Può un social media per geek (il termine inglese che indica le persone interessata alla tecnologia, specialmente all’informatica e ai nuovi media), diventare improvvisamente mainstream? È quello che sta accadendo a Mastodon, attivo da circa sei anni, ma sommerso dalle richieste di iscrizione nelle ultime settimane quando, a seguito dell’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk, gli utenti in cerca di un’alternativa al social network fondato da Jack Dorsey hanno iniziato a scaricalo sui loro pc o dispositivi mobile.
Analogie e differenze tra Twitter e Mastodon
Secondo il suo inventore, Eugen Rocko, sviluppatore di software tedesco, nell’ultima settimana la piattaforma ha registrato oltre 230mila nuove iscrizioni, portando il totale degli utenti a circa 4,5 milioni.
“Stiamo lavorando 24/7 per potenziare i server di mastodon.uno, siamo già al quarto upgrade in 2 giorni, tutta la rete mastodon è sotto uno stress da migrazione senza precedenti” fanno sapere da Mastodon.
A prima vista la somiglianza tra Twitter e Mastodon è davvero notevole. Entrambi sono piattaforme di microblogging, ci sono i messaggi (Toots) che però possono arrivare fino a 500 caratteri, i followers, i re-tweet che si chiamano boost, si può rispondere, mettere like, condividere.
A differenza di Twitter ci sono i canali (che si chiamano istanza) ed ogni utente può iscriversi (ce ne sono su tantissimi argomenti), crearne uno, gestirlo o assegnargli regole di moderazione a piacimento.
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Cosa rende Mastodon completamente diverso dagli altri social
A livello tecnico però le differenze sono notevoli. Mastodon è una piattaforma open source, cioè il cui codice sorgente può essere modificato, o meglio migliorato, da chiunque. Il social non appartiene (ancora per quanto?) a nessuna grande big tech, non ci sono algoritmi che individuano le preferenze degli utenti per suggerirgli post da leggere e non ha nemmeno pubblicità.
Non c’è un server centralizzato, ma una rete di server federati tra loro. Se il successo di Mastodon dovesse crescere abituiamoci a sentir parlare di “Fediverso”.
Non parliamo di un aspetto secondario, anzi, ma di un approccio diverso rispetto a quello a cui siamo stati abituati finora. Invece di una big tech company che controlla la rete, decidendo come vengono utilizzati i dati degli utenti e cosa visualizzano i loro feed, migliaia di reti più piccole, o “server”, si assumono il compito di integrare gli utenti, impostare le regole e assicurarsi che le cose funzionino correttamente.
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Ogni rete è una community
Ogni rete è quindi una community, che ogni utente può aggiornare o lasciare mantenendo comunque i suoi followers, federata a Mastodon. Un universo federato, che oltre a tutti i server Mastodon, comprende anche altre applicazioni: PeerTube, simile a YouTube; Funkwhale, per ascoltare musica e podcast in streaming; Pleroma, motore di ricerca di microblogging; Writefreely, per la pubblicazione di articoli; Pixelfed, per la condivisione dei post e molti altri.
Il concetto di Fediverso è quindi una forma di decentramento: ciò significa che ci sono più servizi, invece di uno solo, che possono essere utilizzati da più persone. Sostanzialmente funziona in modo molto simile ai servizi di posta elettronica anche se con protocolli tecnici differenti.
Sono moltissimi quelli che hanno già affibbiato a Mastodon l’etichetta di alternativa etica a Twitter. Lo stesso Rochko, in un’intervista pubblicata su Mint, nel 2019, spiegava che le “inflessibili politiche contro l’abuso e la discriminazione” sono la differenza sostanziale tra la sua piattaforma e tutti gli altri social.
Il nodo della sostenibilità economica di Mastodon
È lecito però farsi alcune domande: come farà ad essere sostenibile – dal punto di vista economico – il social Mastodon? Non esiste un “padrone” né un socio di maggioranza, né proprio per l’architettura stessa della piattaforma nessuno potrà mai acquistarla. Una persona o un’azienda potrà controllare un server (nodo) ma non potrà controllarli tutti, anche perché è e sarà sempre possibile aggiungerne uno all’universo federato. Basterà il semplice crowdfunding per garantire sviluppo e continuità?
Inoltre, se con il Fediverso si riporta in auge il concetto di netizenship, cioè di una rete partecipativa, l’altra faccia della medaglia – su Mastodon – è che gli amministratori delle istanze hanno un grande potere sull’utilizzo della rete stessa e dei dati generati. Possono eliminare gli account in qualsiasi momento, conoscere l’indirizzo IP degli utenti (ricavarne quindi dati anagrafici), gli account e-mail e possono vedere i messaggi diretti che non sono crittografati.
Su Mastodon, quindi, potrebbe essere una singola persona a decidere se e quali regole applicare e come trattare i dati degli utenti a differenza di quello che avviene con le big tech che, nonostante i limiti, hanno veri e propri uffici dedicati al rispetto delle regole oltre che un canale di dialogo aperto e costante con le varie autorità nei diversi Paesi.
C’è da ricordare che gli amministratori delle istanze su Mastodon sono di fatto volontari che dedicano – alla gestione del server parte del loro tempo libero – e quindi potrebbero non poter dedicare molto tempo a gestire le richieste degli utenti o che, con ogni probabilità, non opporranno molta resistenza alle richieste dei Governi nel trasmettere di dati degli utenti.
Conclusioni
Tralasciando altri aspetti negativi sulla user experience, come ad esempio l’eccessiva moderazione dei contenuti della quale diversi utenti dell’ultima ora si stanno lamentando, Mastodon riuscirà a superare la popolarità di Twitter?
L’esperimento di App.net, qualche anno fa, fallì, ma da quel fallimento il fondatore di Mastodon ha dichiarato di aver tratto insegnamento.
Al momento, però, è molto difficile ipotizzare quale sarà il futuro di Mastodon, se potrà diventare l’alternativa a Twitter o se resterà una piattaforma di nicchia. Anche quando parliamo di web le abitudini degli utenti sono difficili da cambiare. Nel 2021 si diffuse, anche in Italia, la notizia (fake news per quanto riguarda l’Europa) che le regole di tutela della privacy su WhatsApp sarebbero cambiate rendendo il sistema di messaggistica meno sicuro per gli utilizzatori. Ci fu, nell’immediato, un susseguirsi di iscrizioni su Telegram (e su Signal) ma dopo poche settimane le alternative furono abbandonate per ritornare su WhatsApp.
Sarà così anche per Twitter?