Transizione sostenibile

Materie prime critiche: quali sono e le strategie Ue per rifornirsene

Inserirsi nel mercato di estrazione diretta, avviare partenariati internazionali, riciclare: sono tre le strategie davanti all’Unione Europea per l’approvvigionamento delle materie prime critiche, ovvero i materiali che servono alle transizioni digitale e green. Ecco l’analisi del Centres for European Policy Network

Pubblicato il 14 Ott 2022

Stefano Milia

Direttore esecutivo Centro politiche europee (CEP-Roma)

La geopolitica dei chip: l'impatto sulle filiere e le sfide del 2023

Dopo gli annunci per un’Alleanza europea per le batterie nel 2020 e il Chips Act nel 2021, quest’anno la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, nel suo annuale “discorso sullo Stato dell’Unione” del 14 settembre, ha scelto di evidenziare il futuro impegno dell’UE per affrontare la problematica delle “materie prime critiche”.

L’espansione delle tecnologie del futuro sta già creando una crescente domanda di specifiche materie prime indispensabili, che costituiscono il prerequisito per la trasformazione delle industrie UE verso la decarbonizzazione e l’automazione. In particolare, per quanto riguarda alcuni metalli non ferrosi si prevede una ulteriore forte crescita della domanda nei prossimi anni.

Chip e altre dipendenze strategiche dell’Ue: come possiamo affrancarci

L’Unione Europea deve affrontare la sfida di garantire l’approvvigionamento di questi materiali che possono quindi, per un buon motivo, essere definiti “critici”, poiché senza di essi l’UE non sarà in grado di raggiungere i propri obiettivi quali: divenire l’area geografica più di avanguardia del decennio digitale, nonché il primo dei continenti climaticamente neutrali.

In un recente “cepInput”, il think tank Centres for European Policy Network (CEP) ha esaminato il contesto attuale, i rischi e le opportunità di approvvigionamento e ha fornito alcune prime raccomandazioni per una strategia UE sulle materie prime.

Le materie prime strategiche e dove vengono estratte

Ragionando prevalentemente in termini di transizione digitale, in vari componenti della rete digitale, nei display, nei cavi a fibre ottiche e per il controllo automatizzato nei microchip, diverse “materie prime critiche” rivestono un ruolo fondamentale.

E per questo che l’analisi del CEP parte dall’identificazione, in particolare, di 12 materie prime giudicate particolarmente strategiche per l’impiego in determinati settori tecnologici (si veda figura 1); prosegue poi con una stima della domanda futura dei medesimi e della probabilità che ad essa non si possa far fronte in modo sufficiente senza un adeguato incremento di produzione.

Fig. 1: Estrazione e utilizzo di alcune materie prime selezionate

No.Materia prima (gruppo)Uso nelle tecnologie del futuro Ricavato principalmente da:
1GallioMicrochip a radiofrequenza, fotovoltaico a film sottileBauxite, minerali di zinco
2Germaniofibre otticheMinerali di Zinco
3GrafiteBatterie agli ioni di litio ad alte prestazioniRoccia metamorfica
4IndioTecnologia dei display, optoelettronica/fotonica, fotovoltaico a film sottileMinerali di zinco
5CobaltoSuperleghe, batterie agli ioni di litio ad alte prestazioni, batterie allo stato solido, combustibili sinteticiMinerali di rame, minerali di nichel
6LitioBatterie agli ioni di litio ad alte prestazioni, batterie allo stato solidoRoccia pegmatitica
7MGP (iridio, osmio, palladio, platino, rodio, rutenio)Combustibili sintetici, elettrolisi dell’idrogeno, celle a combustibile, centri dati sMinerali di platino
8ScandioCelle a combustibile, elettrolisi dell’acquaMinerale thortveitite
9Terre rareMotori elettrici, batterie a stato solido, centri dati, parchi eoliciComposti di minerali metallici
10TantalioSuperleghe, condensatori, microchip a radiofrequenzaMinerali specifici di tantalio
11TitanioLeghe per costruzioni leggere, batterie allo stato solido, elettrolisi dell’acquaMinerali di ferro di titanio (ilmenite), rutilo
12VanadioBatterie di flusso Redox, cattura e stoccaggio del carbonioMinerali di magnetite di titanio

Fonti: Marscheider-Weidemann et al. (2021); e vari rapporti DERA sulle materie prime. Tabella realizzata dal CEP

Il problema principale però risiede nel fatto che ad oggi tali risorse vengono estratte prevalentemente al di fuori della sfera d’influenza europea. Molti Paesi di origine poi non condividono gli standard ambientali e sociali europei e la situazione di approvvigionamento è spesso concentrata in un solo Paese o in pochi Paesi: il cobalto dal Congo, i metalli di platino dal Sudafrica o il litio, vanadio e le terre rare dalla Cina (si veda figura 2). Quadro che si complica e si restringe ulteriormente se si fa riferimento anche a tutte le lavorazioni successive all’estrazione stessa, necessarie per aumentare la purezza della materia prima e/o prepararla per l’utilizzo finale.

Fig.2: Quote di mercato dei principali produttori nel 2020

Fonti: USGS Mineral Commodity Surveys (2022); calcoli CEP. I calcoli si riferiscono in ogni caso alla produzione mineraria (estrazione). Eccezioni: Gallio, germanio e indio (produzione di metalli raffinati).

In un quadro così complesso, la Commissione europea non può prescindere da un approccio strategico che parta anche da una attenta preliminare valutazione del rischio, in cui però rientrano un gran numero di fattori, che vanno dall’instabilità politica e diffusione della corruzione nei paesi produttori alla sostenibilità ambientale e sociale dei processi produttivi nei diversi ambiti geografici.

Le tre strategie UE di approvvigionamento

Premesso questo, Andre Wolf, autore dell’analisi del CEP, riconosce principalmente tre strategie che potrebbero essere sostanzialmente seguite dall’Unione Europea nell’approvvigionamento di materie prime:

  • una strategia di sostegno pubblico all’estrazione delle materie prime in aree interne all’UE, che ha finora svolto un ruolo subordinato. Essa, malgrado non manchino anche alcune potenzialità, secondo lo studio, non appare essere la strada migliore, soprattutto per diverse ragioni economiche e di sostenibilità sociale;
  • la conclusione di più partenariati strategici internazionali, che, anche già nel breve termine, potrebbero portare benefici concreti e maggiore sicurezza negli approvvigionamenti. A quelli già in essere con Canada e Ucraina, potrebbero presto aggiungersi Giappone, Namibia, Norvegia, Serbia, Stati Uniti ed altri;
  • l’espansione delle capacità di riciclo, che più a lungo termine, potrebbe rappresentare la soluzione migliore. Sotto la definizione dell’urban mining”, le materie prime già presenti nei nostri apparecchi elettrici/elettronici possono e devono essere riciclate. Ciò richiede uno smaltimento adeguato, un sistema di raccolta e selezione efficiente ed un aumento del capitale investito. In generale, i tassi di raccolta e riciclaggio nell’UE dovrebbero essere aumentati in modo significativo per garantire l’uso circolare anche di tali materiali.

Verso il Critical Raw Materials Act

Il Piano d’azione UE del 2020[3] per le materie prime critiche mirava a rafforzare la creazione di valore a livello nazionale, a diversificare le catene di approvvigionamento ed a garantire la sicurezza delle forniture, senza però ancora indicare strumenti concreti e una chiara definizione delle priorità.

Ora la Commissione pare intenzionata a fare un salto di qualità annunciando il “Critical Raw Materials Act”, che dovrebbe definire meglio proprio le azioni concrete da intraprendere da parte delle istituzioni europee. Tra queste, ad esempio, l’istituzione di una Autorità europea per le materie prime, in grado di coordinare anche specifiche “Agenzie” nazionali e promuovere anche l’industria mineraria europea.

Ma l’aspetto del prezzo andrà sempre monitorato con molta attenzione e considerato nelle scelte future. La tentazione dell’UE di entrare direttamente anche nel mercato dell’estrazione di queste materie prime sembrerebbe anche un’importante componente della nuova filosofia generale mirata al raggiungimento di una maggiore “autonomia strategica”.

L’ingresso in tale mercato rappresenta però anche un rischio economico considerevole, soprattutto nel caso di minerali particolarmente rari, dove la concentrazione dell’offerta è stata finora molto elevata. I fornitori attualmente dominanti, infatti, saranno tentati di usare il loro potere di mercato per una guerra dei prezzi in risposta alla nuova nascente concorrenza dell’UE. Nel peggiore dei casi, l’UE sarebbe rapidamente costretta ad uscire poi di nuovo dal mercato ed i finanziamenti pubblici andrebbero sprecati.

Ciò non significa che l’Europa debba lasciare inutilizzato il potenziale di creazione di valore associato alle materie prime del futuro. Tuttavia, la posizione delle imprese dell’UE nella catena di approvvigionamento globale dovrebbe piuttosto basarsi sui vantaggi comparati dell’area economica, che nel caso delle tecnologie future, sono principalmente verso la fine della catena, cioè la lavorazione dei prodotti raffinati e il recupero delle materie prime dai prodotti finali.

Parallelamente l’UE dovrebbe lavorare su una strategia di stoccaggio delle materie prime critiche per mitigare gli attuali rischi di mercato.

Conclusioni

Pur non partendo da una posizione molto favorevole, il successo della trasformazione industriale dell’Europa non è quindi solo una questione di capacità tecnologica, ma anche di disponibilità di materie prime. Affinché la transizione dall’era dei combustibili fossili a un’era di produzione sostenibile e digitale abbia successo, è essenziale un accesso sicuro ad una serie di materie prime rare. Per garantire una buona posizione competitiva nelle tecnologie future è quindi necessaria una strategia europea di tipo globale per tali materie, che identifichi ed elimini gradualmente le dipendenze esistenti.

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