sempre una ricerca single case: ciascun caso ha la propria singolarità irriducibile.
In effetti, l’adolescenza costituisce il momento della separazione dai genitori e dalla famiglia volto a trovare una propria posizione nella vita. Mentre un bambino viene iscritto nel campo dell’Altro familiare e sociale (all’ufficio anagrafe, all’asilo nido, a scuola, al corso di nuoto, nella squadra di calcio o di volley), un adolescente tende a separarsi smarcandosi dai riferimenti familiari trovando nuovi riferimenti nei docenti come sostituti dei genitori ma anche nel gruppo dei coetanei. Per questo, infatti, gli strumenti digitali vengono utilizzati soprattutto per socializzare con gli amici e appunto sui social di cittadinanza.
Conclusioni
La review di queste ricerche sostiene vi siano sia rischi sia benefici nella frequentazione dei social network da parte di soggetti in età di sviluppo. Risulta però impossibile esprimere un parere definitivo sulla querelle relativa al buon o cattivo uso dei dispositivi digitali. Sicuramente il ricorso alla rete, accentuatosi anche fra i bambini e i preadolescenti in tempi di confinamento e di chiusura di scuole e attività sportivo-ricreative, svolge anzitutto una precisa funzione: quella di coltivare i legami con gli amici e di socializzare. Funzione evidentemente correlata al percorso singolare di separazione dalla famiglia che sta al cuore del compito evolutivo dei teenager.