Il Metaverso di Mark Zuckerberg si chiama Horizon Worlds: nel nuovo mondo della realtà virtuale, però, si è verificato un evento di “molestia” sessuale già nell’anteprima.
Sarà metaverso in mille settori: ecco tutte le possibilità di business
Un inizio difficile per Horizon Worlds
Una utente della app di realtà virtuale ha denunciato, alla fine del novembre 2021, di essere stata “palpeggiata” da un altro utente e di essere stata isolata e derisa dal resto dei soggetti “presenti” al fatto.
Il punto è che l’evento si è verificato in un contesto totalmente virtuale, in cui non c’è stato alcun fatto “materiale”: la app, infatti, funziona tramite un visore e utilizzando un controller e il senso del tatto non è implementato.
La questione, ovviamente, non è stata presa alla leggera da Meta, che ha attivato una funzione della app denominata safe zone: in pratica, attorno all’utente che accede a questa funzione, si crea una “bolla” virtuale che impedisce agli altri utenti di interagire nel campo protetto.
Uno strumento utile per utilizzare la realtà virtuale in maggiore sicurezza e per consentire a Meta di scaricare ogni responsabilità legale per fatti di questo genere.
Introdotta distanza di sicurezza sul metaverso di Meta (update febbraio)
A seguito di vicende di molestie nel metaverso, Meta introduce per la prima volta una distanza di sicurezza: un metro e mezzo tra avatar. Niente più molestie. Ma nemmeno abbracci. Sarà un modo efficace o ci perdiamo anche qualche vantaggio?
La violenza sessuale online
Per quanto in Italia la violenza sessuale richieda una materialità (è richiesto il compimento di “atti sessuali” ai sensi dell’articolo 609 bis del Codice penale), il sexual harassment online sarà una delle sfide che il legislatore penale dovrà affrontare nel prossimo futuro.
Il 25 novembre 2021, infatti, il Grevio (Gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), ha significativamente adottato la propria prima raccomandazione sulla dimensione digitale della violenza sulle donne.
Il documento, di 33 pagine, affronta la tematica della violenza di genere su donne e ragazze sul piano digitale perché è proprio il mondo digitale ad offrire importanti occasioni di inclusione sociale, formazione e lavoro.
Oltre a richiedere interventi in tema di educazione all’inclusività ed all’educazione delle donne all’utilizzo delle piattaforme online per diminuire sia il gender gap che il gender pay gap, il Grevio ha chiesto agli Stati del consiglio d’Europa l’equiparazione dei crimini online a quelli “tradizionali”, sul piano della repressione penale e del perseguimento dei responsabili.
La violenza sessuale nel Metaverso in Italia
Ad oggi il fatto avvenuto su Horizon Worlds il 26 novembre 2021 non integrerebbe il reato di violenza sessuale.
Per comprendere la questione è necessario fare un esempio.
Supponiamo che due cittadini italiani interagiscano su Horizon Worlds e uno “palpeggi” l’altra nella app di realtà virtuale.
Il fatto, astrattamente, potrebbe essere giudicato dal giudice italiano: i principi di giurisdizione e competenza sarebbero analoghi a quelli ampiamente consolidati – ad esempio – in materia di diffamazione attraverso social network.
L’articolo 609 bis del Codice penale, che punisce la violenza sessuale, richiede che il reo costringa la vittima, con violenza, minaccia o abuso di autorità, a subire atti sessuali.
Il concetto di atto sessuale è, per la giurisprudenza della Cassazione, abbastanza vago, ma c’è un minimo indefettibile: deve trattarsi di un fatto materiale.
Mancando totalmente la materialità dell’atto, il “palpeggiamento”, che nella realtà concreta integrerebbe certamente violenza sessuale, non sarebbe punibile nella realtà virtuale.
Ad oggi, quindi, un’ipotesi come quella avvenuta su Horizon Worlds richiederebbe un intervento del legislatore penale, ossia quanto richiesto dal Grevio nel proprio report.
Non si può invece escludere che il fatto avvenuto sulla piattaforma di Meta integri altri reati.
Sarebbe, in particolare, ipotizzabile il delitto previsto dall’articolo 610 del Codice penale, ossia la violenza privata.
Questa fattispecie penale punisce chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare o omettere qualcosa, con la pena della reclusione fino a quattro anni.
Sarebbe un capo d’imputazione forse azzardato, ma non del tutto campato per aria.
Conclusioni
Una quantità sempre maggiore di reati viene commessa nella rete o per mezzo di essa.
Da questo dato di fatto ineludibile è nato un filone legislativo che ha visto la nascita di svariate fattispecie di reato, dall’accesso abusivo al sistema informatico circa dieci anni fa al reato di revenge porn recentemente introdotto con la legislazione del c.d. “Codice rosso”.
La realtà virtuale ed il metaverso presenteranno sfide ancora più significative.
Dallo sfruttamento del lavoro alla commissione dei più orrendi reati – pedopornografia, terrorismo etc. – le piattaforme di realtà virtuale che operano a livello globale saranno il luogo ideale per operare senza controlli o, quantomeno, in un contesto in cui la legislazione ordinaria potrà offrire una protezione minore rispetto a quanto avviene nel “mondo reale”.
Anche l’Unione europea dovrà prendere atto di questo cambio di paradigma e iniziare a valutare gli scenari e a dare segnali politici e normativi forti, per una regolamentazione sicura del metaverso.