CODICE AMMINISTRAZIONE DIGITALE

Mucci: “Un CAD con tanti limiti”

Pubblicato il 29 Set 2016

Mara Mucci

già vicepresidente della commissione d’inchiesta sullo stato della digitalizzazione della PA nella XVII leg, informatica, resp. PA di Azione

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Come sapete il 3 agosto scorso, la commissione affari costituzionali della Camera ha espresso il suo parere sullo schema di decreto legislativo che modifica il CAD.

Molte sono state le modifiche positive apportate al testo, ma nonostante questo noto diversi limiti.

Un primo procedurale. Vero è che il governo per questo provvedimento è stato più attento del solito, aprendosi agli stakeholder e alle associazioni di categorie. Peccato che si sia chiuso ai parlamentari che non hanno potuto seguire i diversi incontri organizzati con le associazioni. Avrei voluto in prima persona ascoltare le difficoltà di chi quotidianamente aiuta la PA e le imprese nell’applicazione pratica delle norme che licenziamo. Detto questo le mie riserve principali le ho espresse, in particolare in merito alla sospensione dell’efficacia dell’art 17 del dpcm 13 novembre 2014.

Leggendo il testo del Cad pubblicato in gazzetta ufficiale l’unica cosa chiara è: le amministrazioni pubbliche non sono pronte. Non sono pronte ad una gestione informatica dei documenti dalla nascita (digital first) come voleva il suddetto decreto, e che doveva essere obbligatoria a partire dal 12 agosto 2016. Dunque il governo proroga la scadenza al prossimo gennaio 2017. La domanda spontanea è: basterà o a gennaio vedremo un’ennesima proroga?

Ovviamente la realtà può essere alle volte anche peggio di come ce la immaginiamo, tant’è che molti amministratori, non solo non erano pronti lo scorso 12 agosto a questo passaggio epocale, ma ne hanno appreso l’esistenza a ridosso della scadenza, imparando il tutto dai giornali!

Da qui si evince un dato (evidentemente non compreso viste le dichiarazioni di alcuni colleghi in commissione). Oltre a ringraziare “i bravi amministratori che hanno consentito negli anni un progresso digitale dell’amministrazione”, il governo e la maggioranza dovrebbero rendersi conto della realtà dei fatti. Mancano competenze in ambito giuridico/digitale. I nostri comuni, per il 70% piccoli, non sono in grado di ottemperare agli obblighi, e spesso nemmeno li capiscono. Le procedure della nostra PA non sono pensate per il digitale ma si stratificano sull’attuale burocrazia. Si investono male le poche risorse per ammodernamento e le assunzioni sono bloccate. Servono figure specifiche che accompagnino le PA nel passaggio da carta a digitale, esperti con conoscenze giuridiche ed informatiche, nonché un piano di accompagnamento straordinario alla riforma (non si parla solo di cad, ma degli innumerevoli regolamenti che lo corredano), con poteri e risorse. Tutto questo nel “nuovo” Cad non c’è. E non lo si intravede nemmeno nelle impellenze prossime.

Qualcuno mi dirà, “però si è provveduto a nominare il nuovo commissario factotum per il digitale”. Figura che in tre anni dovrà svolgere una miriade di compiti per l’attuazione dell’agenda digitale nazionale (leggetevi l’art 63 del Cad per comprendere), senza stipendio, un miracolo insomma.

Una nota di tecnica di normazione. Questo “senza stipendio” non era necessario. Già si sapeva chi sarebbe stato questo nuovo commissario, Diego Piacentini, vicepresidente di Amazon, che non aveva certo bisogno di compensi per svolgere questo compito. Ma una volta che Piacentini se ne andrà, chi si assumerà un compito tanto importante, gratis? Chi metterà sul piatto la sua professionalità riconosciuta , in un contesto difficile di grande attenzione mediatica, senza un compenso? Risposta: nessuno.

E dovremmo, solo per questo, modificare il Cad. Ha senso legiferare così?

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