Una domanda aperta, non senza risposta, che nasconde una seconda domanda: cosa parliamo quando parliamo di esperienza museale per una persona con disabilità? Come possiamo rendere inclusiva la risposta?
Innovazione, condivisione, inclusione
Abbiamo imparato che per ogni innovazione tecnologica introdotta dobbiamo fare passare del tempo per poter vedere a cosa realmente può essere utilizzata affinché sia realmente utile. Una innovazione è efficace se diventa condivisa e quindi se diventa una cifra comune nella relazione tra le persone e la società nel suo insieme, specie se lavora sui principi dell’inclusione.
Tutte le tecnologie che usiamo e che hanno cambiato la nostra vita hanno passato una prima fase nella quale con grande riluttanza sono state male accettate; in un secondo tempo, gradualmente, sono state accolte non senza timori. Infine l’accettazione: da innovazione a pratica quotidiana.
Il tempo che ciascuno di noi ha per adattarsi all’innovazione è legato alla nostra capacità di trovare un nuovo equilibrio all’interno dei micro sconvolgimenti che comunque e sempre provocano alla nostra esperienza del mondo: le nostre abitudini e le nostre rappresentazioni della realtà devono essere riviste all’interno di nuove mappature mentali. L’innovazione cambia radicalmente la nostra esperienza quotidiana in relazione al nostro modo di percepire il mondo.
Dobbiamo lavorare sul ricollocare il nostro punto di vista all’interno della novità che l’innovazione porta, in altre parola rielaborare la nostra idea di esperienza.
In taluni casi l’innovazione non porta a cambiamenti ma a veri e propri apertura di orizzonte di movimento e di conoscenza. Questo è sicuro il modo migliore per comprendere l’importanza delle tecnologie nella nostra vita quotidiana.
L’innovazione nei musei
Ci sono luoghi speciali dove non solo si cambia l’esperienza ma si apre a nuove fasce di pubblico: i musei.
Da almeno trent’anni i non vedenti utilizzano libri in formato elettronico e hanno a disposizione strumenti per la trasmissione e la conservazione della conoscenza. Da meno tempo utilizzano tecnologie portatili che gli permettono di porre domande all’interno della rete in qualsiasi luogo, in qualsiasi momento. Possono ottenere risposte grazie a ricerche personali, grazie alla sperimentazione dei nuovi codici linguistici che li porta a raccogliere i dati per ampliare la propria esperienza del mondo.
È necessario quindi passare dalla sperimentazione, dai proclami, che terminano dopo la prima sperimentazione ad una vera pratica inclusiva.
Perché l’innovazione senza continuità non è inclusiva
Se l’innovazione non è diffusa, non lavora su un’idea di catena, di continuità, non serve a creare inclusione. Se viene a mancare un passaggio tutto ciò che si è creato prima e dopo non serve.
Specie in relazione alla disabilità: questa non è legata necessariamente a una menomazione bensì è il risultato negativo e stigmatizzante che si verifica tra una persona (con le sue condizioni di salute e le sue funzionalità) e il contesto (sfavorevole) in cui si trova a operare e compiere attività.
Occorre quindi un cambiamento percettivo. Nessuno è salvo: non è una condizione che appartiene a un numero ristretto, definito e circoscritto di persone in quanto è una caratteristica che riguarda potenzialmente tutti gli esseri umani in determinati momenti della vita.
Di tutto questo può farsi carico la tecnologia sia per i musei che per tutti gli istanti della vita, nel rispetto di “un approccio progettuale mirato alla creazione di soluzioni inclusive, utilizzabili dal maggior numero possibile di persone, senza dover ricorrere ad adeguamenti o soluzioni speciali, riducendo o azzerando i costi aggiuntivi connessi a soluzioni individualizzate”.
Questo approccio antidiscriminatorio ha come riferimento ideale tutti gli utenti di un dato ambiente, senza distinzione di età, abilità, genere, ecc (Convenzione ONU su Diritti delle persone con Disabilità UN, 2006 – ratificata nel 2011 come legge dello stato Italiano).