Cyber bullismo, sex extortion, sexting, grooming: tutti questi termini inglesi – il cui significato spesso i genitori faticano a comprendere – stanno a indicare le diverse forme di pericolo a cui i ragazzi vanno incontro navigando in rete. A questi si aggiungono i rischi connessi alla sovraesposizione al web.
I genitori sono perciò chiamati a vigilare e a cercare di circoscrivere i possibili pericoli. Ma non servono decaloghi o consigli di psicologia spicciola, data la complessità e la vastità del tema.
Cerchiamo allora di inquadrare il problema e di capire cosa, in pratica, si può fare per tutelare i ragazzi senza per questo negare loro le opportunità del web.
I giovani e il web
Anche il Codacons ha lanciato l’allarme delle criticità legate all’abuso e all’uso errato di social network e internet: “I giovani italiani sono troppo connessi e l’uso eccessivo di web e social network determina disturbi comportamentali e psico-fisici negli adolescenti, fino a sfociare in una vera e propria dipendenza”.
Una recente ricerca americana ha evidenziato come, nella fascia d’età 12-15 anni, la “sovraesposizione a social e internet ha acuito i casi di disturbi psico-fisici, squilibri nel sonno e nell’alimentazione, comportamenti asociali, sino ad arrivare a gravi casi di dipendenza da social network”.
Cosa possiamo fare? I dati Istat confermano che gli adolescenti si connettono a internet ad un’età sempre più precoce. L’età a rischio è la preadolescenza ma forse anche prima. I bambini ormai quando piangono, e ancor prima di camminare, vengono messi davanti allo smartphone a guardare i cartoni. Già a due anni rischiano di essere abbandonati alla rete da soli, senza alcun filtro.
E ancora, secondo l’Osservatorio nazionale adolescenza, i più piccoli vedono la prima immagine pornografica già a 7 anni e un adolescente su cinque subisce molestie in rete.
I video su YouTube
Il primo rischio nella primissima infanzia sono proprio i cartoni animati e non tutti i genitori lo sanno.
Non a caso qualche anno fa YouTube, resosi conto del rischio è corso ai ripari con un’app ad hoc, YouTube kids, con contenuti selezionati e profilati in base alla fascia di età.
I rischio per i minori era quello di saltare da un cartone animato all’altro e senza rendersene conto trovarsi davanti a video violenti o a sfondo sessuale. Ma non solo, sulle piattaforme video, YouTube in primis, sono presenti anche cartoni che inneggiano all’odio o ancor peggio video modificati/alterati con lo specifico intento di trasmettere anche contenuti subliminali o volutamente ipnotici.
C’è il falso cartone dove Peppa Pig subisce torture dal dentista, mangia il padre o beve candeggina. C’è Spider-Man che urina nella vasca da bagno e Mickey Mouse in una pozza di sangue investito da un’auto. Purtroppo la rete è piena di cartoni con le peggiori atrocità e spesso anche pochi secondi di queste immagini possono restare impresse indelebili nella mente dei più piccoli.
Anche la piattaforma YouTube Kids si è dimostrata vulnerabile. E’ il caso segnalato da una mamma americana che ha scovato sulla piattaforma contenuti che parlano di suicidi, abusi e sparatorie nelle scuole.
Inoltre su YouTube Kids il cartone successivo si carica automaticamente, per cui è facile che il bambino si trovi esposto a video che i suoi genitori non hanno scelto.
Il grooming
Poi c’è il grooming, ovvero l’adescamento dei minori su Internet. Mediante le più variegate forme e tecniche di manipolazione psicologica si fa in modo di superare le iniziali resistenze dei minori con l’obbiettivo di ottenerne la fiducia, per poi abusarne sessualmente.
E’ il metodo utilizzato dai pedofili per entrare in contatto con le piccole vittime. Questa tipologia di adescamento è molto pericolosa e spesso dura anche mesi. Il pedofilo lentamente crea un legame di fiducia e si insinua nella vita del minore mediante i social o attraverso chat, forum, messaggi etc.
La vittima è così indotta ad accettare un incontro o a dare informazioni riservate sulla sua vita: indirizzo di casa, numero di telefono etc. Si crea lentamente un legame che porta il minorenne a considerare come normali atti sessuali tra adulti e bambini.
Sex extortion
Letteralmente sono le estorsioni a sfondo sessuale e colpiscono prevalentemente gli adulti; ma non solo.
Il minore vittima di questi reati è anzi ancor più indifeso rispetto all’adulto perché non riesce a reagire, ha paura, si sente colpevole e non ha i mezzi per difendersi. Non si confida con gli adulti perché teme la loro reazione. In questi casi i minorenni sono alla mercé di criminali disposti a tutto, e talvolta non riescono a sopportare il peso della responsabilità. Si accorgono di aver sbagliato quando è troppo tardi.
Vi sono stati casi di adolescenti minorenni le cui immagini e rapporti sessuali circolavano in modo virale sul web. Ragazzine che non hanno sopportato la vergogna e si sono anche suicidate.
Ma i rischi non finiscono qui. C’è il “gambling”, il gioco d’azzardo, che può diventare anche patologico e, in violazione della legge, ormai è facilmente accessibile mediante il web anche ai minori. Con i dati e la carta di credito del proprio genitore ci si può registrare ad una delle tante piattaforme online e giocare, per esempio, a poker e alle slot machine o comprare un gratta e vinci.
Cosa possono fare i genitori
Non si può banalizzare il ruolo educativo dei genitori con un decalogo di cose da fare o non fare; anche perché i genitori non sempre hanno delle colpe. Possono però sicuramente limitare i rischi.
Per esempio: non dovrebbero mai smettere di cercare il dialogo e far capire l’importanza di condividere le esperienze nel mondo reale ancor prima che nel web. Dovrebbero ribadire che c’è un limite alla condivisione, dovrebbero spiegare cosa è la riservatezza, dovrebbero spiegare il rischio del gioco d’azzardo. Dovrebbero insegnare l’importanza di navigare con prudenza e di non divulgare dati personali. Dovrebbero anzitutto dare il buon esempio.
Il minore non può essere lasciato da solo in rete. Un’ora o cinque ore potrebbero non fare la differenza se non vengono messi dei paletti, non viene insegnata la prudenza e se il minore non viene allertato sui rischi.
Poi andrebbe ricostruito un legame di fiducia fra l’adulto ed il minore che consenta a quest’ultimo di percepire il genitore come un modello a cui ispirarsi, e confidarsi se necessario. Il genitore che a casa rimane ore davanti allo smartphone, e dice al figlio di staccarsi e vivere una vita “reale”, non è credibile.
Ma i minori spesso non vogliono ascoltare il genitore ed anzi fanno esattamente il contrario di quello che gli viene detto. In tal caso l’adulto può farsi aiutare da alcuni strumenti per “filtrare” i contenuti, per verificare l’utilizzo che viene fatto degli stessi.
Se il minore non ascolta l’importante è “reagire” per prevenire: è il genitore che deve educare il figlio non i social.