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Minori, i mali dei social: studi e leggi si alzano a tutela



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Lo psicologo Haidt ha pubblicato un libro molto discusso sui danni dei social sulle ultime generazioni, mentre avanzano leggi per limitarne l’uso

Pubblicato il 27 mar 2024

Antonino Mallamaci

avvocato, Co.re.com. Calabria



social minori bambini azione

Togliere gli smartphone o almeno i social agli adolescenti: non è più una tesi esclusiva di tecnofobici. Sta prendendo invece sempre più quota, in letteratura scientifica e nelle leggi, negli Usa, Europa; in Italia, per altro, l’Autorità garante comunicazioni (Agcom) proprio qualche giorno fa ha avviato una consultazione pubblica per sistemi di age verification degli utenti.

#EIE23: Jonathan Haidt: Smartphones vs. Smart Kids

I dati preoccupanti: il libro di Haidt

Il punto è che negli ultimi anni si sono accumalati dati e studi, che danno da pensare. Dal 2010 al 2020 negli Stati Uniti:

  1. i tassi di malattie mentali degli adolescenti hanno segnato una repentina impennata nel 2010, e da allora hanno continuato a salire;
  2. dal 2010 al 2018, le diagnosi di depressione e ansia sono più che raddoppiate per gli studenti universitari;
  3. il numero di visite al pronto soccorso per autolesionismo di adolescenti è aumentato, dal ’10 al ’20, del 188% tra le ragazze e del 48% tra i ragazzi;
  4. il tasso di suicidio, sempre per gli adolescenti, è aumentato del 167% tra le ragazze e del 91% tra i ragazzi.

A fare leva su questi dati è un recente libro: The Anxious Generation: How the Great Rewiring of Childhood Is Causing an Epidemic of Mental Illness (La generazione ansiosa, come il grande ricablaggio dell’infanzia sta causando un’epidemia di malattie mentali).

Questo il titolo della nuova pubblicazione di Jonathan Haidt, professore alla New York University, che dà l’ennesima conferma di un quadro inquietante che non riguarda solo gli USA. Il “Grande ricablaggio dell’infanzia”, con le conseguenze sulla salute mentale che abbiamo visto, investe in effetti tutto l’Occidente.

Lo psicologo sociale ritiene che questa emergenza sia stata determinata dall’adozione di massa degli smartphone, dai social media e dai giochi online che creano dipendenza.

Haidt sta curando una bibliografia di studi, on progress, sulla materia, a conferma della tesi.

I bambini trascorrono sempre meno tempo a socializzare di persona e sempre più tempo incollati ai loro schermi, con le ragazze che hanno maggiori probabilità di avere problemi patologici di autostima utilizzando i social e i ragazzi di diventare dipendenti da giochi e porno.

L’infanzia non è più “basata sul gioco, ma sul telefono”. Haidt ritiene che i genitori siano diventati iperprotettivi nel mondo offline, ritardando l’età in cui i bambini sono considerati abbastanza responsabili per giocare o fare commissioni da soli, ma fanno troppo poco per proteggere i bambini dai pericoli online.

Haidt collabora con la psicologa Jean Twenge, una delle prime ad attribuire agli smartphone l’aumento dei tassi di malattia mentale tra gli appartenenti alla generazione Z.

Chi non è d’accordo sostiene che i giovani hanno semplicemente più cose per cui sentirsi ansiosi e depressi: cambiamento climatico, aumento delle disuguaglianze, conflitti globali.

Ma anche le generazioni precedenti, rileva Haidt, sono cresciute all’ombra della guerra e dell’instabilità globale, e le crisi collettive in genere non producono crisi psicologiche individuali, forse perché spesso generano un senso di maggiore solidarietà sociale e di scopo.

Invece, le prove che collegano la malattia mentale agli smartphone e all’uso dei social media stanno aumentando.

Gli studi

  • In Gran Bretagna, uno studio ha seguito 19.000 bambini nati tra il 2000 e il 2002. Soprattutto tra le ragazze, i tassi di depressione sono aumentati di pari passo con le ore trascorse sui social media. Le ragazze che trascorrevano più di cinque ore al giorno su di essi avevano probabilità tre volte maggiori di diventare depresse rispetto a quelle che non li usavano affatto.
  • Un altro studio ha confrontato la salute mentale degli studenti degli istituti che usavano dall’inizio Facebook con quelli che non avevano ancora i social media: Facebook ha aumentato la cattiva salute mentale nei campus.
  • Altri cinque studi hanno dimostrato un legame tra l’arrivo di Internet ad alta velocità e l’aumento dei tassi di malattie mentali. Il problema è che l’infanzia “basata sul telefono” è stata allontanata, come tutti, da ciò che ci circonda e dalle persone più vicine, rendendo tutti “per sempre altrove”.
  • Gli adolescenti non sono solo gli utenti di smartphone più compulsivi – un rapporto di Pew Media del 2022 ha rilevato che il 46% di loro è online quasi costantemente – ma sono anche i più vulnerabili, in parte perché l’adolescenza è un periodo di rapido sviluppo sociale ed emotivo.

Le proposte di Haidt

Secondo Haidt gli smartphone bloccano l’esperienza nel mondo reale, sostituendo tante attività arricchenti con la caccia ai like, l’inseguimento agli influencer, sostituendo la ricchezza dell’amicizia off line con una comunicazione online superficiale. Per noi uomini di mezza età l’adolescenza è stata già abbastanza dura senza la minaccia dell’umiliazione online, cioè la possibilità di quantificare, attraverso il coinvolgimento e il numero di follower, esattamente quanto sei perdente (o “sfigato” che dir si voglia). The Anxious Generation dovrebbe diventare un testo fondamentale per il crescente movimento che vuole tenere gli smartphone fuori dalle scuole e i bambini piccoli fuori dai social media.

Oltre all’analisi, Haidt formula delle raccomandazioni:

  1. vietare l’uso dello smartphone nelle scuole;
  2. Niente smartphone fino ad almeno la prima superiore
  3. i parlamenti dovrebbero legiferare affinché:
  4. le aziende tecnologiche abbiano il dovere di prendersi cura dei giovani;
  5. l’età per frequentare internet sia innalzata a 16 anni;
  6. le aziende siano obbligate a istituire un’adeguata verifica dell’età.

Tutta la produzione del professore Jonathan Haidt, da “The Righteous Mind” fino al nuovo libro, è stata improntata su una convinzione: gli esseri umani prendono decisioni morali basate sull’intuizione emotiva, non sulla ragione. Quindi, se vuoi cambiare le menti, devi cambiare anche i cuori.

Con The Anxious Generation, egli tenta di dare un contributo al fronte che lotta per liberare i ragazzi dalla dipendenza tecnologica. Il suo lavoro ha attirato alcune delle stesse persone che operano nella tecnologia, il cui lavoro egli sembra ritenere responsabile dei mali sociali della generazione emergente.

Gli effetti degli studi di Haidt

Per esempio, la moglie di Mark Zuckerberg e cofondatrice della Chan Zuckerberg Initiative. Gli scritti di Haidt promettono a questi attori del potere qualcosa di sfuggente: una spiegazione scientifica e accademica delle crisi che stanno affrontando, combinata con il livello di fiducia di un fondatore della Silicon Valley su come risolverle.

Haidt ha tenuto conferenze presso la sede di Meta sugli effetti dei social media sulla salute mentale e sulla democrazia. Con “The Anxious Generation”, Haidt ritiene di avere trovato un nuovo scopo, quello di salvare i bambini, e lo strumento per raggiungerlo: bloccare i loro smartphone.

Ha cominciato a pensarci riflettendo sulle critiche alla generazione Z, e verificando facilmente che questo atteggiamento è ricorrente nella storia dell’Umanità: ogni generazione trova quella successiva meno interessata e rispettosa, più superficiale (ecc. ecc.) della precedente. In sostanza, non c’è niente di nuovo nel fatto che i cinquantenni denigrino i “bambini di questi tempi”.

Haidt è giunto però a credere che la generazione nata dopo il 1995, la Gen Z, stesse affrontando un nuovo tipo di crisi. Ha quindi cominciato ad esaminare i dati sulla loro salute mentale scoprendo che i giovani stavano vivendo un’ondata di ansia, autolesionismo e suicidio.

A poco a poco, sono venuti alla luce i numeri e le percentuali allucinanti che abbiamo già illustrato all’inizio. Il nuovo libro deriva in parte dagli anni trascorsi nella sua organizzazione no-profit Let Grow, che spinge per più indipendenza e più gioco nell’infanzia, anche creando programmi scolastici che incoraggiano i bambini a provare nuove attività da soli.

Alcuni scienziati sociali sono scettici riguardo alle conclusioni definitive che trae, sottolineando che gran parte della ricerca sull’impatto dei social media sulla società si è finora basata sulla correlazione, non sulla causalità. In sostanza, le tendenze negative sulle malattie mentali avrebbero solo coinciso con l’aumento esponenziale nell’uso del web e dei social media.

La ricetta per raggiungere lo scopo Haidt l’ha esposta nei pochi punti che abbiamo già elencato.

Pochi, ma molto ambiziosi, che a suo avviso dovrebbero essere implementati in un tempo breve, entro il 2025. Egli fa il parallelo con la campagna contro il tabacco, iniziata negli anni ’60 con le etichette sui pacchetti di sigarette che avvisavano di rischi per la salute, e che nel 2015 aveva ridotto i tassi di fumo di oltre il 10%. Mettendo in metafora la sua riflessione sul come le persone compiono le loro scelte morali, il professore afferma: “Le nostre emozioni sono come un elefante galoppante e il nostro ragionamento cosciente è il cavaliere in cima.

Potremmo pensare che sia il cavaliere a guidare l’elefante, ma più spesso è il contrario. Decidiamo in base alle emozioni, e poi proviamo a razionalizzare il perché”. E continua, esprimendo con chiarezza quanta consapevolezza, a suo avviso, vi sia oramai sul tema: “per quasi ogni cosa sociale che ho provato a fare, dovevamo parlare all’elefante, cambiare la mente delle persone, cambiare i loro cuori. Questa è la prima volta che non devo farlo perché quasi tutti gli elefanti si stanno già avvicinando a me”.

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