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Micromanagement: l’ipersorveglianza a lavoro peggiora la produttività



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Nell’era della conoscenza, non possiamo più permetterci di ignorare l’importanza della “manutenzione” delle persone. Le pressioni sul lavoro, spesso esacerbate da modelli di gestione nocivi come il micromanagement, stanno generando livelli preoccupanti di stress e burnout. Una situazione che, oltre a minare il benessere dei dipendenti, ha un impatto diretto ed evidente sulle prestazioni aziendali

Pubblicato il 29 gen 2024

Alessio Carciofi

Docente, Autore, Founder & Managing Director Digital Wellbeing



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In un’epoca in cui la conoscenza è il motore principale dell’economia, diventa fondamentale non solo mantenere e aggiornare le competenze dei lavoratori, ma anche garantire il loro benessere psicofisico. Eppure, sembra che l’allarme stress e burnout sia sempre più pressante nel mondo del lavoro, alimentato da modelli di gestione obsoleti e nocivi come il micromanagement, che finisce per incidere negativamente sulle prestazioni aziendali.

La manutenzione delle persone nell’era della conoscenza

Facciamoci caso, se lavoriamo con strumenti o macchine industriali la manutenzione è programmata, ha un costo e ha una sua funzione riconosciuta.
Oggi invece, nell’era della conoscenza, dove non ci sono più i macchinari ma le persone, la manutenzione sembra non esistere più.

In questo periodo storico in cui si continua a ripetere che le persone sono il perno di tutto, in cui si promuovono corsi di yoga o sessioni di mindfulness, spesso durante l’ora di pranzo o dopo le 18, le aziende sono in difficoltà.

In risposta a questa situazione emerge con forza l’importanza del diritto alla disconnessione, come strumento di “manutenzione” per i lavoratori.

Tutto ciò ci porta a riflettere sull’urgente necessità di ripensare il management ed esplorare nuovi modelli più adatti ai tempi che viviamo.

L’allarme stress e burnout nel mondo del lavoro

Gallup, nel suo “State of the global workplace 2022 Report”, riferisce che i livelli di stress sul posto di lavoro sono più alti che mai; il McKinsey Health Institute in  “Addressing employee burnout: are you solving the right problem?del maggio 2022 indica che il burnout dei lavoratori è ai massimi storici. In media, nella survey* condotta, un dipendente su quattro riferisce di aver sperimentato i sintomi del burnout. In tutti e 15 i Paesi e in tutte le dimensioni valutate, il comportamento tossico sul posto di lavoro è stato il maggior predittore dei sintomi di burnout e dell’intenzione di andarsene, con un ampio margine: ha previsto più del 60% della varianza totale globale.

Basterebbe guardare alle nostre vite e come, nonostante la flessibilità che la tecnologia ci offre e alcune leadership illuminate, continuiamo a essere intrappolati nella mentalità dell’orario di lavoro 9-17 o nella disponibilità 24/7.
Ecco che diventa fondamentale acquisire nuovi paradigmi e che le Business School insegnino nuovi modelli di management: chi oggi ricopre un ruolo di responsabilità è inevitabilmente chiamato a rendersi conto che se la produttività diventa un indice importante, e un metro di giudizio per valutare l’operato di tutti, questa non può prescindere dalla “manutenzione” delle persone, che non possono solamente essere spinte a fare sempre di più e sempre meglio.

Micromanagement: un modello tossico di gestione

Il carico mentale spesso si traduce in una vera e propria paranoia, che si manifesta attraverso l’adozione di comportamenti tossici e dannosi per l’intera squadra di lavoro.
Forse da grandi esterofili, in passato, abbiamo inglobato modelli di management errati che ci hanno portato a perdere quell’umanesimo che ci aveva contraddistinto per sposare un’eccessiva propensione al risultato, il che ha portato a gestire le persone esercitando un controllo eccessivo e maniacale sul lavoro dei propri dipendenti o dei propri team.

Questo stile di gestione ha un nome, micromanagement, e ha delle caratteristiche: da un lato c’è un supervisore che tende a essere coinvolto in ogni aspetto delle attività dei collaboratori, monitorando da vicino ogni compito, fornendo istruzioni dettagliate, richiedendo report o check continui sulle attività; dall’altro i lavoratori, che sentono interferenze nella propria autonomia decisionale tali da perdere motivazione, creatività e autonomia.

L’impatto del micromanagement sulle prestazioni aziendali

Il micromanagement crea stress, frustrazione, diminuzione dell’impegno organizzativo e aumento del turnover, lo dimostra anche uno studio condotto nel 2021 dall’Unione Europea. Facile immaginare come questo abbia un impatto devastante anche sui risultati finanziari di un’azienda, anche se i lavoratori continuano a lavorare, perché sicuramente la riduzione dell’impegno del personale e l’aumento dell’assenteismo compromette i profitti. Il “Mental health and employers. The case of investment – pandemic and beyond” di Deloitte lo scorso anno riportava che il costo delle assenze legate alla salute mentale per i soli datori di lavoro britannici era di circa 56 miliardi di sterline all’anno.

Come spezzare la spirale negativa dell’ipersorveglianza a lavoro

Ecco che si può ovviare a questa spirale negativa in due modi: far comprendere la pericolosità dell’iper-sorveglianza dei manager e sminare la cultura tossica legata al mito dell’operatività, che alimenta uno stile di lavoro sbagliato e dannoso per la salute dei lavoratori. Altrimenti non solo si compromette il benessere dei lavoratori, ma anche l’engagement verso l’azienda e la produttività stessa. Bisogna sfatare il mito secondo cui essere sempre occupati coinciderebbe con i concetti di produttività e benessere, ben vengano azioni che limitano il lavorare o controllare la posta elettronica in vacanza, o il restare connessi al di fuori dell’orario di lavoro.
Già diversi governi, infatti, come Francia, Spagna, Portogallo e ora anche l’Italia sono andati, o stanno andando, verso la direzione di approvare leggi sul diritto alla disconnessione.
La forza di un’organizzazione è costituita in gran parte dall’insieme delle sue persone, che è di fatto indispensabile per la creazione di valore duraturo. Ecco perché diventa importante istituire una sorta di “manutenzione” straordinaria alle persone a partire dal management.

*indagine globale su quasi 15.000 dipendenti e 1.000 responsabili delle risorse umane in 15 paesi condotta tra febbraio e aprile 2022

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