neurodiritti

Etica della neurotecnologia: difendere la privacy della mente



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L’Unesco ha lanciato una consultazione globale sulla Raccomandazione sull’etica della neurotecnologia, chiusa il 12 luglio, coinvolgendo esperti e cittadini per garantire un uso responsabile delle tecnologie che interagiscono con il cervello umano. La neurotecnologia, dalle terapie mediche al potenziamento cognitivo, solleva questioni etiche e legali cruciali per la privacy e l’autonomia individuale

Pubblicato il 22 ago 2024

Barbara Calderini

Legal Specialist – Data Protection Officer



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Nel romanzo distopico “1984” di George Orwell, il Grande Fratello vigilava su ogni individuo in ogni momento. La privacy è un’illusione, il pensiero libero un miraggio. Oggi, con l’avvento della neurotecnologia, la fantascienza di Orwell rischia di diventare realtà?

Indice degli argomenti

Neurotecnologie, la consultazione globale Unesco

L’UNESCO, in prima linea nella promozione di un uso responsabile della tecnologia, ha lanciato una consultazione globale, chiusa il 12 luglio scorso, sulla prima bozza della Raccomandazione sull’etica della neurotecnologia. L’obiettivo è quello di raccogliere i pareri di un’ampia gamma di parti interessate, da esperti e ricercatori a cittadini e organizzazioni della società civile, per garantire che la Raccomandazione rifletta le diverse prospettive e tuteli i diritti di tutti.

La neurotecnologia, con le sue potenzialità rivoluzionarie in ambito medico, scientifico e persino commerciale, apre a scenari incredibili: curare malattie neurologiche, potenziare le nostre capacità cognitive, interfacciarsi con le macchine con la sola forza del pensiero.

Lo studio “Building Communication Neurotechnology for High Stakes Communications” è una fotografia esauriente dello sviluppo e dell’implementazione raggiunti dalla neurotecnologia mirata a facilitare la comunicazione per le persone con funzionalità motorie limitate; in particolare quella che decodifica i segnali neurali per produrre discorsi, scrittura o digitazione.

Verso un futuro di manipolazione del pensiero?

Ma il rovescio della medaglia è inquietante: chi avrà il controllo di questa tecnologia? I governi per il controllo di massa? Le aziende per il profitto? E che fine farà la nostra privacy, la nostra libertà mentale, la nostra stessa identità? La nostra autodeterminazione?

Tecniche come l’optogenetica, la stimolazione transcranica a corrente continua (tDCS) e la stimolazione magnetica transcranica (TMS) potrebbero, in futuro, raggiungere una precisione tale da manipolare pensieri, emozioni e persino il comportamento, con o senza la consapevolezza dell’individuo.

L’optogenetica, ad esempio, utilizza la luce per attivare o inibire specifici neuroni. Se applicata all’uomo, potrebbe teoricamente influenzare l’umore, la memoria o la capacità di prendere decisioni. La tDCS, invece, impiega una debole corrente elettrica per modulare l’attività cerebrale. Già utilizzata in alcuni contesti terapeutici, potrebbe in futuro essere impiegata per migliorare le prestazioni cognitive o ridurre l’ansia, sollevando dubbi sul consenso informato e sull’abuso di queste tecnologie.

La TMS, infine, induce campi magnetici per stimolare aree specifiche del cervello. Attualmente impiegata per la ricerca e la riabilitazione, potrebbe in futuro essere utilizzata per trattare disturbi neurologici o psichiatrici, ma anche per influenzare il comportamento o le emozioni.

Le implicazioni etiche e legali delle neurotecnologie

Le implicazioni etiche e legali di queste tecnologie sono robuste, solide e complesse.

Decodificare l’immaginazione: lo studio di Naoko Koide-Majima, Shinji Nishimoto e Kei Majima, “Mental Image Reconstruction from Human Brain Activity”

Il rapporto intitolato “Mental Image Reconstruction from Human Brain Activity: Neural Decoding of Mental Imagery via Deep Neural Network-Based Bayesian Estimation” di Naoko Koide-Majima, Shinji Nishimoto e Kei Majima esamina le potenzialità sottese a tali tecnologie attraverso l’analisi della fattibilità ed efficacia dell’uso di un framework di stima bayesiana basato su reti neurali profonde per ricostruire immagini visive e immaginate dall’attività cerebrale umana. L’introduzione di informazioni semantiche di alto livello attraverso modelli come CLIP ha infatti reso possibile un significativo passo avanti nella capacità di decodificare e visualizzare l’immaginazione mentale, offrendo disparate applicazioni in neuroscienze, psicologia e campi correlati.

Non tutte auspicabili, ça va sans dire.

Gli interrogativi cruciali sui diritti umani e sul futuro dell’umanità

Nello specifico lo studio esplora tecniche avanzate di decodifica neurale, concentrandosi sulla ricostruzione delle immagini mentali a partire dall’attività cerebrale. Sfrutta reti neurali profonde (DNN) e stima bayesiana per decodificare e ricostruire sia immagini viste che immaginate dai dati della risonanza magnetica funzionale (fMRI). Gli autori mirano a superare le limitazioni precedenti incorporando informazioni semantiche di alto livello, permettendo la ricostruzione di immagini naturali arbitrarie, con importanti implicazioni per la comprensione dell’attività cerebrale legata alla percezione, all’immaginazione e potenzialmente anche ai sogni e alle allucinazioni.

Il fine principale dello studio è stato quello di migliorare i metodi esistenti per la ricostruzione delle immagini visive dall’attività cerebrale, con particolare attenzione alla visualizzazione dell’immaginazione mentale.

La metodologia seguita ha consentito la progettazione di un framework che pare abbia ricostruito con successo sia immagini viste che immaginate dall’attività cerebrale. La valutazione quantitativa viene stimata dagli autori con un’elevata accuratezza nell’identificare immagini viste e immaginate rispetto ai metodi precedenti (viste: 90.7%, immaginate: 75.6%, accuratezza casuale: 50.0%), superando l’approccio precedente che, riferiscono, poteva raggiungere solo il 64.3% di accuratezza per le immagini viste e il 50.4% per le immagini immaginate.

Inutile dire che le possibili implicazioni di tanto si rivelano sin d’ora immediatamente significative, entusiasmanti quanto allarmanti.

​​L’utilizzo improprio, accidentale o deliberato di queste tecnologie, o l’interpretazione errata di presunti stati mentali, potrebbe avere conseguenze gravi per l’autonomia e la libertà degli individui.

Verso una Dichiarazione universale dell’Unesco sulla mente e i diritti umani

Gli interrogativi cruciali sui diritti umani e sul futuro dell’umanità sono anche i temi al centro del dibattito aperto dal Comitato internazionale per la bioetica dell’UNESCO (IBC) voluto per proporre un “quadro di governance” all’interno di una futura Dichiarazione universale dell’UNESCO sulla mente e i diritti umani, o addirittura di una nuova “Dichiarazione universale sui diritti umani e la neurotecnologia“.

E non si tratta di un’idea isolata.

Diverse agenzie per i diritti umani, tra cui l’OCSE hanno già affrontato la questione, organizzando audizioni e commissionando relazioni .

Anche il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha incaricato il suo Comitato consultivo di elaborare uno studio completo sulle neurotecnologie e i diritti umani.

L’urgenza di una risposta internazionale è dunque evidente.

Le linee guida per uno sviluppo etico e responsabile delle neurotecnologie

La consultazione online lanciata dall’UNESCO per elaborare una Raccomandazione sull’etica della neurotecnologia si è posta come ambizioso obiettivo quello di definire linee guida per uno sviluppo responsabile di queste tecnologie, a beneficio dell’umanità e non a suo detrimento.

Come detto i rischi per la neuroprivacy sono concreti e nonostante questo le aziende del settore neurotecnologico, troppo spesso, non solo in linea con le normative vigenti. I dati neurali, raccolti da dispositivi indossabili o interfacce cervello-computer, sono estremamente sensibili e potrebbero essere utilizzati per discriminare, manipolare o controllare le persone.

L’integrità mentale e l’autonomia sono a rischio. La neurotecnologia potrebbe essere usata per alterare stati mentali, influenzare emozioni, persino i ricordi, senza alcun consenso.

La linea tra terapia e coercizione, tra potenziamento e manipolazione, diventa sottile e pericolosa.

La prima stesura della Raccomandazione è stata elaborata da un gruppo di esperti ad hoc (AHEG) durante il loro primo incontro presso la sede centrale dell’UNESCO (Parigi, 22-26 aprile 2024). Un secondo incontro (Parigi, 26-30 agosto) seguirà per integrare i contributi ricevuti, inclusi quelli raccolti tramite la consultazione online.

Il documento Unesco, nel dettaglio

Il documento,il cui titolo è Outcome document of the first meeting of the AHEG: first draft of a Recommendation on the Ethics of Neurotechnology (first version), riporta una serie iniziale di raccomandazioni esplorando vari aspetti etici legati allo sviluppo e all’applicazione delle neurotecnologie oltre che sottolineando la necessità di un quadro normativo e di linee guida che assicurino un utilizzo responsabile e benefico di queste tecnologie.

Questi i punti principali trattati nella prima stesura:

Introduzione e contesto

La neurotecnologia comprende tutte le tecnologie che interagiscono direttamente con il sistema nervoso umano, compresi i dispositivi di neuroimaging, gli impianti cerebrali e le tecniche di stimolazione cerebrale.

La crescente applicazione di queste tecnologie solleva importanti questioni etiche, necessitando di raccomandazioni specifiche per guidare il loro sviluppo e utilizzo.

Principi etici fondamentali

Dignità umana e diritti umani: riconoscimento e protezione della dignità umana, con un’attenzione particolare ai diritti fondamentali degli individui.

Fare il bene ed evitare il male: promozione del benessere e prevenzione dei danni, assicurando che le tecnologie siano utilizzate per il beneficio degli individui e della società.

Giustizia e non discriminazione: accesso equo e non discriminatorio alle neurotecnologie, evitando qualsiasi forma di esclusione o marginalizzazione.

Autonomia e consenso informato: rispetto dell’autonomia individuale, garantendo che gli utenti delle neurotecnologie siano pienamente informati e acconsentano liberamente al loro utilizzo.

Raccomandazioni specifiche

Ricerca e sviluppo: promuovere la ricerca responsabile, con un’attenzione particolare alla valutazione dei rischi e dei benefici, e alla protezione dei partecipanti agli studi.

Politiche e regolamentazioni: creazione di politiche e regolamentazioni che assicurino l’uso etico delle neurotecnologie, includendo la protezione dei dati e la privacy.

Educazione e formazione: sviluppo di programmi educativi per informare il pubblico e formare i professionisti sulle implicazioni etiche delle neurotecnologie.

Cooperazione internazionale: favorire la cooperazione tra paesi e istituzioni per condividere conoscenze, risorse e buone pratiche nella gestione delle neurotecnologie.

Conclusione

– Il documento sottolinea l’importanza di un approccio proattivo nell’affrontare le sfide etiche legate alle neurotecnologie.

– Viene ribadita la necessità di una continua revisione e aggiornamento delle raccomandazioni per adattarsi ai rapidi progressi in questo campo.

Per una comprensione completa e dettagliata, si consiglia ovviamente di consultare il relativo documento disponibile qui.

Dati neurali a rischio: il report

Nel mentre un nuovo report di 100 pagine, il primo del suo genere, ha esaminato le pratiche sui dati e i diritti degli utenti relative ai prodotti di neurotecnologia destinati consumatori. La neurotecnologia comprende dispositivi in grado di registrare o alterare l’attività del sistema nervoso, inclusi cervello, midollo spinale e nervi periferici. Tradizionalmente utilizzati in contesti medici e di ricerca, questi dispositivi stanno per l’appunto diventando sempre più accessibili ai consumatori.

Il rapporto “Safeguarding Brain Data: Assessing the Privacy Practices of Consumer Neurotechnology Companies,” redatto da Jared Genser, Stephen Damianos e Rafael Yuste, pubblicato nell’aprile 2024, esamina le policy sulla privacy e le condizioni d’uso di 30 aziende che offrono prodotti neuro-tecnologici acquistabili online. Le pratiche sui dati vengono confrontate con una mezza dozzina di standard globali di protezione dei dati. L’intento è quello di valutare la gestione dei dati neurali rispetto agli standard consolidati per la gestione di altri tipi di dati sensibili e identificabili personalmente.

Le rivelazioni del report

  • Mancanza di trasparenza: molte aziende non forniscono informazioni chiare e complete su come vengono raccolti, utilizzati e condivisi i dati neurali.
  • Consenso insufficiente: i meccanismi di consenso spesso non sono adeguati a garantire che gli utenti comprendano appieno le implicazioni del trattamento dei loro dati neurali.
  • Protezione dei dati inadeguata: le misure di sicurezza per proteggere i dati neurali da accessi non autorizzati, violazioni o abusi sono spesso insufficienti.
  • Mancanza di controllo degli utenti: gli utenti hanno spesso un controllo limitato su come vengono utilizzati i loro dati neurali.

Non buone notizie dunque.

Nello specifico lo studio ha affrontato diverse problematiche inerenti le pratiche di gestione dei dati da parte delle aziende di neuro-tecnologia, suddividendole in cinque aree tematiche principali: accesso alle informazioni, raccolta e archiviazione dei dati, condivisione dei dati, diritti degli utenti, e sicurezza dei dati.

Principali punti trattati dal report

Di seguito, una panoramica dei principali punti trattati.

Accesso alle informazioni

– La maggior parte delle aziende non fornisce adeguate informazioni ai consumatori riguardo alle pratiche di gestione dei dati, la privacy e i diritti degli utenti. Solo 22 aziende su 30 (73.33%) hanno politiche di privacy disponibili sui loro siti web, e solo 10 di queste (33.33%) si impegnano a notificare ai consumatori eventuali cambiamenti nelle pratiche di dati e privacy.

Raccolta e archiviazione dei dati

– Solo quattro aziende (13.33%) menzionano esplicitamente gli sforzi per minimizzare la quantità di dati raccolti dai consumatori. Le pratiche di ritenzione dei dati sono discusse da 19 aziende (63.33%), ma solo due aziende (6.67%) trattano esplicitamente la minimizzazione dei dati, la ritenzione dei dati e i dati neurali.

Condivisione dei dati

– Oltre il 50% delle aziende prevede nei loro regolamenti la possibilità di condividere i dati con terze parti. 20 delle 30 aziende (66.67%) menzionano esplicitamente che possono, in determinate circostanze, condividere informazioni personali con terze parti.

Diritti degli utenti

– Solo 16 aziende (53.33%) menzionano esplicitamente che i consumatori possono, in determinate circostanze, ritirare il consenso al trattamento dei dati, e solo 14 aziende (46.67%) permettono la cancellazione dei dati.

Sicurezza dei dati

– La maggior parte delle aziende non ha misure adeguate per proteggere i dati neurali. Solo 17 aziende (56.67%) menzionano la pratica di de-identificazione delle informazioni, sei aziende (20%) parlano di crittografia dei dati, e solo cinque (16.67%) si impegnano a notificare i clienti in caso di violazione della sicurezza.

Neurotecnologie: l’inadeguatezza degli attuali quadri normativi

Le preoccupazioni relative ai neuro dati non si esauriscono nella mancanza di trasparenza e tutela da parte delle aziende. A pesare è anche l’inadeguatezza degli attuali quadri normativi, che lasciano ampio spazio all’abuso di queste informazioni sensibili.

La decodifica e la commercializzazione dei neuro dati possono ancora avvenire senza restrizioni sufficientemente rigorose, esponendo gli individui a rischi concreti. Tra questi, la discriminazione basata su dati neurali rappresenta una minaccia seria, potendo condizionare l’accesso a servizi essenziali o addirittura determinare scelte di vita cruciali.

Non ultimo, la manipolazione dei neuro dati apre scenari inquietanti di controllo mentale e influenza indebita. L’utilizzo di queste informazioni per fini pubblicitari aggressivi o per il condizionamento delle opinioni politiche rappresenta un’altra grave violazione dell’autonomia individuale e della libertà di pensiero.

A maggior ragione diviene pertanto essenziale definire i diritti degli individui sui propri dati cerebrali, stabilendo limiti chiari al loro utilizzo e garantendo un controllo effettivo su come vengono raccolti, utilizzati e archiviati.

L’implementazione di solide misure di sicurezza si rivela fondamentale per proteggere i neuro dati da accessi non autorizzati, perdite o violazioni.

Promuovere la trasparenza e la responsabilità nell’utilizzo degli stessi è altrettanto urgente. Infine, l’educazione del pubblico sui rischi e sui benefici della neurotecnologia, nonché sui diritti in materia di protezione dei dati neurali, rappresenta un passaggio basilare per costruire una società consapevole e in grado di affrontare le sfide e le opportunità poste da questa tecnologia rivoluzionaria.

Eppure, tutte queste aree critiche rimangono al momento prive di un’adeguata copertura normativa.

Solo pochi paesi si distinguono per aver adottato misure legislative per proteggere queste informazioni altamente sensibili.

Neurotecnologia e diritti umani: il Cile apre la strada

Il Cile si identifica come il primo paese al mondo ad aver inserito nella propria Costituzione la tutela dei “neuro diritti”, apprestandosi ad affrontare le sfide etiche e legali poste dalle neurotecnologie emergenti.

L’approvazione della legge numero 21.383 il 14 ottobre 2021 ha infatti modificato l’articolo 19 della Costituzione cilena, rafforzando il diritto alla vita e alla salute fisica e psichica. La nuova formulazione sottolinea espressamente che “lo sviluppo scientifico e tecnologico debbano essere al servizio delle persone e condotti nel rispetto della vita e della salute fisica e psichica”. L’articolo 19 specifica inoltre che “la legge regolerà i requisiti, le condizioni e le restrizioni per il suo utilizzo sulle persone e dovrà proteggere in particolar modo, in particolare, l’attività cerebrale e le informazioni da essa derivate”. Un’aggiunta questa chiaramente diretta a contrastare potenziali abusi e a garantire la tutela della privacy mentale degli individui nell’era delle neurotecnologie.

Questa mossa, seppur accolta con moderato entusiasmo dai media internazionali, merita invero adeguata attenzione sia da parte di coloro che ritengono possa anticipare i rischi e le sfide poste da queste tecnologie in evoluzione, sia da coloro che reputano come tanto possa rivelarsi più un’avventura legislativa prematura e dai contorni ancora incerti.

L’innovazione nel campo delle neurotecnologie avanza a passi da gigante. Già oggi, tecnologie come l’interfaccia cervello-macchina di Neuralink hanno reso evidenti quanto certi scenari non siano più mera fantascienza, bensì un futuro piuttosto incombente.

Una sfida coraggiosa e complessa

E dunque detrattori o sostenitori a parte, la scelta cilena rappresenta in ogni caso una sfida coraggiosa e complessa.

Come definire i concetti di “attività mentale” o “connessioni neurali”? Come garantire un consenso informato quando si concedono applicazioni che utilizzano i dati cerebrali? Come assicurare un accesso equo alle neurotecnologie, evitando che diventino privilegio di pochi?

Quel che è certo è che nonostante le incertezze, il Cile ha acceso i riflettori su un tema di fondamentale importanza poichè, inevitabilmente come ogni progresso tecnologico, la neurotecnologia è un’arma a doppio taglio. Da un lato, offre potenziali benefici tra i quali il recupero del controllo per persone con paralisi o la cura di epilessia, depressione e demenza. Dall’altro, solleva inquietanti questioni etiche e legali.

Un esempio emblematico è il potenziale utilizzo della neurotecnologia nel sistema penale: potrebbe mai essere eticamente accettabile che in Tribunale un algoritmo decida quando è necessaria la stimolazione cerebrale?

La cautela è ovviamente d’obbligo. Ogni legislazione dovrà rivelarsi sufficientemente flessibile da adattarsi all’evoluzione tecnologica, senza ledere i diritti fondamentali degli individui.

L’importante decisione della Corte Suprema cilena

Intanto la Corte Suprema cilena ha già stabilito un precedente storico pronunciando un verdetto che avrà ripercussioni dirompenti sul futuro delle tecnologie di lettura della mente e sulla tutela dei “diritti neurali” in Cile.

La decisione emessa il 9 agosto 2023 stabilisce che la raccolta e l’archiviazione dei dati cerebrali senza il consenso esplicito dell’individuo costituisce una violazione della privacy.

Al centro della vicenda Il senatore cileno Guido Girardi, pioniere nella tutela dei neuro diritti il quale ha acquistato un dispositivo chiamato “Insight” prodotto da Emotiv, Inc., società nordamericana, progettato per misurare le onde cerebrali e raccogliere dati sul comportamento dei consumatori. Questo dispositivo wireless, che funziona come un auricolare con sensori, raccoglie informazioni sull’attività elettrica del cervello, cioè neurodati.

La sentenza, nata dall’azione di tutela costituzionale intentata da Guido Girardi Lavin contro Emotiv Inc., analizza se i neuro dati possano essere considerati dati personali e se debbano essere classificati in una categoria speciale. Emotiv ha sostenuto che i dati raccolti da Insight erano da ritenersi anonimi e protetti da rigorose misure di sicurezza, negando qualsiasi violazione della privacy. Girardi, al contrario, ha contestato la validità dell’anonimizzazione, sostenendo che i dati cerebrali fossero invece dati personali a tutti gli effetti e che la loro raccolta e archiviazione senza consenso esplicito costituissero pertanto una grave minaccia alla sua privacy. La Corte Suprema ha dato ragione a Girardi ordinando altresì a Emotiv di cancellare tutti i dati cerebrali di Girardi e sollecitando le autorità cilene a rafforzare la regolamentazione delle tecnologie di lettura della mente per proteggere i “diritti neurali” dei cittadini.

Verso una tutela globale: i primi passi tra America Latina, Europa e Stati Uniti

Il Cile non è comunque solo.

Le mosse di America Latina e Usa

L’esempio cileno ha ispirato altri paesi latinoamericani a seguirne l’esempio. Messico e Brasile hanno avviato processi per emendamenti costituzionali simili, mentre altri paesi, tra cui Costa Rica, Colombia, Argentina e Uruguay, stanno esplorando diverse proposte legislative per tutelare i neuro diritti.

Anche al di fuori dell’America Latina, la tutela dei neuro diritti sta guadagnando slancio. Lo stato del Colorado negli Stati Uniti ha recentemente ampliato la definizione di dati “particolari” per includere i dati neurali, riconoscendo la loro natura particolare e la necessità di una protezione adeguata. California e Minnesota stanno valutando l’adozione di misure simili per tutelare i neuro diritti dei propri cittadini.

La discussione in atto in Israele, Corea del Sud ed Europa

Anche altre giurisdizioni, come Israele, Corea del Sud ed Europa, sono nelle fasi iniziali della discussione sulla protezione della privacy della mente.

La Spagna, da quando il 22 dicembre 2022 ha ospitato la presentazione pubblica della sua Carta dei diritti digitali, che incorpora i neuro diritti e ha annunciato ufficialmente la creazione del Centro nazionale spagnolo di neurotecnologia, il percorso è avanzato con continuità verso la definizione di una cornice giuridica dei nuovi neuro diritti, fino allo scorso dicembre 2023, dove il Consiglio dell’Unione Europea ha perfezionato la Dichiarazione di Léon sulla neurotecnologia europea. Promossa dalla Presidenza spagnola del Consiglio, la Dichiarazione ha inteso rappresentare l’impegno collettivo da parte degli Stati membri a garantire che la trasformazione digitale sia guidata da principi etici e non si limiti a meri progressi tecnologici.

La Francia ha implementato leggi che regolano l’uso delle tecniche di imaging cerebrale solo per scopi medici o scientifici, l’OCSE ha emesso una raccomandazione per promuovere innovazioni responsabili nelle neurotecnologie, sottolineando la necessità di prevenire abusi e discriminazioni, mentre il Consiglio d’Europa ha adottato la Risoluzione No. 2344, che evidenzia il rapido progresso delle neurotecnologie e la necessità di regolamentarle in modo da proteggere la dignità, l’uguaglianza e la libertà degli individui.

Sebbene dunque diverse nazioni e organizzazioni abbiano intrapreso i primi passi in questa direzione, si osserva comunque un’eterogeneità di approcci e modalità.

Alcune nazioni, come l’Argentina, promuovono riforme legislative incentrate sulle norme procedurali e penitenziarie applicate alla neurotecnologia, senza introdurre nuovi elenchi di diritti specifici per tale settore.

L’approccio di soft law di Oas e Onu

Proposte avanzate da organismi come il Comitato giuridico interamericano dell’Organizzazione degli Stati americani – OAS o l’ONU propugnano, invece, un approccio di soft law, definendo principi e linee guida per la neuro-tecnologia, piuttosto che elenchi di nuovi diritti.

In altri casi, si pone come priorità la conduzione di studi e ricerche per approfondire le implicazioni etiche e legali della neuro-tecnologia, prima di procedere alla creazione di nuovi diritti.

E’ evidente quindi come proprio la molteplicità di approcci adottati da diverse nazioni e organizzazioni evidenzi la necessità di un quadro coeso che racchiuda le diverse prospettive e sfumature dei cosiddetti “neuro diritti”.

Le implicazioni per il diritto: il parere degli esperti sui nuovi orizzonti giuridici

Mentre la neurotecnologia e l’intelligenza artificiale continuano ad evolversi a un ritmo vertiginoso, ovunque la politica è chiamata ad affrontare una sfida inedita: la tutela dei neuro diritti. Un tema complesso e urgente che richiede una riflessione profonda e un impegno concreto da parte di governi, istituzioni e cittadini.

Cinque diritti fondamentali per la tutela della sfera mentale

L’idea di stabilire nuovi diritti neuro-specifici è stata avanzata per la prima volta da Ienca e Andorno (2017), che proposero l’introduzione di quattro nuovi diritti. Il loro lavoro ha aperto la strada a un dibattito acceso che ha coinvolto esperti di diverse discipline e ha portato alla definizione di cinque diritti fondamentali per la tutela della sfera mentale nell’era della neurotecnologia:

1. Privacy mentale: Proteggere i dati neurali dall’accesso non autorizzato, garantendo il diritto degli individui al controllo esclusivo delle proprie informazioni cerebrali.

2. Identità personale: Tutelare l’integrità psichica e l’identità personale di fronte alle potenziali alterazioni indotte dalle neurotecnologie.

3. Libero arbitrio: Salvaguardare l’autonomia decisionale degli individui, evitando che le neurotecnologie possano influenzare o manipolare le loro scelte.

4. Equo accesso all’aumento mentale: Garantire un accesso democratico e non discriminatorio alle tecnologie che possono migliorare le capacità cognitive, evitando la creazione di una società a due livelli.

5. Protezione dai pregiudizi: Prevenire l’utilizzo distorto e discriminatorio delle neurotecnologie, contrastando ogni forma di bias algoritmico o di abuso di potere.

La NeuroRights Foundation ha raccolto queste proposte in un quadro organico, offrendo una base di partenza per la discussione e l’elaborazione di nuove normative.

I neuro diritti sono davvero necessari?

Nasce il concetto di “neuro diritti”, cresce l’esigenza di definire un ecosistema normativo neuro specifico che tuteli l’integrità del sistema nervoso centrale e i dati ad esso connessi, che protegga dalla “lettura” non autorizzata del cervello. Non si tratta di limitare il progresso scientifico, ma di accompagnarlo con principi etici e giuridici solidi che garantiscano il benessere e la libertà degli individui.

Eppure in tanti ancora si chiedono se i neuro diritti siano una risposta necessaria?

Diversi studiosi hanno sollevato preoccupazioni riguardo alla creazione di nuovi diritti specifici per le neuroscienze. Christoph Bublitz critica l’inflazione dei diritti e la mancanza di un dibattito accademico robusto. Marcello Ienca sottolinea la scarsità di letteratura accademica sul tema e il rischio di ambiguità semantica. Joseph J.Fins argomenta che le riforme cilene sui neurorights sono vaghe e premature.

Altri studiosi, come Sergio Ruiz (et al.) e Moreu Carbonell, avvertono che le proposte in Cile potrebbero avere effetti negativi sulla ricerca e sulla pratica medica. López-Silva e Raúl Madrid ritengono che l’emendamento costituzionale per includere i neurorights sia tecnicamente inutile, ma considerano l’introduzione di una legge specifica consigliabile.

Guilherme Wood, esperto di neuropsicologia e neuroetica, è certo che servano. Sostiene fermamente la necessità di una regolamentazione e auspica chequanto prima i neuro diritti possano diventare una realtà per proteggere i cittadini dalle relative minacce.

La manipolazione di pensieri, emozioni e comportamenti, l’invasione della privacy mentale e la compromissione dell’autonomia individuale rappresentano solo alcuni dei rischi associati a queste tecnologie innovative.

Il futuro della neurotecnologia: serve un dialogo aperto e inclusivo

Ophelia Deroy, esperta di neurofilosofia ritiene che la discussione sul futuro della neurotecnologia non possa essere monopolizzata da pochi esperti o aziende.

Sostiene un dialogo aperto e inclusivo che coinvolga filosofi, neuroscienziati, giuristi, politici, cittadini e rappresentanti della società civile, al fine di sviluppare una visione condivisa e responsabile del futuro di queste tecnologie, garantendo che il loro sviluppo e utilizzo siano guidati da principi etici solidi.

Deroy propone l’analogia con la conservazione del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO per sottolineare l’importanza di salvaguardare gli aspetti intangibili della nostra mente. La stessa design fiction, attraverso la creazione di scenari futuri speculativi, potrebbe svolgere un ruolo importante nel plasmare il dibattito pubblico sulle nuove tecnologie. Presentare scenari distopici, secondo la scienziata, non solo aiuterebbe a prevedere potenziali rischi, ma incoraggia anche il pensiero critico e la riflessione sulle implicazioni etiche e sociali di queste tecnologie.

Sia come sia, la neuro-tecnologia impone un ripensamento profondo dei preesistenti confini giuridici, come nel diritto penale, processuale penale e di esecuzione penale. L’utilizzo di tecniche di neuroimaging cerebrale, come la risonanza magnetica funzionale (fMRI), per indagare l’attività cerebrale di imputati e detenuti solleva interrogativi cruciali.

La necessità di criteri chiari per l’uso delle neuro tecnologie in contesti investigativi e giudiziari

È necessario stabilire criteri chiari per l’utilizzo di tali tecnologie in contesti investigativi e giudiziari, garantendo al contempo il rispetto dei diritti fondamentali degli individui. La tutela della privacy mentale e il consenso informato assumono un’importanza centrale in questo ambito.

Analogo discorso vale per l’utilizzo di interfacce neurali e altri dispositivi neurali per monitorare i detenuti o per indurre stati di coercizione dove la legislazione dovrà definire i limiti di un simile utilizzo, garantendo che il rispetto della dignità umana e l’integrità mentale degli individui non vengano compromessi.

Non solo. La crescente complessità delle neuroprotesi, per di più dotate di intelligenza artificiale, apre nuovi scenari in materia di responsabilità civile per i danni causati da malfunzionamenti o utilizzi impropri di tali dispositivi. La legislazione dovrà chiarire la ripartizione delle responsabilità tra i produttori, i distributori e gli utilizzatori di neuroprotesi, garantendo una tutela adeguata ai soggetti danneggiati.

Nel diritto amministrativo, la gestione di banche dati contenenti informazioni sulle neuroprotesi impiantate nei cittadini richiede la definizione di norme chiare per la gestione di tali banche dati, garantendo la tutela dei diritti dei cittadini e la prevenzione di abusi.

Nel diritto del lavoro, l’utilizzo di neurotecnologie per monitorare l’attività lavorativa dei dipendenti richiede di stabilire limiti precisi tutelando il diritto alla privacy dei lavoratori e garantendo loro condizioni di lavoro dignitose.

Neuro diritti, un dibattito appena agli inizi

L’implementazione di un quadro normativo solido e trasparente si mostra indispensabile per definire i limiti dell’accesso e dell’utilizzo delle neurotecnologie, garantendo al contempo la responsabilità e la tracciabilità nella loro applicazione.

I neuro diritti, pur fondandosi sui principi fondamentali dei diritti umani, si spingono oltre, tutelando aspetti specifici che risultano messi a repentaglio dalle neurotecnologie invasive. Il diritto ad avere una personalità definita, a mantenere una sfera privata inviolabile e a godere di un senso di agenzia individuale rappresentano elementi cruciali da salvaguardare.

E dunque tanto la definizione quanto l’attuazione dei neuro diritti costituiscono un processo dinamico, in continua evoluzione ma, soprattutto urgente.

Il dibattito sui neuro diritti è solo agli inizi sebbene rappresenti un passo fondamentale per costruire un futuro in cui la neurotecnologia sia al servizio del progresso umano e non della sua strumentalizzazione. La politica ha il dovere di assumere un ruolo guida in questo processo, promuovendo la ricerca, il dialogo e la collaborazione tra esperti di diverse discipline per definire un quadro normativo adeguato a questa nuova frontiera del diritto.

Conclusioni

Vergognosa è la scelta dell’indugio, ma ancora più vergognosa quella della fretta e dell’inadeguatezza. Nel prossimo futuro si confermano le parole del passato: come scriveva Seneca, “Non exiguum temporis habemus, sed multum perdidimus”. Grandi risorse, giunte nelle mani di un cattivo padrone, si dissipano e vengono perse. Qualora invece siano affidate ad un amministratore competente, crescono e plasmano il mondo.

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