le prospettive

Moderatori online, un lavoro fondamentale ma non pagato: come rimediare?

Il NYT approfondisce il tema dei volontari online, con particolare riferimento alle attività (pseudo-lavorative?) dei moderatori che operano all’interno delle piattaforme online. L’attività – oggi non remunerata – potrebbe rappresentare una nuova interessante frontiera occupazionale emergente

Pubblicato il 12 Lug 2022

Angelo Alù

studioso di processi di innovazione tecnologica e digitale

social hacking

Il ruolo dei moderatori online – web e social – è stato sinora decisivo non solo per combattere la disinformazione e l’hate speech ma anche per incentivare l’aggregazione di utenti all’interno di spazi pubblici creati in Rete.

E così favorire la circolazione di informazioni destinate ad alimentare il dialogo politico e sociale, stimolando l’opinione pubblica grazie al prezioso lavoro di creazione, gestione e mantenimento del flusso comunicativo monitorato online dai moderatori volontari.

The Horrors of Being a Facebook Moderator | Informer

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Si pone ora quindi la necessità di trovare un modo per valorizzare il ruolo di queste figure, senza snaturarle. Senza comprometterne lo spirito originario.

L’idea è anche quella di sostenere questa via “umano-centrica” alla moderazione, rispetto allo sviluppo pervasivo dei sistemi tecnologici di IA (come GPT-3) in grado di imparare a scrivere in auto apprendimento con una capacità dialettica di argomentazione stilistica non facilmente distinguibile dalle tradizionali tecniche di stesura testuale umana.

Un’attività fondamentale ma non retribuita

Ricordiamo che quest’attività al solito nelle community online non è pagata. E questa lacuna è un problema, come riporta un recente articolo del Nytimes.

Può essere utile attribuire un compenso a tali soggetti nello svolgimento di un’attività “fondamentale” per assicurare la corretta gestione di una comunità online, nell’ottica di ridurre la dilagante diffusione di contenuti violenti, falsi, fuorvianti e offensivi e garantire la condivisione di un sano e stimolante flusso comunicativo costantemente presidiato dal vigile controllo di operatori nella veste di attenti supervisori delle informazioni veicolati dagli utenti.

Prendendo atto della mancata erogazione di un pagamento, per evitare di continuare a prestare un lavoro gratuitamente, è possibile ipotizzare anche l’opportunità di stabilire un equo compenso come giusta retribuzione in grado di formalizzare, in termini economici, il valore associato alla rilevante funzione di controllo e di monitoraggio assunta dai moderatori online, spesso costituente l’asse portante delle piattaforme da cui dipende non solo il quotidiano funzionamento dei relativi sistemi ma soprattutto la crescita esponenziale dei profitti generati dai lucrativi servizi pubblicitari offerti dalle aziende “hi-tech”.

Il NYT cita alcune ricerche di settore, secondo cui, tenuto conto del complessivo flusso delle informazioni organizzate e selezionate rispetto agli specifici thread di discussione generati all’interno di piattaforme e forum, per prevenire la proliferazione di contenuti violenti di incitamento all’odio o comunque avente natura lesiva e/o offensiva, i moderatori – pari a circa 21.000 utenti identificati solo nella piattaforma Reddit – trascorrendo almeno 466 ore al giorno in svariate funzioni di controllo e supervisione – svolgono complessivamente, pur essendo considerati semplici volontari virtuali, un’attività equivalente a “almeno 3,4 milioni di dollari di lavoro non retribuito ogni anno”, corrispondente al 2,8% delle entrate annue registrate da Reddit (tale somma è ricavata dall’applicazione della tariffa oraria media statunitense pari a$ 20/ora prevista quando ci si avvale di servizi freelance a pagamento).

Il valore effettivo dell’attività prestata gratuitamente

Una delle principali problematiche riscontrate che impedisce di corrispondere un’adeguata remunerazione a tali utenti sembra individuarsi nella mancanza di consapevolezza sul valore effettivo dell’attività prestata gratuitamente, pur risultando determinante per animare e mantenere in vita le comunità virtuali grazie alla messa a disposizione di mansioni “para-lavorative” prive però di un corrispondente equo scambio, a causa della mancata remunerazione di un corrispettivo riconosciuto. Si crea, in altri termini, un rapporto asimmetrico di sfruttamento unilaterale che consente alle aziende telematiche, approfittando dell’eccessivo sbilanciamento a proprio vantaggio, di incrementare i profitti legati al sistema algoritmico di indicizzazione dei contenuti organizzati online, a svantaggio dei moderatori volontari, così alla “mercé” delle imprese digitali.

Per colmare tale deficit di tutela, alcuni studi ipotizzano l’introduzione di un vero e proprio sussidio quantificabile sulla base di un possibile specifico parametro di calcolo riferibile alle attività dei moderatori virtuali in grado di “misurare il valore monetario del lavoro di volontariato online”, tenuto conto del tempo impiegato dai moderatori per eseguire una serie di attività propedeutiche alla corretta e regolare pubblicazione dei contenuti (come ad esempio, l’approvazione dei post, la rimozione di commenti offensivi, ecc.) da cui si potrebbe misurare il valore del tempo medio impiegato per eseguire ciascuna di tali azioni.

Le prospettate ricerche sottolineano la funzione fondamentale dei moderatori volontari online per garantire il corretto funzionamento delle piattaforme telematiche, pur non essendo pagati nello svolgimento nel rilevante ruolo di facilitatori mediante attività di selezione e filtro delle comunicazioni veicolate online, unitamente al prezioso contributo finalizzato a favorire l’intensificarsi di relazioni sociali nell’ambiente virtuale.

Certamente, ipotizzando la progressiva affermazione di un nuovo ecosistema digitale a trazione “Big Tech”, come la terza economia più grande del mondo, si potrebbe immaginare di superare l’attuale qualificazione dei moderatori virtuali alla stregua di meri volontari reclutati secondo il principio della gratuità, nell’ottica di promuovere, anche mediante l’offerta di servizi ad hoc in abbonamento, contenuti extra personalizzati a pagamento generati da creatori “qualificati”, dietro il pagamento di un corrispettivo incentivante legato alla capacità di stimolare l’interazione degli utenti mediante comunicazioni complete, pertinenti e affidabili in grado di contrastare il fenomeno della disinformazione sempre più dilagante in ambiente digitale.

Gli strumenti di monetizzazione introdotti da Meta

Seguendo tali coordinate, ad esempio, “Meta”, oltre a progettare strumenti di monetizzazione per consentire agli utenti di guadagnare sui contenuti prodotti, ha lanciato l’iniziativa “Supporting Independent Voices” per fornire supporto a scrittori, esperti e giornalisti che pubblicano informazioni in modo indipendente, con l’intento di facilitare la condivisione del relativo flusso comunicativo incentivando l’attività editoriale online. Per tale ragione è stata anche creata la piattaforma “Facebook Journalism Project” che consente ai creatori/editori di ottenere guadagni dalle interazioni personalizzate con il proprio target, grazie all’incremento di specifiche abilità oggetto di corsi di formazione, programmi di finanziamento e partnership in grado di realizzare un modello interattivo e sostenibile di giornalismo di qualità strettamente connesso allo sfruttamento efficace delle funzionalità “social” per diffondere notizie a livello globale, combattere la disinformazione, promuovere l’alfabetizzazione giornalistica, finanziare nuove iniziative e condividere le migliori pratiche che aiuteranno gli utenti a reperire facilmente nuovi contenuti.

Senza dubbio, l’attività – oggi non remunerata – dei moderatori online potrebbe quindi rappresentare una nuova interessante frontiera occupazionale emergente anche come opportunità professionale di premialità prevista nei confronti di utenti – spesso particolarmente qualificati e oltremodo edotti delle specificità proprie dell’ambiente digitale – preposti ad espletare, nell’ambito di un vero e proprio “lavoro civico”, mansioni centrali nella gestione delle comunità virtuali, mediante svariate attività di creazione e controllo delle informazioni pubblicate online che giustificano il riconoscimento di un’adeguata retribuzione come corrispettivo delle prestazioni svolta.

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