sanità e burocrazia

Non è un Paese per bambini digitali: che trafila per un libretto sanitario

Ottenere il libretto sanitario di una neonata è una pratica che potrebbe essere espletata con pochi click, ma in alcune zone d’Italia necessità una lunga trafila burocratica e passaggi in diversi uffici. Ecco perché la politica sembra essersi dimenticata dell’informatizzazione della PA, nonostante promesse e proclami

Pubblicato il 11 Mar 2019

Tommaso Ederoclite

Presidente dell'assemblea metropolitana del PD Napoli

Burocrazia

Sono ormai oltre 30 anni che la società dell’informazione è entrata nel dibattito pubblico e politico italiano, ma a quanto pare in molte zone del Paese è ancora un concetto sconosciuto.

A Napoli ad esempio, nel 2019, per poter avere libretto sanitario bisogna passare per ben quattro uffici, in quattro diverse zone della città, una piccola ma essenziale pratica burocratica che poteva, permettetemi la figura retorica banale, essere risolta con qualche click.

Nascite e burocrazia

Il 19 febbraio 2019 è nata la mia prima figlia presso la Clinica Mediterranea di Napoli. La clinica, avanguardia in materia neonatale, ha degli uffici amministrativi preposti per le pratiche burocratiche, come ad esempio la certificazione di una nascita e la relativa attestazione da parte dei genitori. Uffici che però nel giorno in cui abbiamo abbandonato l’ospedale ci hanno consigliato di andare direttamente presso la municipalità di residenza in modo da ridurre i tempi per tutte le certificazioni utili per la bambina. Da sottolineare che l’uscita dalla clinica è avvenuta di venerdì pomeriggio, quindi per far sì che mia figlia venisse riconosciuta dallo Stato italiano come “nata” ho dovuto aspettare due giorni in quanto gli uffici municipali non avrebbero riaperto prima del lunedì.

Con molta ansia, e anche un po’ di pazienza, il giorno della apertura degli uffici della municipalità mi reco dagli amministrativi per dire e attestare che mia figlia era nata e per procedere ed accedere a tutti i servizi pubblici che aiutano e accompagnano una giovane coppia nei giorni della nascita del loro bambino.

La municipalità ci accoglie e finalmente, dopo 4 giorni, riusciamo a registrare la nascita di nostra figlia.

Da questo punto in poi la strada sembrava in discesa, una volta forniti i dati alla municipalità e averli inseriti in un sistema mi sembrava alquanto scontato che, nel 2019, quel dato sarebbe stato messo in condivisione e reso disponibile a qualsiasi ufficio, in particolare al comparto della PA in materia sanitaria.

Lo stato (pietoso) della digitalizzazione di alcune PA

Così, forte della presunzione che in Italia abbiamo un sistema di gestione e condivisione dei dati, mi reco presso la ASL di competenza per poter accedere al libretto sanitario di mia figlia e per la relativa assegnazione del pediatra, fondamentale per questioni come le vaccinazioni e i controlli sanitari della bambina.

Arrivato all’ASL mi reco all’ufficio anagrafe sanitario e chiedo il libretto. Mi viene detto che mia figlia non esiste, in quanto a loro non è pervenuta nessuna segnalazione e non hanno nessun codice fiscale al riguardo. Cerco di risalire alla faccenda, torno alla Municipalità e lì svelo l’arcano: la Municipalità dove vivo non comunica in dati a nessun ufficio, per per risolvere la questione sarei dovuto andare alla Agenzia delle Entrate con l’attestato di nascita cartaceo, una carta di identità e richiedere il CF della mia bambina, per poi dover andare nuovamente all’ASL e lì, solo in quel momento, avrei potuto ricevere il libretto sanitario dopo aver consegnato il CF, ovviamente tutto rigorosamente in cartaceo.

Ecco, da quel punto non ho potuto fare a meno di riflettere sullo stato della digitalizzazione in Italia.

Il processo di informatizzazione della pubblica amministrazione in alcune zone del nostro Paese deve essersi interrotto, se non addirittura arrestato. In questi decenni ci siamo spesi sotto il profilo culturale e politico affinché il sistema di digitalizzazione del Paese garantisse accesso, qualità, efficienza ed efficacia ma l’implementazione dei servizi è ancora estremamente deficitaria.

Servizi digitali: troppe promesse, pochi progressi

Alla Politcs, ovvero alle promesse, alle innumerevoli visioni e ai tantissimi soldi spesi in questi anni anni molte, troppe volte, non corrisponde una Policy, e quindi un reale processo di miglioramento dei servizi in materia di e-government.

Nel dibattito pubblico la digitalizzazione dei servizi della PA è ormai diventato solo e puro ornamento usato da qualche spin doctor nei discorsi di propaganda, ma un vero e forte intervento di miglioramento delle infrastrutture, e in particolare di quelle della pubblica amministrazione, è diventato ormai un trastullo per accademici.

In breve, la politica non presta più la dovuta attenzione alle politiche di informatizzazione, ormai esse hanno solo una valenza simbolica e questa retorica ha comportato un disancoramento e ha ridotto il percorso di informatizzazione alla sola gestione dei processi esistenti, laddove esistono, e limitando il tutto ad un mero sistema di pratiche burocratiche che vengono lasciate al loro destino se non addirittura perse.

La mia piccola esperienza non è un caso isolato, ci sono ovviamente comuni dove questo semplice ed elementare servizio al cittadino funziona, ma qui parliamo della più grande città del Mezzogiorno che non ha in sé organizzato il semplice scambio di dati per la gestione anagrafica e sanitaria di una bimba appena nata.

Poter iscrivere la mia bambina all’anagrafe sanitario è un mio diritto di cittadino, poter ricevere il libretto sanitario e poter gestire il tutto attraverso un sistema digitale e direttamente da casa deve essere anch’esso un mio diritto, ebbene, fin quando lo Stato non garantirà questi diritti possiamo tranquillamente affermare, parafrasando i fratelli Cohen, che questo non è un Paese per bambini digitali.

Almeno non lo è ancora.

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