Come sappiamo l’Italia è relativamente arretrata rispetto ad altri Pasi occidentali. Finora è entrata nelle nuove tecnologie in modo provinciale e arretrato, con accesso legato a consumi di medio livello e in forme anche banalizzanti (salvo eccezioni). La maggior parte degli italiani sembrano Incapaci di affrontare i modi principali con cui il digitale sta innovando le società di altri Paesi.
Il primo errore che possiamo fare è considerare questo fenomeno in maniera a sé stante, come “ritardo tecnologico” e basta. In realtà è una delle tante espressioni del modo in cui l’Italia è stata dentro i processi degli ultimi 20 anni. Abbiamo abbandonato quella capacità di realizzare forme organizzative e luoghi di ricerca; di fare un salto di Paese che ci aveva reso un Paese industriale sui generis in grado di dire qualcosa in vari campi.
Passi in avanti si stanno compiendo, con l’Agenda digitale, ma questi processi sono già avvenuti da tempo altrove e ora si tratta di recuperare il ritardo. Quanto velocemente lo faremo, è da vedere.
Ciò detto, sono tre gli aspetti più rilevanti messi in moto dall’Agenda nella società italiana.
Prima di tutto la riforma della pubblica amministrazione. Secondo: l’Italia è un Paese di piccoli borghi, con problemi rilevanti di viabilità. L’Agenda sosterrebbe l’attività artigianale di questi Paesi. Terzo, la questione giovanile: si possono creare canali di partecipazione pubblica più aperti in una società che sappiamo chiusa e gerontocratica. Non ho aspettative palingenetiche. Non credo che il digitale possa fare meraviglie. La relazione tra pubblico e digitale è complessa. Il digitale frammenta e ricostruire la partecipazione è complesso. Più che un canale pubblico il digitale è un canale plurale, che può attivare percorsi molteplici professionali e di conoscenza di cui, senza il digitale, è difficile disporre.
Internet è una delle infrastrutture della società contemporanea, come le strade erano nei secoli scorsi. Si porta dietro alcune caratteristiche- è diversa dalla tv ovviamente; ma quello che gli attori possono fare con questa infrastruttura non è deterministicamente dato. Ha un doppia potenzialità. Per alcuni momenti- per condizioni che non competono a internet ma a fattori che competono agli attori in campo- può fungere da aggregazione. Ma l’altra potenzialità che porta con sé è la frammentazione delle comunità.
Così, se hai l’accesso a internet puoi fare cose nuove, se no sei fuori da questi processi. E’ una condizione di possibilità. Anche la tivù possiamo dire, ex post, che ha avuto ambivalenze. Non credo insomma che il sistema tecnico abbia nel suo dna un effetto deterministico sulla società e sulla vita delle persone.
Lo dimostra la Primavera araba, dove la comunicazione mobile ha permesso ai processi storici di prendere certi sviluppi. Senza quei mezzi avremmo avuto effetti diversi. Forse più lenti e forse, chissà, migliori, visto che la velocità di aggregazione a volte è contraria all’efficacia nel lungo periodo.
Internet è una disponibilità che si offre all’espressione di mutamenti sociali ed economici. Cambia la forma di espressione, e anche l’efficacia. La Primavera araba si sarebbe espressa con comitati civici, più lentamente, più gradualmente nello spazio. Non possiamo sapere se sarebbe stato più o meno efficace.
Ma bisogna prepararsi alla diffusione del digitale nella nostra società. L’immediata disponibilità di informazione dovrà portare per forza a rivedere i processi formativi e quelli di intelligenza collettiva (con cui prendere decisioni collettive in base a conoscenze condivise). Il nostro modo di conoscere, formarci e decidere è destinato a cambiare. Per questo motivo internet è un fattore di crescita e di sviluppo. In grado di innovare i processi sociali, economici e istituzionali di un Paese.
L’unica raccomandazione è non aver paura di questo strumento e saperne cogliere lo spazio di azione: internet, pur con la sua ambivalenza, prima la si incontra meglio è. Questo è vero a livello sia soggettivo (penso i bambini) sia collettivo (per l’intera società).