Cosa rende così attraenti gli NFT, spingendo a tentare e ritentare all’interno di un business che pare essere conveniente solamente oltre certi livelli: un tema interessante da approfondire, considerando il successo dei non fungible token. Per le masse sono emersi quasi dal nulla, da alcuni sono visti come la nuova Terra Promessa, una sorta di rivincita dalla necessità di un secondo lavoro per portare avanti la propria passione creativa.
Nati dalla scia delle criptovalute e della blockchain si portano dietro la stessa aura di innovazione, futurismo, pionierismo, e anche un po’ di attivismo. Molti invece ancora non ne comprendono il senso, e intanto qualcuno ha già lanciato i primi allarmi: possono essere una trappola, il multilevel marketing del nuovo millennio.
Il Web3 e il potere attrattivo delle sirene
Il mondo sta vivendo un profondo cambiamento anche nella sua trama economica. Se da una parte abbiamo lavoratori quali i riders, che vari analisti ormai definiscono i nuovi servi della gleba, dall’altra abbiamo chi professa una Passion Economy, ossia un’economia non tanto basata sulla produzione di beni o servizi (perché a quelli ci penseranno i robot e le intelligenze artificiali), ma basata sullo sviluppo delle proprie passioni grazie al supporto dei nuovi metodi di crowdfunding.
La promessa qui è quella di potere vivere della propria passione: se riesci a convincere un gruppetto di persone a pagarti ogni mese, allora hai vinto. Un’altra promessa ci arriva da una Economia fai da te, nella quale si può entrare anche senza avere frequentato scuole particolari, non ha barriere di accesso, ed è tutto lasciato alla bravura del singolo operatore. Una promessa che si alimenta dell’effetto Dunning-Kruger, e che quindi mira ai principianti persuadendoli che in realtà non è poi così difficile ottenere i primi modesti risultati per potersi permettere una vita più che dignitosa. Eppure non è tutto oro quello che luccica, e la storia si ripete come sempre.
Le economie deflazionistiche sono una trappola della povertà costruita per ricreare la servitù della gleba. “Se senti costantemente persone dirti che ti pentirai per non essere entrato presto, questo è il segnale che arrivare tardi è una trappola”. Un allarme che potrebbe suonare un po’ eccessivo, che tuttavia nasconde un fondo di verità. Il Web è ormai uscito dal suo stadio di adolescenza, e possiamo già tirare le somme per alcune di queste promesse: ragazzi ormai cresciuti che devono abbandonare i loro account YouTube faticosamente coltivati per anni, e con possibile conseguente burnout e depressione. Eserciti di dropshifters, resellers, affiliati che tentano e ritentano nuovi sistemi per guadagnare attraverso questi canali, con dei movimenti che in superficie ricordano molto quelli dei giocatori di azzardo, che si incuneano in una spirale in cui la prossima volta sarà quella buona, e che in realtà non riescono a trovare la forza di ammettere che non ha funzionato.
Una situazione (quasi) nuova
Eppure nonostante questo il Web3 continua ad attirare le sue falene. Nessun intermediario a cui dover rendere conto, nessun gatekeeper da ingraziarsi, solamente due stakeholders: il creator e l’acquirente (almeno in apparenza). Assistiamo quindi ad una riduzione dei filtri, generando un ambiente in cui tutto è alla portata (percepita) di tutti.
Infatti tra le promesse degli NFT troviamo:
- la proprietà del contenuto, per cui possiamo appropriarci facilmente di un qualcosa che sembra essere di dominio pubblico, come un meme o una GIF
- la possibilità di entrare nel Mercato anche con produzioni di bassa qualità e quindi facilmente creabili: del resto non importa la qualità del prodotto, ma la capacità di persuasione di chi lo vende
- un Mercato libero e senza confini, in cui le possibilità di guadagnare sono limitate solamente dalla nostra fantasia e intraprendenza
Ma è proprio questa mancanza di confini che genera altrettanti pericoli. Esattamente come le criptovalute e altri meccanismi legati alle blockchain, anche gli NFT si stanno già rivelando territorio ottimo per sistemi scam e riciclaggio di denaro, come sempre ai danni degli ignari.
NFT e desiderio di appartenenza
Uno dei principali fattori che spingono un utente ad interagire sempre più con una piattaforma è il desiderio di appartenenza. Questo ha portato alla cosiddetta Belongingness Hypothesis: le persone provano un enorme bisogno di appartenere a un qualcosa di più grande e di connettersi con altre persone che hanno la stessa visione del Mondo: siamo alla costante ricerca di un luogo, fisico o mentale, che possiamo chiamare “casa”. Questo bisogno ci porta a generare connessioni sociali che diventano presto così forti da rimanere quasi indissolubili, non importa quello che accada. Anzi in questi casi le difficoltà hanno un effetto rinforzante, perché permettono ai membri del gruppo di aiutarsi a vicenda e quindi alimentare il senso di appartenenza.
Queste connessioni inoltre generano un fattore motivante difficilmente ritrovabile in altre dinamiche perché coinvolge ogni aspetto del nostro Essere.
Affinché questo avvenga però sono necessari due elementi:
- i membri del gruppo devono provare piacere nelle interazioni che avvengono all’interno di esso
- le interazioni devono avvenire all’interno di un contesto in cui la preoccupazione per l’Altro sia stabile e assicurata, ossia i membri del gruppo devono trovare qui un ambiente del quale fidarsi
Questi sono elementi che troviamo anche nelle community NFT, e infatti uno dei principali motivi che spinge i creators a trascorrere tempo in questo ambiente è il senso di appartenere ad altre persone con cui condividere gli ideali di innovazione, creatività, sfida. Frequentare gli ambienti NFT quindi ha tutto il sapore di un’avventura intrapresa insieme a molti altri compagni di viaggio, e in un contesto decisamente più ampio rispetto al semplice individuale: i suoi artisti stanno lavorando per evolvere la Società in cui vivono, verso una nuova definizione di Economia e di guadagno.
Valore degli NFT e bias cognitivi
In questo viaggio si esplorano nuovi modi di concepire la Realtà che ci circonda, e ci si sente parte di una benevola élite il cui scopo è accompagnare gli Esseri Umani un passo più in là verso il Futuro. Questo sia che si stia creando l’NFT, sia che lo si stia vendendo oppure acquistando: parliamo di un vero e proprio Sistema, un Ambiente in grado di gratificare tutte le parti coinvolte. Certamente qualcuno cadrà lungo il percorso, ma non sarà mai stato invano. A rinforzare questo sentimento troviamo quello che, agli occhi di un esterno, appare come una limitazione: un NFT ha un valore solamente per chi è coinvolto all’interno di questo sistema. Ciò rafforza l’idea di fare parte di quel gruppo di élite che ha veramente compreso qualcosa che la massa ancora fa fatica a vedere.
A questo concorrono diversi bias cognitivi:
- il “confirmation bias”, per cui effettuata una scelta tendiamo a ricercare solamente quelle informazioni che la confermano e a scartare le informazioni che la mettono in discussione, perché in quest’ultimo caso dovremmo mettere in discussione anche l’Identità che ci siamo costruiti dietro questa nostra scelta
- il “commitment bias”, ossia la tendenza per cui più spendiamo energie in un progetto e più faremo difficoltà ad ammettere, ad un certo punto, che non ha più senso procedere oltre perché non è più conveniente
- il “consistency bias”, legato al mantenimento, di fronte a noi stessi e al pubblico, di una immagine positiva di noi stessi, cosa che ci rende molto difficile ammettere di “esserci sbagliati”
- il “mere-exposure effect”, per cui tendiamo a preferire ciò che ci appare come familiare, elemento che viene alimentato quando frequentiamo persone o ambienti con una unica visione del Mondo
Sono tutti bias cognitivi in qualche modo legati alla costruzione del Sè, per cui di riflesso tendiamo a mantenere a tutti i costi l’immagine di noi che abbiamo creato. Quindi una volta che ci siamo costruiti l’immagine degli innovatori tecnologici, degli artisti progressisti, degli imprenditori digitali puntati al successo, oppure di coloro che hanno visto dove la massa non è in grado di vedere, allora diverrà molto difficile tornare indietro, anche quando inizieremo a raccogliere prove su prove che questi NFT in realtà non sono tutto questo Eldorado, anzi.
Questione di FoMO – Fear of Missing Out
Negli studi sulla psicologia degli NFT si è anche ipotizzato un ruolo della cosiddetta FoMO, Fear of Missing Out. Di per sé è il timore di essere tagliati fuori da qualcosa di importante che potrebbe stare accadendo.
Nella Ricerca è uno dei fattori predittivi di un utilizzo compulsivo dei social network. L’idea di una FoMO è stata pensata anche per via di un’associazione con il gioco d’azzardo, visto che le dinamiche paiono essere le stesse.
Tuttavia negli studi sulla psicologia degli NFT si è rivelato un fattore predittivo ma limitato agli stadi iniziali, ossia quelli in cui è ancora molto presente il desiderio di appartenenza. Per gli utenti di più lunga data il focus si sposta verso il mantenimento dell’Identità che ci si è costruiti. Tuttavia quest’ultimo accostamento si sta rivelando alquanto deboluccio. Quindi la maniacale aderenza al Sistema NFT non sarebbe una forma di gioco d’azzardo, ma invece condividerebbe con quest’ultimo gli stessi meccanismi psicologici, il che è una questione differente.
Conclusione
Che sia un Mondo di nuove opportunità o l’ennesimo “rabbit hole” che ti risucchia e dal quale non sarai più in grado di tornare indietro, di sicuro chi entra in questo Sistema si interfaccia all’interno di un ambiente decisamente più ampio, che è quello delle criptovalute e del Web3 più in generale. È l’ambiente dei futurologi, della decentralizzazione e della connessione tra persone che condividono uno stesso (alto) ideale di vita. Un ambiente in apparenza altamente inclusivo per via di un costo di entrata molto basso se non addirittura nullo, perchè qui non importa quanti NFT o cripto possiedi, nè se li possiedi: nel momento in cui anche solo credi in questo ideale di Mondo allora sei dei nostri.
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