la ricerca

Narcisismo online: come riconoscerlo e come viene amplificato dai social

In che modo, e quanto, i social e le rappresentazioni di sé nel Web possono favorire comportamenti narcisistici e quale può essere la trama con la cultura neoliberale che spinge sempre di più, in ogni sfera, alla promozione di sé? Una ricerca ci aiuta a capire

Pubblicato il 30 Nov 2021

Nicola Strizzolo

docente associato Sociologia Università di Teramo

Professione creator: fra visibilità social e problematiche nel monetizzare il proprio lavoro sulle piattaforme digitali

Tutti conoscono il mito di Narciso, consumato dall’amore per la propria immagine riflessa in uno stagno. E se l’immagine riflessa, oggi, fosse quella che proiettiamo nei social?

Su questa base abbiamo utilizzato uno strumento per la rilevazione psicologica del narcisismo assieme a delle domande su comportamenti nei social.

Dai risultati, esposti in “Narcisismo 2.0? Tra cultura, comunicazione e web society”, è emerso che gli studenti del campione con maggiori numeri di contatti nei social erano anche quelli con maggiore narcisismo.

Dal sé al selfie: gli influencer tra narcisismo e neoliberalismo (e tanto business)

Narcisismo: quanto è favorito dai social?

La questione che ci poniamo è quanto i social e le rappresentazioni di Sé nel Web possano favorire comportamenti narcisistici e quale possa essere la trama con la cultura neoliberale che spinge sempre di più, in ogni sfera, alla promozione di sé. In merito, possiamo riportare la Snapchat Dysmorphia, termine che racchiude quei casi di interventi chirurgici richiesti per rassomigliare all’immagine personale filtrata dai social, o l’effetto Zoom boom, che spiegherebbe l’incremento di interventi estetici registrato con la prolungata esposizione a videoconferenze determinate dal lockdown.

La convergenza del digitale è anche culturale. Lo stesso capitalismo della sorveglianza si basa sulla convergenza di comunicazione e sfruttamento economico, il valore viene generato da quello che le persone proiettano di sé nella rete: tutto quello che postiamo potenzialmente diventa intrattenimento per gli altri e, assieme a tutto quello che guardiamo, informazioni che costituiscono profili per il marketing. Da produttori e consumatori di contenuti, prosumer, assuefatti a Internet, diventiamo websumer: in questa social vetrina ci riesce difficile separare l’impulso produttivo-consumistico da quello narcisistico.

La passione voyeuristica contraddistingue l’odierna cultura occidentale e nasce con la comparsa delle vetrine nel Settecento: valorizzavano i prodotti attraverso la loro spettacolarizzazione fino a diventare, con l’evoluzione delle luminarie e dell’architettura, luoghi in cui si fondeva la messa in scena dei venditori con la presenza dei passanti costituendo così, insieme, il primo brulicante spettacolo del consumo di massa.

Il prodotto siamo noi

Non solo la “vetrinizzazione sociale” di Codeluppi, ma anche l’”homo videns” di Sartori e la ‘videosfera’ di Thompson confermano, prima del web, la centralità moderna dell’immagine.

Nella solitudine davanti alla vetrina prima, poi davanti allo schermo televisivo ed infine nella sua vertigine relazionale e rappresentativa dei social, l’isolamento senza intermediazioni fisiche ha preparato la vita delle persone ad una messa in scena: ieri quella del negoziante, oggi quella delle piattaforme.

Se la vetrina era «una sorta di specchio in cui si rifletteva un individuo che acquisiva consapevolezza del suo nuovo ruolo» (Codeluppi, 2007, p. 7), l’evoluzione competitiva neoliberale dell’immagine ha prodotto forme sempre più spettacolarizzate, dalle vetrine ai media, fino alla rappresentatività di sé nei social.

Così, l’evoluzione, dal consumo della merce a quella di consumatori-vetrina ed infine di noi stessi, ci ha trasformato nel prodotto che genera ricchezza attraverso quello che mostriamo, facciamo, cerchiamo e comunichiamo: attraverso la spettacolarizzazione permanente delle proprie vite, in una rappresentazione anche di aspetti del privato, che fondendosi con i media digitali, assume e confonde gli aspetti simulativi.

L’imperativo edonistico di una società narcisista trova la sua superfice perfetta negli schermi tattili dei dispositivi, nelle possibilità di creazione di contenuti, effetti, filtri e ritocchi, delle diverse piattaforme social.

Le persone, con le loro vite intime, diventano la vera merce spettacolarizzata della vetrina digitale: da un lato, la mancanza di competenze o talento artistico, e dall’altro, la scelta diretta del pubblico, hanno fatto emergere personaggi che corrispondono a quello che sono nella loro vita reale – un paradosso di mediata immediatezza – e, forse anche, dilatare il personaggio, che rappresentano con successo di pubblico, in ogni aspetto della loro vita.

Le persone passano sempre più tempo assorbite dai dispositivi digitali. In questi, per mezzo dei social, proiettano la loro immagine. Quando la cura di questa prende il sopravvento sulla vita offline, la cui voce diventa solamente un eco di quanto avviene nei social, può riprodursi l’esperienza di Narciso difronte allo specchio d’acqua: d’innamorarsi di una chimera (oggi nel Web) e di perdersi completamente.

Conclusioni

La tesi, a posteriori, che si può trarre da questa ricerca, studi e riflessioni successivi, è che i social non inducano narcisismo nelle persone, ma siano perfetti per chi ha già una base di narcisismo e che il sistema premiante della visibilità, questo sì imperniato sul neoliberalismo attraverso la promozione di sé nella cura della propria immagine (che oggi è performance, story telling, self branding fino alla capitalizzazione dei follower), produca atteggiamenti narcisisti. Per capire se questi siano strumentali o indicatori di personalità, la ricerca non si deve fermare alla superfice delle cose, ma costruire strumenti che vadano in profondità, unendo diversi livelli informativi e discipline che, insieme, li analizzino. Ovviamente all’interno di un profilo etico, lontano dalla manipolazione o dal capitalismo della sorveglianza, che tuteli l’anonimato e il cui obiettivo sia la ricerca, stando sempre vigili, perché, non poche volte, con la guida dalla sola scienza si è smarrita l’umanità.

Bibliografia

Calzeroni, P. (2019). Il narcisismo digitale. Critica dell’intelligenza collettiva nell’era del capitalismo della sorveglianza. Milano-Udine: Mimesis.

Codeluppi, V. (2007). La vetrinizzazione sociale. Il processo di spettacolarizzazione degli individui e della società. Torino: Bollati Boringhieri.

Codeluppi. V. (2015). Mi metto in vetrina. Selfie, Facebook, Apple, Hello Kitty, Renzi e altre “vetrinizzazioni”. Milano-Udine: Mimesis.

Sartori G. (1997). Homo videns. Televisione e post-pensiero. Roma-Bari: Laterza.

Strizzolo N. (2020), Narcisismo 2.0? Tra cultura, comunicazione e web society. Gutenberg Edizioni, Fisciano. https://www.gutenbergedizioni.com/prodotto/nicola-strizzolo-narcisismo-2-0-cultura-comunicazione-web-society/

Strizzolo, N. (2021). TikTok, social “vetrina” nell’era del post talento: ecco perché ha successo. https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/tiktok-social-vetrina-per-eccellenza-nellera-del-post-talento-ecco-perche-ha-successo/

Thompson, J. (1998). Mezzi di comunicazione e modernità. Una teoria sociale dei media. Bologna: Il Mulino.

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