Sul grande e complesso mondo delle neurotecnologie ancora deve registrarsi un vero big bang mediatico come è invece successo, di recente, per l’IA generativa e il metaverso. È vero che il lancio, qualche tempo fa, del progetto di Facebook per permettere all’uomo di scrivere al computer direttamente con il cervello fece un certo scalpore.
Così come continua ancora a fare notizia lo sviluppo del progetto Neuralink volto a collegare la mente al pc. Nondimeno, questo innovativo ambito, che riguarda tutte quelle tecnologie in grado di creare un canale di collegamento per interagire con il cervello umano, monitorandone e analizzandone le attività e finanche potendo intervenire su di esse, sta sempre di più attirando l’interesse di aziende, studiosi e legislatori di tutto il mondo.
Neurotecnologie, governi e big tech al lavoro: evoluzione e sfide etiche
Il tema, per la sua complessità, meriterebbe un’analisi ampia e approfondita. Le poche riflessioni che tuttavia intendo condividere su queste pagine – per le quali ringrazio Gabriele Franco per le letture che mi ha proposto – riguardano prevalentemente una questione di metodo. Ritengo, infatti, che quando si parla di intelligenza artificiale, metaverso e, per l’appunto, di neurotecnologie – e in un futuro più o meno prossimo questi tre mondi si potrebbero persino incontrare (tenuto conto che IA e neurotecnologie già dialogano) – si pongono vari dilemmi etico-giuridici che riguardano la scelta regolatoria, l’impatto sui diritti fondamentali e la dimensione etica della tecnica.
La scelta regolatoria
Davanti alla rapida emersione delle neurotecnologie da più fronti viene posto il problema della regolamentazione di questo complesso di innovazioni, capaci di arrecare grandi benefici in ambito clinico, sanitario e socioassistenziale, ma anche di innescare rilevanti rischi come l’hacking del cervello o il condizionamento del pensiero e delle azioni. In questa prospettiva, disporre di un framework normativo chiaro e determinato è la precondizione per ottenere la massimizzazione dei i benefici e la minimizzazione dei rischi – facile a dirsi, difficilissimo a farsi.
Una delle prime sfide da affrontare concerne la definizione della strategia legislativa. La partita, come noto, si gioca tra l’introduzione di normative ad hoc e la nuova interpretazione di regole già esistenti nell’ordinamento giuridico. La scelta dell’uno o dell’altro fronte non ha un peso trascurabile. In ballo ci sono diversi delicati dualismi, come la contrapposizione tra obblighi di protezione e progresso economico, o quello relativo alla migliore efficacia delle leggi, tra rischi di anacronismo e pericoli dell’ipertrofia. Si deve comunque sottolineare come il dibattito è lo stesso che al momento imperversa per il metaverso e, soprattutto, per l’intelligenza artificiale.
Le discussioni sulle nuove regole per l’IA, peraltro, anticipano già una tra le tante questioni che dovranno affrontarsi in sede di regolamentazione del diritto delle neurotecnologie, vale a dire la perimetrazione concettuale. Sono noti, infatti, i dibattiti in seno alle istituzioni europee sulla scelta della definizione di intelligenza artificiale a cui ancorare il complesso di principi, diritti e obblighi che discenderanno dall’applicazione dell’Artificial Intelligence Act. Interrogativi simili probabilmente si riproporranno in futuro davanti alla selezione dei fenomeni da qualificare come neurotecnologie o per l’esatta definizione del concetto di dati neurali.
L’impatto sui diritti: neurodiritti e privacy mentale
Le analisi sull’impatto delle applicazioni di machine learning o del metaverso sui diritti fondamentali sono diffusamente considerate prioritarie. La capacità pervasiva e condizionante di queste tecnologie sull’identità e le capacità umane determina infatti seri e non più procrastinabili interrogativi sul modo in cui i diritti dei singoli dovranno essere garantiti e, se del caso, rafforzati.
Lo sviluppo delle neurotecnologie determina evidentemente problemi analoghi, data l’incidenza di queste tecniche sul cervello umano, per antonomasia il centro gravitazionale e privatissimo della nostra coscienza, personalità e dell’intera esistenza. Proprio in ragione di tale peculiare attitudine, è stata proposta l’elaborazione di un nuovo catalogo di diritti, raccolti nell’evocativa categoria dei “neurodiritti”.
Neurodiritti e integrità digitale: tutte le sfide della “privacy mentale”
Si parla dunque sempre più spesso di diritto alla privacy mentale, alla libertà cognitiva, all’integrità mentale, alla continuità psicologica. Alcuni Stati hanno già introdotto misure normative volte a tutelare questi nuovi diritti, come ad esempio il Cile e la Spagna, e altri Paesi stanno affrontando la questione. Quello che è certo è che la concettualizzazione di queste inedite sfere di libertà avrà un ruolo cruciale nel settore delle neurotecnologie da qui in avanti.
Peraltro, il riferimento a un nuovo diritto alla privacy mentale assume uno speciale rilievo e interesse. Da un lato, infatti, occorrerà comprendere come il diritto alla privacy e quello alla protezione dei dati personali – anche tenuto conto del rapporto storico-sociale che li lega – potranno o dovranno evolvere in relazione allo sviluppo delle neurotecnologie. In questo senso, c’è già chi distingue la privacy mentale dalla neuroprivacy, quest’ultima intesa come riferita alla protezione del dato neurale. Dall’altro lato, e in modo consequenziale, sarà importante individuare l’esatto contenuto e la connessa autonomia concettuale del nuovo diritto alla privacy mentale.
La dimensione etica della tecnica
Quante volte su queste pagine e altrove mi sono soffermato sulla dimensione etica dei fenomeni che stiamo vivendo e dell’impatto delle tecnologie sulla vita degli individui? Sicuramente nel campo dell’intelligenza artificiale, la stretta relazione tra sviluppo tecnologico, norme giuridiche e principi etici sta emergendo in tutta la sua affascinante e cruciale complessità. Dobbiamo allora essere pronti a fare tesoro di quanto di fondamentale stiamo imparando dai discorsi sull’IA, perché le sfide etiche che interessano le neurotecnologie saranno con buona probabilità parimenti (se non addirittura maggiormente) articolate. Fin dove potrà spingersi l’intervento della tecnologia sul cervello umano? Per quali finalità sarà eticamente sostenibile ammettere simili forme di ingerenza? Come si dovranno bilanciare le inedite opportunità curative con i potenziali risvolti economici in gioco? Sono queste solo alcune delle domande a cui, nel tempo, servirà dare una risposta, cercando di rispettare inderogabilmente i sommi principi dell’etica umana.
Conclusioni
In questo senso, mi piace concludere questo articolo ricordando le parole del mio Maestro, Stefano Rodotà, che diversi anni addietro si poneva una domanda lapidaria e incredibilmente profetica: tutto quello che è tecnicamente possibile è anche eticamente lecito, politicamente e socialmente accettabile, giuridicamente ammissibile? Ed è particolarmente significativo che, a molti anni di distanza, l’attuale Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, Pasquale Stanzione, ha richiamato queste parole intervenendo proprio sul tema dei neurodiritti, a cui tra l’altro il Garante ha dedicato un intero evento in occasione della Giornata europea della protezione dati del 2021 (i cui atti del convegno, pubblicamente accessibili, costituiscono una risorsa di altissimo spessore per approfondire questi argomenti di frontiera). È allora proprio da iniziative come questa che occorre partire per affrontare le sfide che le neurotecnologie già ci pongono, sposando senza più esitazioni un approccio sinceramente interdisciplinare, tra diritto, tecnologica, etica e medicina.