In attesa di comprendere se la promessa di Mark Zuckerberg di “una versione immersiva di internet, in cui invece di guardare qualcosa attraverso lo schermo saremo lì dentro, come se lo stessimo vivendo di persona”, vale la pena interrogarsi su alcune questioni relative al metaverso che promettono di diventare alquanto spinose. La prima riguarda la cultura.
Verso la nascita di pericolose sottoculture
La definizione classica di Tylor definisce la cultura come “quell’insieme complesso che include la conoscenza, la credenza, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo come membro di una società” e pare alquanto difficile che possa restare valida anche il un mondo oltre lo schermo.
Nel contesto del metaverso assume un ruolo centrale, anche se forse non ancora ben esplorato nelle sue implicazioni. Al fine di esemplificare la situazione possiamo prendere in considerazione il nostro avatar ovvero la nostra proiezione digitale. La questione presenta non poche implicazioni etiche, morali e giuridiche, ma senza entrare nel merito del suo statuto ontologico, domandiamoci come si configura un suo accidentale o deliberato danneggiamento.
La gestione della violenza nel metaverso
Per come viene presentato il Metaverso, l’avatar corrisponde alla nostra persona e il suo assassinio sarebbe socialmente e culturalmente inaccettabile. In realtà esistono sottoculture, come molte di quelle legate ai giochi on line in cui uccidere l’avatar altrui è non solo accettato, ma talvolta richiesto. Si potrebbe obiettare che esso, in quanto costrutto digitale, potrà essere successivamente ripristinato, ma se così non fosse per problemi tecnici? E ancora: se l’esperienza causasse un trauma psicologico nel “proprietario”? Oppure al limite: se il rapporto avatar-essere umano fosse tanto stretto da causare la morte cerebrale del soggetto? Uccidere il ritratto di Dorian Gray sarebbe un delitto?
Regolare il metaverso prima che sia troppo tardi: i piani europei e un possibile modello
Se la gestione della violenza è uno dei temi con cui sarà necessario confrontarsi, e di certo è tra i più spinosi, ipotizzare di riportare nel metaverso in pochi anni usi, costumi, tradizione e norme costruite nel mondo reale in secoli di storia è questione non banale. La presenza di vaste sottoculture in cui “la morte è un gioco” aggiunge un ulteriore problema. Gli operatori interessati al mercato del metaverso si stanno preoccupando di predisporre delle regolamentazioni, ma l’idea di governare un intero “nuovo mondo” con una sorta di libretto delle istruzioni ha un che di ridicolo per alcune ragioni e di preoccupante per altre. Alla prima categoria appartiene l’idea di vendere una “nuova vita” e poi trattarla come fosse un elettrodomestico, alla seconda il fatto che Mark Zuckerberg o chi per lui possa presentarsi come il Solone della Nuova Atene.
Al di là delle implicazioni etiche, morali e politiche, sul piano pratico, se gli altri operatori non fossero d’accordo cosa accadrebbe? Addio l’interoperabilità tra le diverse piattaforme. In alternativa il nostro Avatar dovrà disporre di passaporto digitale e, a seconda, dell’ambiente in cui si trova accettare le regole specifiche. “Benvenuti a Penolandia. I nostri abitanti hanno tutti scelto un Avatar ha forma di grande fallo parlante, se questo è contrario ad alcune delle vostre convinzioni, siete pregati di non entrare.” Oppure: “Benvenuti a Killerland. Il nostro sport preferito è dare la caccia ai nuovi arrivati. Se pensate che possa urtare la vostra sensibilità non entrate. In ogni caso vi suggeriamo di predisporre un backup del vostro avatar prima di accedere”.
Tanto tolleranti e aperti al multiculturalismo dovranno essere gli abitanti del metaverso, almeno per evitare una conflittualità estrema. La recente storia dei social network non sembra deporre a nostro favore e i libretti di istruzione non soltanto non bastano a fare cultura, ma sono anche la prima cosa che si butta via quando si compra un prodotto.
Quali regole senza legge?
Abbiamo immaginato uno Zuckerberg nei panni del Solone di una Nuova Atene e in questa prospettiva mi corre l’obbligo di aprire una parentesi sulle possibilità di normare il metaverso o forse più d’uno e si tratta di uno scenario che fa tremare i pilastri del diritto sia esso penale, civile, pubblico o internazionale. Considerando che la trattazione richiederebbe spazi enciclopedici, mi limiterò a fare qualche esempio, che permette di avere contezza della dimensione del problema. Premesso che soltanto in questi ultimi anni il sistema giuridico ha iniziato a metabolizzare, con grande fatica, le problematiche poste dalla società dell’informazione, l’avvento del metaverso propone nuove questioni e rischia di mettere in discussione anche quelle poche certezze appena consolidate.
Il diritto internazionale e il tema della sovranità
Un primo esempio interessante attiene il diritto internazionale e il tema della sovranità, che delinea l’autorità propria degli stati ed ha la sua base più forte nella territorialità. In un metaverso quest’ultimo tema è tutt’altro che banale. Lo spazio digitale risiederà su sistemi hardware, software e di telecomunicazioni di proprietà privata a volte non chiaramente definita. Tali sistemi, inoltre, saranno sovente fisicamente residenti nel territorio di diversi paesi. In una realtà di questo genere chi o cosa è sovrano? Quali normative sono applicabili? Quali aspetti delle regolamentazioni internazionali sono applicabili? Sul tema dei rapporti tra stati è emblematico il caso del diritto bellico. Premesso che si tratta di materia per la quale è assente ogni tipo di accordo internazionale, la NATO ha commissionato a un gruppo di esperti la redazione di uno studio in materia. Il frutto di questo lavoro è stato il Tallinn Manual 2.0 on the International Law Applicable to Cyber Operations. A titolo esemplificativo vogliamo analizzare le Regola 92 che recita quanto segue: “un attacco cibernetico è un’operazione cibernetica, sia offensiva sia difensiva, dalla quale si può ragionevolmente attendersi il ferimento o la morte di persone oppure il danneggiamento o la distruzione di oggetti.”
Dall’interpretazione maggioritaria del gruppo di esperti per qualificare l’attacco sono risultati cruciali i suoi effetti che devono sostanzialmente manifestarsi nel mondo fisico (danni a cose o persone). Tuttavia un’aggressione che determina il blocco di un sistema (per esempio di posta elettronica) senza intaccare l’infrastruttura sottostante non può essere qualificata come attacco. Per analogia potremmo dire che, se non qualifichiamo il metaverso e ciò che contiene come qualcosa di “reale”, qualsiasi forma di aggressione perpetrata da uno stato verso i beni o i cittadini di un altro stato situati in quel contesto non potrebbe essere considerato un atto di guerra.
Gli avatar e le proprietà virtuali
Una situazione non meno complessa riguarda gli avatar e in generale le proprietà virtuali. Le difficoltà sono evidenti se immaginiamo un esempio concreto. Il soggetto X accede al metaverso attraverso il suo avatar e in modo deliberato danneggia irrimediabilmente le proprietà digitali presenti sui sistemi, distribuiti i Francia, Svizzera e Stati Uniti, gestiti da una DAO, ovvero una realtà gestita da un software autonomo rispetto ai partecipanti che controllano i beni digitali della piattaforma. I partecipanti i cui beni sono stati compromessi sono cittadini di trenta paesi diversi e ognuno di essi sporge denuncia alle autorità locali. Si porrebbe immediatamente un problema di competenza per cui si dovrebbe applicare il criterio di ubiquità per definire se considerare prevalente il luogo di residenza dell’autore del delitto oppure quello in cui si è verificato l’evento. Per raggiungere questo risultato si dovrebbero svolgere preliminarmente delle indagini atte ad appurare dove fosse fisicamente il soggetto X, e, poiché i sistemi sono distribuiti in tre stati, quali di essere sia prevalente, tenuto conto che la titolarità dei sistemi è di un soggetto la cui personalità giuridica è quanto meno dubbia. Oltre a porsi il problema di chi sia autorizzato a svolgere le attività di cui sopra, si presentano le difficoltà tecniche di localizzare il soggetto X (per esempio se per accedere al metaverso fosse transitato tramite il dark web potrebbe essere impossibile individuarlo). Tutto questo in un contesto in cui lo statuto giuridico degli oggetti e soggetti digitali presenti nel metaverso è ancora poco chiaro a partire da quello di un avatar personale rispetto al quale le evoluzioni tecnologiche dei prossimi anni potrebbero creare non poche incertezze. Non si può escludere che in futuro si ponga la questione se un avatar sia qualcosa di più di una mera proprietà equiparabile a un’automobile.