“Dono di Dio”. Papa Francesco definì così Internet nel Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali, sottolineando come la rete possa “offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio”.
Il ruolo di Internet per l’uomo e per la collettività
Era il 2014 quando il Pontefice utilizzò questa espressione così potente.
Un’espressione che interrogava già all’epoca le Istituzioni nazionali e sovrannazionali sul ruolo che Internet ha per l’uomo e per la collettività. Proprio in quegli anni ebbi la responsabilità di un Ministero che, con l’arrivo della squadra per la trasformazione digitale guidato da Diego Piacentini, avviò un lavoro importante per la trasformazione digitale dei servizi pubblici; in quegli anni si posero le basi normative e operative per dotare il Paese di alcune delle principali dorsali immateriali che rappresentano oggi alcuni degli asset fondamentali su cui poggiano servizi pubblici digitali all’epoca impensabili. Da quegli anni in poi ho seguito con forte attenzione le evoluzioni e i temi in materia di trasformazione digitale delle nostre società e pochi anni fa sono stata tra coloro che hanno presentato una proposta di legge per inserire internet tra i diritti costituzionalmente garantiti.
Perché una proposta di legge per la protezione dei minori nell’uso dei social
Parto da qui perché la proposta di legge bipartisan che ho presentato insieme alla collega Lavinia Mennuni per la protezione dei minori nell’utilizzo dei social nasce da una piena e profonda consapevolezza dell’importanza della tecnologia nell’epoca che viviamo.
Quanto sia fondante per la nostra democrazia l’accesso libero alla rete va di pari passo con la protezione che le Istituzioni devono poter assicurare a tutti coloro che nella rete si muovono, a cominciare dai minori, coloro che prima di chiunque altro abbiamo il dovere di proteggere per assicurare loro uno sviluppo sano e consapevole.
Certamente, come ha scritto Riccardo Luna, dentro questa proposta c’è un quoziente rilevante di esperienza e preoccupazione come genitore di figli prossimi alla soglia dell’adolescenza. Ma non solo.
Per raccontare i razionali della proposta parto dai contenuti della stessa perché inevitabilmente il dibattito mediatico tende a semplificare molto i messaggi e i titoli con il rischio che si discuta più in astratto che nel merito delle proposte.
Vorrei in primo luogo sottolineare che la proposta è figlia di un lavoro istituzionale come componenti della commissione bicamerale infanzia e adolescenza e nasce proprio con l’idea di giungere a un testo di legge frutto di una condivisione trasversale tra maggioranza e opposizioni. È un punto di partenza importante perché aiuta a comprendere l’assenza di qualsiasi posizione pre costituita.
Verifica dell’età e protezione dei minori: i pilastri della proposta di legge italiana
I punti principali della proposta:
- age verification: occorre solo trovare, anche con un confronto fra Paesi e con le grandi piattaforme, le modalità tecniche migliori, con il presupposto che la responsabilità della verifica sia delle piattaforme;
- alzare l’età minima richiesta per stare liberamente su Internet e sui social da 13 a 15/16 anni;
- predisporre una funzionalità tecnica ben visibile sui siti e sui social per consentire facilmente a bambini e preadolescenti di fare una denuncia testuale o vocale immediata: possiamo chiamarlo numero d’emergenza;
- regolare i baby-influencer, almeno con regole simili a quelle del lavoro minorile off-line. Viviamo oggi il paradosso di baby-influencer di 5/6/7 anni che promuovono prodotti commerciali per i loro coetanei, quando già oggi i social sarebbero vietati sotto i 13 anni. Si pensi solo al fatto che lo youtuber più pagato al mondo nel 2022 aveva 9 anni e ha guadagnato 30 milioni di dollari. E’anche sempre più diffuso nel contesto del cosiddetto gaming un fenomeno nell’ambito del quale bambini e adolescenti vengono pagati per passare il proprio tempo a giocare ai diversi videogiochi ed essere premiati per i risultati conseguiti;
- rispettare la privacy e, per bambini e ragazzi, superare il modello di business sottostante che prevede che si utilizzino i servizi digitali e si acceda alle piattaforme digitali previa cessione ai fornitori di servizio dei dati personali.
Il problema della profilazione dei minori e la privacy online
La pubblicità online ad esempio è più efficace di quella tradizionale perché è indirizzata a soggetti targettizzati, selezionati dall’investitore pubblicitario sulla base di uno specifico profilo di consumo costruito naturalmente trattando i dati personali degli utenti in questione. Alle stesse tecniche si ricorre nella pubblicità politica e nella diffusione di contenuti di disinformazione. Profilare serve a capire gusti e orientamenti, il tema poi è amplificato con l’ingresso nel mondo digitale dell’intelligenza artificiale, sia predittiva che generativa. Già oggi il Digital service act vieterebbe la profilazione dei minori per finalità commerciali ma senza age verification avviene lo stesso nonostante il regolamento europeo: gli algoritmi nella migliore delle ipotesi ti profilano sui tuoi gusti di scarpe, nella peggiore identificano ad esempio un soggetto con un disturbo alimentare facendogli arrivare contenuti che lo allontanano dalla guarigione. La proposta interviene anche su questo, ovviamente il presupposto è che funzioni l’age verification.
I tre razionali alla base della proposta
Chiariti i pilastri fondanti della proposta, provo a rappresentarne i razionali che ne sono alla base e che vorrei sintetizzare in tre punti.
L’impatto della presenza massiva della tecnologia nello sviluppo dei bambini
Primo punto: l’impatto dell’avvento della presenza massiva della tecnologia nello sviluppo dei bambini. Il passaggio da infanzia e preadolescenza basate sul gioco a infanzia e preadolescenza basate sull’uso dello smartphone ha una conseguenza: il peggioramento della salute fisica e mentale dei figli. Questa è, in sintesi, la tesi avanzata, tra gli altri, dallo psicologo sociale Jonathan Haidt della Stern School of Business della New York University nel Volume “The anxious generation”: libro che ha guadagnato le prime posizioni nelle classifiche di vendita statunitensi. Una tesi condivisa da molti professionisti, anche europei. Una tesi che condivido. Esiste una crisi di salute fisica e mentale che riguarda le nuove generazioni dovuta anche a un uso prematuro, insicuro, inconsapevole di internet e dei social.
Questo punto è chiaramente oggetto di tantissime discussioni e naturalmente non pretendo di risolvere l’approfondimento che merita in queste poche righe. Riconosco l’esistenza di legittime posizioni contrarie che però sono ormai sempre meno, mentre aumentano le evidenze scientifiche circa la fondatezza della tesi di partenza. Persino Elon Musk, che certo non può essere tacciato di luddismo, ha consigliato ai genitori di “limitare l’uso dei social media nei piccoli perché sono strumenti pensati per massimizzare la dopamina” e dunque, conseguentemente, creare dipendenza.
Protezione dei minori online, una sfida globale
Secondo punto: è una sfida sociale collettiva. La soluzione a una sfida globale come questa non può pesare solo sulle spalle dei genitori che dovrebbero da soli fermare il mare con le mani. La trasformazione sociale è tale che mai come in questa partita ha poco senso richiamare il passato come esperienza su cui far leva per il futuro. È un punto fondamentale, occorre evitare drasticamente di cadere in forme di semplicistico “paternalismo” che rinviino il tutto alla responsabilità di modelli educativi delle singole famiglie con il risultato di lasciare i genitori soli, senza strumenti, ad affrontare un cambiamento globale. Sgombriamo dunque il campo: la colpa di un utilizzo distorto dei social non è e non può essere ricercata in valutazioni sociologiche sulla debolezza della generazione attuale dei genitori.
È necessaria un’azione congiunta tra istituzioni formative, legislatori nazionali ed europei, grandi piattaforme.
Diversi Paesi si stanno muovendo, anche la Commissione europea ha già aperto un focus per osservare più da vicino gli effetti di Facebook, Whatsapp, Instagram sui bambini e ragazzi. È dunque fondamentale che la regolazione di questa materia avvenga con lo sguardo ben attento al confronto e alle esperienze comparate e sovranazionali.
Servono regole all’altezza dei tempi
Terzo punto: la rete è una risorsa fondante per le nostre democrazie ma occorrono regole all’altezza dei tempi. Anche la libertà di movimento e di circolazione è un diritto fondamentale riconosciuto dalla nostra Costituzione, “salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza”. Non è una provocazione: le nostre società hanno imparato che ogni diritto necessita di perimetri e condizioni affinché sia esercitato pienamente, consapevolmente e senza che ciò arrechi danni a se stessi o a terzi. Per questa ragione è previsto che per circolare con l’auto occorra una patente e viene fissata un’età minima per poterla conseguire. Cosi come non è consentito a un minore di spostarsi liberamente, senza consenso o persino la vigilanza dei genitori in alcuni casi, da un luogo a un altro. Vale per la libertà di movimento, vale per moltissimi altri diritti e deve valere anche per l’accesso ai social, tanto più se, come credo, l’utilizzo della rete meriti di assurgere a diritto riconosciuto dagli ordinamenti.
La proposta per inserire in Costituzione il diritto a Internet
Come ricordavo poco sopra, sono prima firmataria anche di una proposta di legge costituzionale per inserire in Costituzione il diritto a Internet. Penso che Internet possa essere un fattore potente di uguaglianza ed emancipazione; ma è necessario un uso sicuro e consapevole perché la rete non nasce per i bambini! Si è aperta a loro solo in un secondo momento, essenzialmente nella dimensione commerciale.
Se un bambino non ha l’età minima richiesta per usare un servizio digitale lo si espone a ogni tipo di rischio. Siamo certamente una generazione di genitori iperprotettivi quando i nostri figli escono e poi li lasciamo in un luogo insicuro – seppur virtuale – inadatto a loro?
Ci vuole tempo per invertire questa pericolosa tendenza ma bisogna agire oggi. Anzi già ieri!