Occidente vs Cina

Monopoli digitali crescono e si fanno la guerra coi nostri dati: come arginarli

Il confronto fra big tech sarà uno dei campi di battaglia più importanti su cui si giocherà la competizione geopolitica ed economica fra Occidente e Cina. Padroni di un mercato fortemente concentrato e con alte barriere all’ingresso, il loro potere è destinato solo ad aumentare senza le adeguate contromisure antitrust

Pubblicato il 30 Lug 2020

Domenico Marino

Università Degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

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Le piattaforme digitali, siano esse occidentali o cinesi, hanno un grande asset che è il possesso di sconfinati database di informazioni personali e di profilazioni.

Potenti grazie ai nostri dati, possono giocare su un mercato molto concentrato e con alte barriere all’ingresso, dando vita a forme aggressive di collusione o di concentrazione che potrebbero essere destinate a crescere in futuro. Man mano che – con la digitalizzazione delle nostre vite, anche incoraggiata dalla pandemia – ci saranno sempre più dati disponibili, su cui fare leva.

Ecco perché le politiche antitrust diventano, quindi, non solo uno strumento di tutela del mercato e dei consumatori, ma anche della democrazia e delle libertà civili.

FAANG vs BAT

Lo scontro Occidente vs Oriente, sui nostri dati, è riassumibile anche con due acronimi.

  • FAANG è un acronimo molto usato e molto attuale nel mondo occidentale. Sta per Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google.
  • A questo si può contrapporre l’acronimo BAT (Baidu, Alibaba e Tencent) in Cina.

Questi acronimi stanno monopolizzando il mercato e governando anche le nostre vite. E nei prossimi anni si può ipotizzare che il confronto fra FAANG e BAT sia uno dei campi di battaglia più importanti su cui si giocherà la competizione geopolitica ed economica fra Occidente e Cina. Prima della pandemia si prevedeva che in poco tempo BAT avrebbe raggiunto FAANG in termini di fatturato con anche maggiori prospettive di crescita dovute alle maggiori potenzialità di crescita del settore digitale in Cina piuttosto che in Occidente. La pandemia ha un po’ rimescolato le carte, ma ad una fisiologica diminuzione dei consumi dovuta alla recessione mondiale, va però contrapposto un maggior tasso di utilizzo dell’economia e delle transazioni digitali spinto dalla pandemia e dai lockdown che in prospettiva può rappresentare un punto di forza per i giganti digitali.

Il fatturato di FAANG nel 2018 (con l’aggiunta di Microsoft) è stato di circa 700 miliardi di dollari, quasi quanto il Pil della Svizzera e pari allo 0,5% del Pil mondiale. BAT avrebbe dovuto nel 2020 raggiungere lo stesso livello di fatturato con un mercato potenziale di 2000 miliardi di dollari e con trend di crescita superiori. Secondo l’Osservatorio delle Piattaforme Digitali dell’Agcom del 2019 le piattaforme (il dato si riferisce a FAANG, ma è facilmente estendibile anche a BAT) hanno “una profittabilità lorda del 49% e un margine operativo pari al 21% dei ricavi. Molto elevate risultano la redditività del capitale proprio (32% in media negli ultimi 3 anni) e del capitale investito (15% il ROI medio degli ultimi 3 anni). Valori decisamente superiori a quelli rilevati per le principali TLC&Media company e per le oltre 2.000 maggiori imprese italiane”. Sempre secondo questo stesso rapporto le piattaforme che “a livello mondiale occupano le prime posizioni in tutti i settori di attività in cui operano e le quote di mercato delle società che si collocano al primo posto non sono mai inferiori al 30%”.

Molto alte – sempre secondo questo rapporto – sono le dimensioni minime di fatturato nell’e-commerce per ottenere un profitto che sono superiori a 50 miliardi di euro, mentre un motore di ricerca ha un breakeven intorno ai 20 miliardi di fatturato.

Questi dati descrivono un mercato fortemente concentrato e con alte barriere all’ingresso e con questi numeri qualunque settore industriale sarebbe molto lontano da condizioni di concorrenzialità. Nel caso dell’economia digitale il potere di mercato delle imprese che vi operano non si limita solo ad aspetti legati alla quota di mercato o alla redditività del business come si verificherebbe nei tradizionali settori industriali. Nell’economia digitale il potere di mercato si può estrinsecare anche attraverso altre variabili che rendono ancora più problematico garantire condizioni di concorrenzialità.

Collusione e concentrazione dei mercati

In un tale scenario, infatti, forme aggressive di collusione o di concentrazione potrebbero crescere a dismisura distorcendo il corretto funzionamento concorrenziale dei mercati.

Una prima forma di collusione consiste nell’utilizzo di algoritmi di intelligenza artificiale che hanno la stessa architettura e la stessa base dati. In questo caso è fin troppo ovvio che vi saranno risposte uguali ad ogni richiesta. Il sistema bancario, oggi, basa, ad esempio, su algoritmi di intelligenza artificiale la verifica della solvibilità dei clienti. Se l’architettura dell’algoritmo è uguale e i big data a cui si fa riferimento sono uguali, tutte le banche concederanno le stesse condizioni a ciascun cliente. Se l’asticella è fissata in alto, si raziona il mercato del credito, facendo crescere i profitti per le banche e diminuire le potenzialità di credito per i consumatori.

Profilazione dei clienti e discriminazione dei prezzi

Una seconda forma di distorsione della concorrenza è quella che si può verificare attraverso l’elaborazione dei dati che derivano dalla profilazione degli utenti con la possibilità di discriminare perfettamente i prezzi. Questa operazione assicura un potere di mercato enorme a coloro che sono in grado di controllare i dati sulla profilazione con la conseguenza di una facilità di eliminazione dei concorrenti. Addirittura di potrebbe arrivare a forme di collusione algoritmica che manipolando le informazioni spostino in alto l’asticella dei prezzi di mercato. Inoltre, il potere di mercato nell’economia digitale non dipende dalla quota di mercato, bensì dalla mole di dati posseduta e dalle capacità di elaborazione e di calcolo. Un’impresa che concentra grandi quantità di dati e grandi capacità di elaborazione e di calcolo è in grado esercitare un potere di mercato, distorcendo la concorrenza. Ciò significa che le nuove concentrazioni non devono essere valutate solo sulla base del fatturato, ma anche e soprattutto sulla quantità di dati possedute e sulle risorse in termini di capacità di elaborazione e di calcolo.

Conclusioni

Queste considerazioni ci fanno capire perché nel giro di pochi anni i tech giants abbiamo avuto la possibilità di accamparsi quote significative e sempre più ampie del PIL mondiale utilizzando uno sconfinato potere monopolistico per accrescere i loro margini di profitto a danno sia di imprese sia di consumatori.

Lo scenario competitivo futuro vedrà confrontarsi grandi agglomerati di imprese digitali appartenenti a determinate aree geografiche e geopolitiche (BAT vs FAANG), ma sempre all’interno di un mercato che avrà livelli di concorrenzialità molto bassi. Se volete questo confronto sarà uno degli ambiti più importanti di una competizione globale fra Occidente e Cina che, prima che militare, sarà economica e vedrà i settori delle telecomunicazioni e i settori delle piattaforme digitali come ambito privilegiato di conflitto.

Non dimentichiamo infine che la sconfinata mole di dati in mano alle big tech si presta non solo ad usi commerciali leciti, ma anche ad usi illeciti e scorretti se vengono utilizzati per manipolare le informazioni e il corretto funzionamento delle istituzioni democratiche. E questo potere in uno scenario di competizione globale fra Occidente e Cina non è improbabile che venga utilizzato nei prossimi anni su larga scala.

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