Dopo aver appreso della decisione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella di affidare a Mario Draghi l’incarico per la formazione di un nuovo Governo di “alto profilo”, un amico mi ha chiesto: “Ma Draghi che ha 73 anni ci crede nel digitale? Tu ne sai qualcosa di come la pensa?” E allora, appurato che non ha un profilo Twitter e nemmeno Facebook (ma non essere presente sui social non significa proprio nulla) mi sono incuriosito per cercare il Draghi-pensiero sul digitale. E devo dire che le piacevoli sorprese non sono mancate.
La digitalizzazione è la nuova sfida
Il 31 gennaio 2017, Mario Draghi, da presidente della Banca centrale europea, a Bruxelles, ha parlato di Mercato digitale unico, sostenendo che “la digitalizzazione è la nuova sfida”. Queste le sue esatte parole
sull’argomento: “La digitalizzazione può rendere il processo del business più veloce, meno costoso e generalmente più efficiente”, ricordando che “essa può comportare rischi che devono essere affrontati”. Draghi ha poi sottolineato che la digitalizzazione è “una sfida importante” che riguarda “un fondamentale cambiamento che colpisce non solo l’industria finanziaria, ma l’intera società” e “il nostro modo di vivere”.
Smart working
Allora la mia curiosità si è rafforzata e sono andato a trovare un altro reportage del 18 agosto 2020.
Ospite al Meeting di Rimini, Draghi torna, in piena pandemia, sul tema imprescindibile del digitale: “Dopo l’accelerazione dovuta all’emergenza Covid-19 rimarrà una caratteristica permanente della nostra società. Negli Usa si stima che il 20% del lavoro si sposterà definitivamente dagli uffici alle abitazioni. L’accelerazione impressa dall’emergenza Coronavirus alla digitalizzazione della società è destinata a consolidarsi nei prossimi mesi e nei prossimi anni, e lo smart working rimarrà un elemento fondamentale delle nostre abitudini”. “La digitalizzazione, imposta dal cambiamento delle nostre abitudini di lavoro, accelerata dalla pandemia – afferma Draghi – è destinata a rimanere una caratteristica permanente delle nostre società.”
Innovazione e produttività
E ancora troviamo tracce di Draghi-pensiero in una conferenza del 13 marzo 2017 a Francoforte in collaborazione con il Massachusetts Institute of Technology (Mit). Qui Mario Draghi sottolinea come l’innovazione sia un processo fluido e diffuso. “La performance delle aziende capofila dell’Eurozona è alla pari con quella delle imprese in altre economie sviluppate, particolarmente nel settore manifatturiero. Invece le aziende più lente ad innovare, in particolare quelle nel settore dei servizi, hanno visto ristagnare la produttività. Sembra che, a contribuire ampiamente al rallentamento della produttività aggregata sia la mancanza di diffusione dell’innovazione. Questo è un problema di lunga data per l’Eurozona: una migliore adozione dell’ICT negli Stati Uniti sembra spiegare in buona parte il divario di produttività tra gli Usa e l’Unione europea dal 1995 al 2007. Per l’area euro è importante facilitare e incoraggiare la diffusione delle nuove tecnologie dalle imprese capofila alle aziende più pigre”.
Adattare le innovazioni alla realtà
Ma Draghi va ancora più a fondo con il proprio pensiero invitando a adattare le innovazioni alla propria realtà: “La crescita della produttività dipende in gran parte dall’innovazione e dall’imprenditorialità. Ma è molto di più del solo sviluppo e della sola applicazione dell’innovazione e delle nuove tecnologie in grado di potenziare o addirittura rivoluzionare i processi di produzione. Le nuove tecnologie inventate altrove devono essere adattate dalle aziende nell’ambito dei propri processi di produzione, per renderle più efficienti. In breve, evidenzio come la crescita della produttività non dipende solo dalla creazione di nuove idee, ma dalla loro diffusione”.
NextGenerationEu e rinnovamento delle tecnologie obsolete
Di recente, infine, Mario Draghi invita ad aggiornare le tecnologie obsolete “Quel che bisogna valutare è se un progetto è utile o no. Se supera certi test che riguardano il suo tasso di rendimento sociale, come anche nell’istruzione o nel cambiamento climatico, oppure è semplicemente il frutto di una convenienza politica e di clientelismo. Questa (il NextGenerationEu) è un’opportunità unica di investire in molti progetti di valore elevato. Se sono vecchi o nuovi non è importante, ciò che conta, e molto, è che il loro valore sociale sia dimostrabile. Lo è se per esempio aggiorna tecnologie obsolete, o se apre spazi produttivi in nuovi settori”.
Conclusioni
Non li avevo prima, ma dopo quanto ho letto e raccolto, i dubbi che Draghi non fosse attento alla crescita digitale sono più che fugati!
Anzi si comprende come Mario Draghi sia, e non da oggi, un convinto sostenitore dei processi di trasformazione tecnologica e del 4.0.