Dopo l’AI generativa è il momento dell’AI autonoma. Il progressivo conferimento di autonomia agli strumenti di intelligenza artificiale sta ridefinendo il ruolo della tecnologia all’interno dei processi decisionali e operativi.
Un ruolo che vede la trasformazione dell’AI da semplice strumento di supporto a vero e proprio attore semi-indipendente, con sistemi in grado di pianificare, agire e prendere decisioni senza bisogno di input continui da parte dell’utente. Manus, sviluppato in Cina, è uno degli esempi più attuali di questa evoluzione.
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Il valore strategico di Manus e l’approccio cinese
A differenza dei Large Language Model (LLM) come ChatGPT di OpenAI o Gemini di Google, progettati per generare testo e rispondere alle richieste dell’utente, Manus è un agente AI, ossia un sistema capace di eseguire compiti articolati in modo autonomo, suddividendoli in sotto-task, assegnandoli a moduli specializzati e gestendo l’intero processo, inclusi eventuali errori e impedimenti, senza supervisione diretta.
Tale capacità di operare in autonomia trasforma i servizi di intelligenza artificiale da semplici assistenti a operatori digitali proattivi. Manus non aspetta istruzioni per eseguire un’attività, ma individua problemi, analizza il contesto e agisce di conseguenza. Non è un chatbot che risponde a domande, bensì un’entità digitale in grado di lavorare su obiettivi complessi, integrandosi con strumenti avanzati e operando in background senza bisogno di monitoraggio umano.
Oltre al suo valore tecnologico, Manus rappresenta un segnale del crescente ruolo della Cina nell’intelligenza artificiale autonoma. Mentre le aziende occidentali si muovono con cautela nello sviluppo di agenti AI, preoccupate da rischi normativi ed etici, la Cina ha adottato un approccio più aggressivo, accelerando il rilascio di tecnologie sperimentali sia nel mercato interno sia in quello esterno. Una strategia che potrebbe dare al paese un deciso vantaggio competitivo sul palcoscenico mondiale.
Cosa è Manus e perché è diverso dagli altri sistemi AI
L’architettura di Manus non è solo quella di un agente AI, ma di un sistema multi-agente altamente specializzato. Questo significa che non opera come un unico modello centralizzato, ma come una rete di agenti collaborativi, ciascuno con competenze specifiche, capaci di suddividere un compito complesso in sotto-attività, assegnarle a moduli dedicati e orchestrare l’intero processo senza supervisione diretta dell’utente. Se un LLM tradizionale eccelle nel generare risposte linguistiche coerenti, Manus è progettato per prendere decisioni, adattarsi in tempo reale al contesto e interagire con sistemi esterni per eseguire operazioni avanzate.
Dal punto di vista tecnologico, Manus combina modelli open-source e proprietari, tra cui Claude 3.5 Sonnet di Anthropic e varianti dei modelli Qwen di Alibaba, ma la vera innovazione sta nel modo in cui questi modelli sono coordinati tra loro attraverso un sistema di memoria contestuale e decision-making autonomo. Grazie all’integrazione con 29 strumenti digitali al momento del lancio, Manus può eseguire script, operare su API, navigare il web, raccogliere dati, analizzare informazioni e implementare azioni concrete.
A differenza di altri agenti AI, che spesso necessitano di interazione continua per funzionare correttamente, Manus opera in modalità asincrona e persistente. L’utente può affidargli un compito e chiudere il dispositivo: Manus continuerà a elaborare nel cloud, monitorando autonomamente il progresso delle sue attività e notificando il risultato una volta completato.
Un altro elemento distintivo è la sua capacità di ragionamento a più livelli. Se gli si chiede, ad esempio, di trovare un appartamento in una città, non si limita a restituire un elenco di annunci immobiliari come farebbe un LLM con accesso a database, ma incrocia dati su criminalità, infrastrutture, trasporti, prezzi di mercato e preferenze implicite dell’utente. Questa capacità deriva, oltre all’accesso a dati esterni, da un vero e proprio processo di selezione e ottimizzazione delle informazioni, che porta a suggerimenti mirati e personalizzati.
Chi c’è dietro Manus
Manus non è il risultato di un colosso tecnologico tradizionale, ma di “Monica”, una startup cinese con una traiettoria atipica rispetto alle aziende di Pechino o Shenzhen. Monica, fondata nel 2022, ha iniziato come un semplice plug-in per browser – una sorta di “ChatGPT per Google” – prima di evolversi in un agente AI avanzato. La crescita dell’azienda è stata rapida, passando da un piccolo progetto finanziato da ZhenFund a una società che ha attratto investimenti da giganti come Tencent e Sequoia Capital China, raggiungendo un valore stimato di quasi 100 milioni di dollari alla fine del 2024.
A guidare questa trasformazione è il fondatore e CEO Xiao Hong, un imprenditore pragmatico, più interessato alla scalabilità del business che alla ricerca pura sull’intelligenza artificiale. Xiao ha iniziato la sua carriera sviluppando strumenti per WeChat, ottenendo il suo primo successo con Weiban Assistant, un tool di gestione per aziende che ha guadagnato rapidamente popolarità dopo la chiusura del suo principale concorrente nel 2020. Dopo la vendita di Weiban a Minglue Technology, Xiao ha deciso di puntare sull’AI, fondando Monica con un approccio focalizzato sul product-market fit, piuttosto che sull’inseguire lo sviluppo di modelli fondamentali.
A differenza di altre aziende AI cinesi, Monica non si è focalizzata sul mercato interno, scegliendo invece una strategia orientata all’estero. Come ha dichiarato lo stesso Xiao: “Gli imprenditori cinesi di oggi dovrebbero essere più aggressivi nella globalizzazione. Dobbiamo partecipare alla competizione globale, non solo a quella che conosciamo bene.”
Xiao Hong ha chiarito che questa scelta è stata dettata sia da motivazioni economiche sia geopolitiche: il mercato AI occidentale è più ampio e più redditizio, mentre la Cina tenderebbe a favorire solo aziende selezionate per l’addestramento di LLM su larga scala. Manus, infatti, non si posiziona come concorrente diretto di OpenAI o Google sul piano dei modelli, ma come un wrapper altamente ottimizzato per integrare e orchestrare le capacità di diversi modelli esistenti. Xiao ha dichiarato apertamente che il suo obiettivo non è contribuire al progresso dell’AI, bensì costruire un prodotto commerciale scalabile e in grado di monetizzare dati e insight provenienti dall’interazione degli utenti. Questo spiega la scelta di un lancio su invito con codici di accesso venduti a prezzi esorbitanti, una strategia che ha generato un forte effetto di esclusività e hype mediatico.
A differenza di aziende come DeepSeek, il cui discorso è ancora legato alla competizione nazionale per la supremazia nell’AI, Manus rappresenta un modello di imprenditoria più flessibile e meno ideologizzato, focalizzato sulla scalabilità e sull’adattamento alle richieste globali.
Perché la Cina è in prima linea in questa evoluzione dell’AI
Al di là delle intenzioni del fondatore, Manus è un altro prodotto di successo nato dall’ecosistema AI cinese. Negli ultimi due anni, la Cina ha accelerato lo sviluppo di modelli AI di alto livello, sfidando la superiorità tecnologica di OpenAI, Google e Meta. DeepSeek-R1, il modello linguistico cinese che ha dimostrato capacità avanzate di ragionamento rispetto ai prodotti di OpenAI, è stato il primo segnale di questa inversione di tendenza. Manus rappresenta un ulteriore passo avanti: non è solo un modello AI avanzato, ma un sistema di agenti autonomi.
A dimostrazione della rapida crescita del settore AI in Cina, un recente studio del Center for Strategic and International Studies (CSIS) di Washington ha evidenziato come il divario tra Stati Uniti e Cina nello sviluppo dell’intelligenza artificiale si sia ormai ridotto drasticamente. Secondo il rapporto, è ormai “irrealistico aspettarsi un vantaggio superiore a uno o due anni” per gli Stati Uniti, anche con le ben note restrizioni sulle esportazioni di chip e tecnologie critiche. Il rapporto del CSIS suggerisce che la Cina stia compensando i limiti dell’industria domestica dei semiconduttori con investimenti strategici, un forte supporto statale e collaborazioni nel settore open-source.
Anche il rapporto “State of AI: China – Q1 2025” di Artificial Analysis, uscito all’inizio di quest’anno, evidenzia i rapidi progressi dell’industria cinese dell’intelligenza artificiale, confermando come i principali laboratori cinesi abbiano quasi colmato il divario rispetto ai modelli di frontiera statunitensi. Negli ultimi mesi del 2024 diversi modelli sviluppati in Cina, non solo DeepSeek R1 ma anche le soluzioni di Alibaba, hanno raggiunto livelli di intelligenza paragonabili a quelli dei modelli statunitensi. Inoltre, i modelli con capacità avanzate di ragionamento, introdotti da OpenAI nel terzo trimestre del 2024, sono stati rapidamente replicati dai competitor cinesi.

Figura 1: Il gap fra modelli USA e modelli cinesi si sta rapidamente chiudendo. Fonte: Artificial Analysis
Tuttavia, molti sono concordi nell’affermare come il futuro della leadership cinese nel settore AI verta sulla capacità di risolvere i limiti dell’industria domestica dei chip, ancora dipendente da fornitori esteri per le tecnologie più complesse. Finora le restrizioni statunitensi sull’esportazione di semiconduttori avanzati, pur limitando la velocità di crescita di aziende come Huawei e SMIC, hanno rallentato, senza però riuscire a fermarla, la spinta dell’ecosistema AI cinese. Se la Cina riuscirà a superare questi ostacoli con innovazioni alternative o con l’acquisizione di hardware critico attraverso canali secondari, il vantaggio competitivo delle aziende occidentali nel settore potrebbe ulteriormente ridursi nei prossimi anni.
L’impatto sul mercato del lavoro e sulla sicurezza aziendale
Parlando di agenti autonomi, è necessario tornare sull’impatto che tali innovazioni avranno nel mondo del lavoro. L’introduzione di agenti AI autonomi come Manus rischia di esacerbare le perplessità sul futuro delle professioni e sulla forma che queste potrebbero prendere nei prossimi decenni. Finora, l’AI è stata da molti percepita come sostitutiva del lavoro umano, cosa che ha fatto emergere una narrativa più bilanciata che descrive l’intelligenza artificiale come uno strumento a supporto dei lavoratori. Manus, tuttavia, non sembra fatto per affiancare tout-court il lavoratore, ma potrebbe arrivare a sostituirlo in una vasta gamma di attività cognitive. Lo stesso si potrà dire di altri agenti AI che arriveranno sul mercato in futuro. Ciò potrebbe avere un impatto immediato su settori come customer service, finanza, marketing e analisi dati, riducendo la necessità di operatori umani. Un impatto che non si vedrà tanto sotto forma di licenziamenti di massa, tranne alcuni casi di alto profilo, quanto in una progressiva e meno appariscente riduzione delle nuove assunzioni, rendendo il mercato del lavoro più selettivo e competitivo.
Il rischio di sostituzione non riguarda solo le mansioni più ripetitive, ma anche compiti che fino a oggi richiedevano un alto grado di competenza umana. Se Manus dimostrerà di essere affidabile nel prendere decisioni complesse, molte aziende potrebbero adottarlo per ottimizzare i processi decisionali, riducendo i costi operativi e aumentando l’efficienza. Un’automazione che, se applicata su larga scala, potrebbe portare a una riduzione della domanda di lavoro qualificato, con conseguenze ancora difficili da prevedere.
Dal punto di vista della sicurezza, a fronte della maggiore autonomia degli agenti e della supervisione umana sempre più ridotta, ci si interroga su come dovrebbero essere gestiti gli inevitabili errori. Chi è responsabile se un agente AI come Manus prende una decisione sbagliata che provoca danni economici? Quali sono i protocolli per intervenire in caso di malfunzionamenti? Il quadro normativo attuale, malgrado gli sforzi, non è ancora sufficientemente pronto per affrontare questi scenari. Le aziende che intendono adottare agenti AI autonomi dovranno sviluppare nuove strategie di controllo e mitigazione del rischio, ridefinendo i ruoli e le responsabilità all’interno delle organizzazioni.
Dove si colloca davvero Manus nel panorama dell’AI?
Nonostante l’entusiasmo generato dal suo lancio, alcuni esperti sollevano dubbi sulla reale capacità di Manus di mantenere le sue promesse. I primi test condotti da utenti selezionati hanno evidenziato problemi di stabilità e limiti nelle capacità decisionali. Inoltre, vale la pena ribadire come Manus non sia un modello AI completamente nuovo, bensì un sistema che si basa su tecnologie esistenti, rielaborate e combinate in un’architettura multi-agente.
Un altro aspetto critico è la scalabilità. Il team dietro Manus ha ammesso di aver sottovalutato la domanda, incontrando difficoltà nel gestire l’elevato numero di richieste. Se l’infrastruttura cloud su cui opera non sarà in grado di reggere il carico, il progetto potrebbe incontrare ostacoli nel passaggio dalla fase di test all’adozione su larga scala.
Infine, rimangono questioni aperte sulla trasparenza. Manus è un sistema chiuso e non è chiaro quali dati utilizzi per le sue decisioni. A differenza di DeepSeek, che ha rilasciato alcuni dei suoi modelli in open source, Manus rimane sotto il controllo esclusivo del suo team di sviluppo, sollevando dubbi sulla sicurezza e sulla protezione della privacy.
Punto di svolta o solo un’anticipazione di ciò che verrà?
Manus potrebbe essere per l’AI autonoma quello che ChatGPT è stato per l’AI generativa: una scossa capace di ridefinire percezioni e prospettive. Così come l’AI generativa esisteva già prima di quel fatidico 30 novembre 2022, data del rilascio di ChatGPT, gli agenti AI non sono certo una novità. Finora, però, è mancato quel servizio che concentrasse e raffinasse tali capacità in un’unica piattaforma accessibile e concretamente utilizzabile su larga scala. Se riuscisse a superare i limiti tecnici e infrastrutturali emersi nei primi test, Manus potrebbe ambire a colmare questo vuoto, dimostrando il potenziale reale degli agenti autonomi e accelerando la loro integrazione nei processi aziendali e quotidiani.
Tuttavia, restano interrogativi cruciali: Manus riuscirà a mantenere le sue promesse di autonomia e affidabilità su vasta scala? Saprà affrontare le inevitabili barriere normative – soprattutto nei mercati occidentali – che emergeranno non appena raggiungerà una notorietà paragonabile a quella di DeepSeek? E, soprattutto, quale sarà l’impatto di una tecnologia così avanzata sul mercato del lavoro e sulle responsabilità aziendali?
Se Manus si dimostrerà all’altezza delle aspettative, potrà segnare l’inizio di una nuova era in cui gli agenti autonomi non saranno più una sperimentazione di nicchia, ma una realtà diffusa e operativa. In caso contrario, rimarrà comunque una tappa fondamentale verso un futuro in cui l’AI smetterà di essere solo un assistente passivo e diventerà un vero e proprio attore indipendente.