In un’epoca in cui anche una canzone ascoltata online serve solo per tracciare gli utenti, è strumento di sorveglianza, la musica, al pari delle altre espressioni individuali online, rinuncia a essere un documento attraverso cui testimoniare il proprio passaggio, la propria appartenenza.
Ci chiediamo, allora, se sia possibile ritornare in qualche modo a una documentalità capace di mantenere la promessa di conservare la cultura e quindi la memoria di gruppo, al di là di un cloud di dati da computare statisticamente.
Nasce così un progetto, battezzato ArDisc (archivio discografico), che si pone l’obiettivo di catalogare la nostra musica in maniera ordinata, dando la giusta rilevanza a chi quelle canzoni immortali le ha create e registrate.
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Ma andiamo per gradi.
Musica e consumismo
In un articolo precedente, attraverso alcuni case studies, abbiamo spiegato come la digitalizzazione possa essere la cura alla crisi dei supporti fisici, siano essi cd, vinili o altro. L’importante è saper far dialogare, come un Aufhebung, virtuale e analogico, senza mai ridurre l’uno all’altro. La musica, tuttavia, appare sempre più come un mero sottofondo per video fugaci e per dare il ritmo ai nostri acquisti. È qualcosa con cui motivare il consumismo di volti e di oggetti.
Anche i teatri chiusi durante questa pandemia ci dimostrano la non necessità dell’arte per la nostra società tecnocratica. La cultura è solo un intrattenimento di cui possiamo fare a meno. È al più un sollazzo di cui poter usufruire in streaming. Tutto ciò fa perdere quel poco valore residuale al prodotto artistico. Ecco perché sembra sempre più legittimo il diritto di fruire di una canzone gratuitamente.
L’arte è un post, a volte baciato dall’algoritmo, altre volte da baciare attraverso la sponsorizzazione. La leggerezza della musica è solo uno dei tanti Big Data con cui essere profilati per ricevere contenuti ad hoc. Credo stiamo assistendo alla perdita definitiva di aura nell’opera e nel genio.
L’intelligenza artificiale replica lo stile di chiunque. Il prezzo di un prodotto sarà misurato dalla quantità di elettricità per addestrare una rete artificiale? Chi è il mecenate di un deepfake?
Il valore del “rumore”: a cosa rinunciamo con la musica digitale
Dammi un po’ di musica leggera…
La musica leggera difficilmente in Italia viene considerata come un qualcosa che fa parte del nostro mondo culturale. Lo abbiamo visto con ferocia in questo periodo di difficoltà e isolamento: ci fa compagnia, ci fa innamorare, accompagna i nostri ricordi, belli o brutti che siano, eppure non ha tutta la considerazione che merita. E da più di un secolo la musica o meglio la canzone, viene immortalata su supporto, cilindri di cera, dischi in bachelite e poi in vinile, CD e nastri di vario tipo. Anche oggi che la musica sta perdendo l’identificazione con il supporto fonografico, resta comunque fissata, resta comunque vincolata a una determinata interpretazione.
Prima della nascita della registrazione, la canzone veniva tramandata oralmente o per mezzo degli spartiti o meglio delle coppielle. Quindi non esisteva un originale (o più originali cambiando l’interprete), ma la canzone era affidata alla sensibilità dell’interprete che non la eseguiva mai due volte nello stesso modo. A partire dall’inizio del ‘900 si afferma la discografia e nasce così il supporto che fissa la canzone che tutti ascolteranno nello stesso modo, con lo stesso accompagnamento orchestrale. Un passaggio epocale.
Questo mondo, quello dell’insieme di emissioni discografiche di un determinato artista o di un determinato complesso, insieme che va a formare la sua discografia, è estremamente affascinante. Ma non è solo l’elenco a essere irresistibilmente attraente, ci sono le notizie su chi quelle canzoni le ha suonate, chi le ha registrate e dove, insomma tutte le informazioni relative a un disco o a una canzone che ne costituiscano una specie di carta d’identità. Poi sono arrivate le edizioni diverse e le ristampe, le versioni internazionali di un disco e tutto questo fiume di informazioni si è tramutato in milioni di rivoli a volte noti e altre davvero misteriosi.
Il mondo di internet è stracolmo di informazioni, praticamente ogni argomento e ogni personaggio – più o meno rilevante – è schedato. La sua attività sviscerata nel più piccolo dettaglio.
Il progetto ArDisc
Anche sui dischi si trova davvero di tutto, però si avverte la necessità di fare qualcosa di diverso, che punti alla uniformità e fruibilità delle informazioni; che permetta un incrocio dei dati davvero semplice e intuitivo. Quest’idea, grazie all’incontro delle persone giuste, è diventata reale. Il progetto di chiama ArDisc ed è un DataBase o, meglio, un sito Wiki di cultura musicale voluto e portato avanti da Michele Neri.
Come è chiaro a molti, gli incontri sono fondamentali e per concretizzare il progetto lo sono stati quelli con Daniele Lagatta che ha saputo realizzare un database su quelle specifiche chiare proposte da Michele Neri. Doveva funzionare esattamente come era stato immaginato. Può sembrare uguale a tanti altri ma non lo è proprio perché la ricerca della semplicità di fruizione è alla base della sua complessità. Un ossimoro che immagino sia di facile comprensione per tutti.
Poi c’è l’incontro con Chiara Raggi, fondatrice e direttrice del progetto Musica di Seta, dedicato alla musica d’autrice. Con lei il progetto ha preso forma nella sua interezza e al DB si è affiancato un sito che permetterà di veicolare, in modo leggero ma rigoroso, contenuti sempre legati alla storia discografica italiana.
ArDisc, questo il curioso nome scelto per il progetto, permetterà di cercare informazioni su artisti, musicisti, produttori, arrangiatori, ingegneri del suono, fotografi e grafici che hanno avuto un qualsiasi ruolo nella realizzazione di dischi, siano essi classici della nostra musica, siano oggetti misteriosi subito spariti dall’orizzonte di appassionati e addetti ai lavori.
Il progetto esce ufficialmente a maggio. Nel frattempo possiamo seguire gli sviluppi attraverso una community di Facebook. L’idea intende superare la logica del social network: alla quantità e all’anonimato dell’informazione preferisce la qualità e la responsabilità di fronte a ciò che si diffonde. L’archivio è più vicino al web 1.0, quindi alla freelosophy e all’accesso open della conoscenza. È vicino alla logica Wiki: siti sviluppati in una mutua collaborazione tra gli utenti che ne hanno accesso, i cui interventi sono però sempre sottoposti a un vaglio umano.
L’obiettivo è che la verità rimanga sempre al centro delle co-costruzioni sociali. È partecipazione consapevole alla cultura; è solidarietà di pratiche, che, per la materia musicale, stimolano proprio la creazione di un gusto del bello condiviso a cui appellarsi come sana risposta alla liquidità… non solo musicale, ma soprattutto identitaria. Non solo, raccogliere tutte le informazioni di un autore restituisce l’aura perduta all’artista. Il suo nome è un nome e cognome con un racconto in divenire; non è un bit o un account pari a quello degli altri, non è folla chiusa nello scrolling infinito dei social.
Archiviare e trovare connessioni tra interpretazioni e arrangiamenti, tra cover e temi è capacità quanto mai filosofica; è una rete di significati. È un esempio di dialettica, che, platonicamente parlando, è capacità di gerarchizzare le idee in un ordine stabile e vero. Non è il caos del web, in cui proprio perché c’è tutto, non si trova nulla o, comunque, si trova tanto falso, o, peggio, tanto parziale.
Una lunga serie di viste rappresenteranno le possibili modalità di ricerca: tutti i dischi prodotti dal tale artista, tutti quelli arrangiati da un determinato maestro o ancora i dischi della tale etichetta o i dischi di artisti italiani pubblicati in Venezuela o in altre parti del mondo.
La ricerca centrale sarà ovviamente quella finalizzata a vedere la discografia di ciascuno. In questo caso è stata prevista una tripla opzione: la discografia ufficiale, quella completa (che include le antologie non ufficiali, le edizioni economiche e quelle internazionali) e una specie di opera omnia che aggiunge alle due categorie sopra elencate anche tutti i dischi in cui il dato artista è contitolare. Ad esempio è un componente di un complesso, ha realizzato un unico progetto discografico in coppia con un collega e così via. Chiaramente lo stesso artista lo potremo cercare come produttore (per sé o per colleghi), come arrangiatore e persino come pittore o come tecnico del suono. E ovviamente come musicista ospite di qualche collega.
Conclusioni
È un inizio ma la speranza – il sogno – è di creare una piccola enciclopedia della nostra musica dal punto di vista discografico, un luogo dove tutti possano trovare le informazioni che cercano, in cui gli stessi musicisti si possano ritrovare con facilità, in cui si possano ricostruire e rivivere le piccole e grandi storie che stanno dietro a dischi che tante volte abbiamo tenuto in mano o di cui abbiamo solo sentito parlare.
Il database gira benissimo e ora l’unico problema sarà popolarlo, avendo pretese di uniformità e precisione, il caricamento dei dischi avviene con una certa lentezza e un ridotto numero di dischi inseriti, riduce sensibilmente l’utilità dell’insieme. Ogni singolo o album aggiunto, è un piccolo passo verso una maggiore e migliore fruibilità del servizio, però si è preferita questa strada rispetto all’aprire al caricamento indiscriminato dall’esterno.
Troppe volte capita di vedere, in progetti analoghi ma migliaia di volte più ricchi, una fastidiosa varietà di descrizioni e indicazioni. Lo stesso disco caricato più volte, versioni inesistenti, dati mancanti, errori grossolani. Questo non vuol dire che non è previsto il ricorso ad aiuti esterni di appassionati e competenti collezionisti. Anzi è una cosa che si auspica. È certo che ci siano molte persone che potrebbero appassionarsi a questo progetto e che avrebbero piacere a farne parte. L’indirizzo sarà quello di muoversi in tal senso, chiedendo solo a tutti di accettare una certa e malcelata pignoleria dell’ideatore, Michele Neri, nell’inserimento dei dati.
ArDisc, insomma, raccoglierà vissuti, nostalgie, ed è per questo che, assieme all’arte, traccerà noi, ma in modo finalmente diverso. Saremo noi i sorveglianti della nostra identità grazie a un ritorno alla musica, a un bello da strutturare in condivisione.