Cercare di costruire una mappa per orientarsi oggi nel rapporto tra i musei e il digitale non è cosa semplice e non può ridursi a un articolo di 3500 battute.
La cosa interessante è capire a cosa può servire il digitale nei musei e cosa può succedere una volta che ci si apre a questa tecnologia.
Se ci lasciamo andare ai luoghi comuni potremmo dire che, rispetto ad altri settori della cultura, siamo ancora in una fase acerba, che però lascia intravedere vie di sviluppo e di ricerca. Sarebbe ingeneroso dire che non sta accadendo nulla; osservando da vicino e lavorandoci all’interno, sono riconoscibili diverse tracce su nuove progettualità intorno al tema.
Il digital turn intorno al quale ragioniamo quotidianamente è il punto di passaggio del tempo presente di un percorso non lineare, che ha la sua partenza nella prima e più semplice invenzione umana, il linguaggio parlato che ha permesso il racconto.
Il secondo passaggio è il linguaggio scritto che ci ha permesso di rappresentare in forme simboliche il nostro pensiero e che ha ampliato enormemente la capacità dei nostri cervelli di conservare e di estendere la nostra base di conoscenza di idee strutturate ricorsivamente.
Il digital turn è una potente rifondazione del genere umano, in cui all’equilibrio biologico si affianca un nuovo equilibrio che non solo si occupa di gestione di dati in forma tecnologica, ma che sta portando fuori dai nostri corpi la stessa capacità di ragionare intorno alle cose.
Il digitale non è solo tecnica, ma è un vero ambiente dove si esercita una mente che non solo è collettiva ma anche autonoma, dotata di una sua singolarità: una capacità di formulare pensiero, avere un suo “sentimento” e contemporaneamente prendere decisioni.
Tutto questo ha una natura immateriale che ha ricadute nei nostri comportamenti e partecipa alla costruzione di questa nuova visione che da tempo ci affianca.
Quello che è cambiato è che la capacità di immaginare nella nostra mente i modelli della realtà ci permette di articolare differentemente intuizioni significative legate all’applicazione del nostro pensiero biologico con l’intelligenza non-biologica.
In fondo, al modello della società come macchina dove ogni spazio, ogni oggetto aveva una sua funzione per definita, da tempo si è sostituisce un modello che si riconosce meno: parole come museo, biblioteca, sono ormai dispositivi sempre più aperti per accogliere uffici che li allontanano dalla loro definizione più classica, razionale.
Questa è la chiave necessaria per capire cosa potrà accadere in un futuro non troppo lontano e mostra cosa sta accadendo intorno a noi in ambito museale.
Prima ancora di costruire una visione di quale sia ora il museo associato alla parola digitale, credo sia utile tentare di produrre una prima superficiale mappatura che suggerisce alcune delle vie che si stanno costruendo intorno alle nostre esperienze museali.
Lo facciamo pensando ai differenti attori che sono coinvolti nel discorso.
• Direttori museali che aprono le porte ad iniziative che rileggono il senso stesso del fare museo, per creare occasioni di avvicinamento per i nuovi pubblici. Un esempio lo si può riconoscere intorno al Whitneu Museum. La struttura complessa dei suoi articoli mostra come un museo possa diventare una redazione per parlare del nostro tempo contemporaneo, come si possa fare esperienza del mondo attraverso l’arte e non usare l’arte come appannaggio di una elite selezionata, esclusiva. All’interno di questo esempio possiamo riconoscere altri esempi su altre specifiche professioni interne al museo. Ci riferiamo ai curatori e agli operatori culturali in genere.
• I curatori che da tempo costruiscono eventi partendo dalla relazione tra le memorie e le persone, cercando vie di accesso al mondo artistico anche per chi non ha preparazione accademica.
• Gli operatori museali (conservatori, educatori, mediatori della didattica ecc.) che lavorando nella “trincea” mettono in campo buone pratiche e restituiscono sul digitale le esperienza all’interno di un racconto vivo. Lo fanno pensando a programmi più coinvolgenti, che permettono una partecipazione attiva all’interno dell’esperienza della visita.
• Ricercatori che studiano, scambiano, immaginano, pensano, condividono sulle piattaforme le loro ricerche e le confrontano in una rete globale.
• Chi si occupa di comunicazione ai vari livelli (grafica, contenuto, strategie) sta sviluppando narrazioni sempre più coinvolgenti che rilanciano la dimensione narrativa. Tra gli altri possiamo ricordare
• Social Media Manager e mediatori culturali che si occupano di tradurre l’esperienza museale in linguaggio adatto a chi a distanza può venire coinvolto. Su facebook.
• Designer che non si occupano semplicemente di ridisegnare la scenografia della mostra ma entrano nella produzione della narrazione.
• Restauratori che non si occupano più solo della materia delle opere ma che indagano con tecnologie per osservare sotto la superficie o che ricostruiscono in digitale.
• Nuove figure di mediatori tecnologici che progettano la collaborazione tra le parti.
• Fondazioni, associazioni culturali e organizzazioni governative che si occupano di studiare il panorama culturale e le modalità di accesso e gestione della conoscenza.
Tra queste Federculture e Fondazione Fitzcarraldo, la prima ha nel rapporto tra fare impresa e valorizzare la cultura il suo centro. In entrambi i casi è la relazione tra economia, management e cultura l’obiettivo dello studio e della stimolazione. Da segnalare anche il gruppo di lavoro dell’Associazione Piccoli Musei, una associazione ha come suo obiettivo il riconoscimento dello statuto di museo anche a quelle più piccole istituzioni che per dimensione non potranno mai ditarsi di determinate caratteristiche.
• Operatori turistici che riconoscono nell’esperienza culturale il motore principale porta la gente ad affrontare un viaggio.
• Chi si occupa di policy management che riconosce in tutto questo l’esigenza di organizzare/gestire in modo nuovo il rapporto con i pubblici (reali e virtuali)
• I legislatori e le istituzioni pubbliche proprietarie delle immagini coperte da diritto d’autore che si occupano dei diritti di autore e di diffusione che si trovano a dover contrastare milioni di riproduzione
• Sviluppatori informatici che si muovono tra applicazioni, web semantico, riconoscimento delle figure e gamification per costruire esperienze sempre più immersive e coinvolgenti.
• Le imprese che partecipano alla costruzione di nuove forme museali che utilizzano la tecnologia per costruire esperienza che rendono pubbliche le ricerche scientifiche sviluppate nei propri laboratori.
• Youtuber, blogger, instagramer e snapchatter che vengono spesso coinvolti nel rendere diffusa l’esperienza, ancora prima di una semplice condivisione con le giuste credenziali
• Non va dimenticato il contributo fondamentale dei differenti social media, che utilizzati da un pubblico sempre più competente portano fuori dal museo non solo contenuti ma ulteriori pensieri, e riverberano con effetto big-data in ogni istante ciò che accade in qualsiasi angolo dove sia stata raggiunta la tecnologia (che oggi è incorporata in chi cammina).
Questo elenco, che non può essere conclusivo, ci mostra come esserci affidati alle tecnologie digitali, agli ausili per ricordare, processare milioni di dati eccetera, non rappresenta semplicemente occasione per disimparare vecchie pratiche.
Mentre il digitale apprende dall’esperienza, ricorda per noi e rende presenti e vicine cose altrimenti lontane, la mente biologica, utilizzando il digitale ha imparato a usare le sue capacità legate ai sensi e alle sensibilità, legate alla sua intelligenza biologica (fatta di mente e di corpo, di intelligenza e di coscienza) per immaginare diversi modi di organizzare la propria esperienza intorno al suo essere umano.
È un percorso lungo e pieno di errori. Non tutti hanno appreso una policy. Ma stiamo imparando tutti insieme a convivere insieme.
Il digitale mortifica se si sostituisce e schiaccia l’immaginazione.
Il tema non è la costruzione di esperienze virtuali. Il suo compito è quello di potenziare la mente umana nelle sue più alte capacità legate all’immaginazione e alla creatività.
Fare entrare in una esperienza che deve restare originale, unica e irripetibile.
In ultima analisi il museo unito al digitale aiuta a conservare, tutelare e valorizzare la cosa più importante: rendere la mente umana presente a sè stessa.