Le criptovalute non sono più un fenomeno di nicchia: l’invasione in Ucraina ha dimostrato come non solo sono posseduta da una grossa parte della popolazione, ma vengano anche percepite come un modo “normale” e rapido di veicolare somme.
Tramite i canali ufficiali del Governo ucraino sono state ricevute donazioni in criptovalute per oltre 100 milioni di dollari; dall’altro lato, il governo di Mosca si è reso disponibile, anche a fronte della forte svalutazione della moneta nazionale, ad accettare Bitcoin per il pagamento dell’oil&gas che fornisce.
Tra le misure più dirompenti, in Canada, le criptovalute hanno costituito la risposta all’Emergency Act, il provvedimento con cui sono stati congelati i conti correnti dei soggetti contro l’obbligo vaccinale, che immediatamente hanno ricevuto donazioni in valuta digitale.
In questo contesto, tutti gli Stati sono chiamati a prendere atto delle esigenze e delle richieste provenienti dalla popolazione: il Presidente dell’Ucraina ha firmato una legge sulle risorse virtuali e provvedimenti analoghi non sono più isolati.
Oltre cento Stati hanno già affrontato il tema, arrivando in molti casi a riconoscere cittadinanza alle criptovalute, seppur secondo strategie differenti. Vediamo come.
Guerra in Ucraina: ecco come criptovalute, NFT e crowdfunding finanziano la resistenza
Normative sulle criptovalute: le due strategie prevalenti
Da un lato, alcuni Stati, pur consapevoli dell’estensione del fenomeno, intendono sottoporlo al proprio controllo e assumono atteggiamenti restrittivi verso un uso “privatizzato” delle criptovalute.
Ne è esempio la Thailandia, che ha imposto il divieto di accettare pagamenti in criptovalute nelle operazioni di scambio di beni e servizi, per evitare che la decentralizzazione e le oscillazioni di valore degli asset possano pregiudicare la stabilità finanziaria. Possibilità che si ritiene mitigabile tramite l’emissione di una criptovaluta ufficiale, a livello centrale.
Dall’altro lato, ci sono esempi di totale apertura verso l’utilizzo di criptovalute da parte della popolazione, con ingresso nel portafoglio, seppure digitale, accanto alle banconote.
Lugano ha di recente annunciato la sottoscrizione di un protocollo di intesa con Tether, nell’ambito del cosiddetto “Plan B”, grazie al quale il Bitcoin, ma anche la stablecoin USDT e neonata criptovaluta ufficiale LUGA vengono riconosciute come mezzo di pagamento, valido dalla spesa di tutti i giorni alle tasse e senza il cap dei 200CHF previsto in precedenza, così come già aveva fatto El Salvador.
Nell’adottare le normative sulle criptovalute, gli Stati devono anche far fronte alle esigenze di tutela dei consumatori.
L’approccio europeo
Per quanto riguarda l’Unione Europea, le tre autorità di vigilanza che operano nel settore finanziario, ossia EBA, ESMA ed EIOPA, in un avviso congiunto hanno sollecitato l’attenzione dei consumatori verso i rischi cui si espongono quando acquistano o detengono criptovalute, tra cui ricordiamo: la perdita del capitale, le forti oscillazioni di valore (talvolta accentuate da pubblicità ingannevole fino al “pump&dump”) ma anche eventuali impieghi illeciti connessi al riciclaggio.
L’obiettivo, quindi, è consentire al consumatore di acquisire informazioni adeguate così come nelle relazioni con qualsiasi strumento finanziario, anche se per le criptovalute è una definizione riduttiva.
Ma la trasparenza è una strategia a tutto campo.
Maggiore tracciabilità
Proprio qualche giorno fa il Parlamento europeo ha adottato una posizione per migliorare la trasparenza in materia. Contro truffe e illeciti.
Tre punti chiave:
- Secondo i nuovi requisiti concordati dai deputati europei, tutti i trasferimenti di cripto-asset dovranno includere informazioni sulla fonte del bene e il suo beneficiario, informazioni che devono essere messe a disposizione delle autorità competenti. Le regole coprirebbero anche le transazioni dai cosiddetti portafogli non ospitati (un indirizzo del portafoglio di cripto-asset che è in custodia di un utente privato). Le soluzioni tecnologiche dovrebbero garantire che questi trasferimenti di asset possano essere identificati individualmente. L’obiettivo è quello di garantire che i trasferimenti di criptovalute possano essere tracciati e le transazioni sospette bloccate. Le regole non si applicherebbero ai trasferimenti da persona a persona condotti senza un fornitore, come le piattaforme di trading di bitcoins, o tra fornitori che agiscono per proprio conto.
- A causa della loro velocità e natura virtuale, le transazioni di cripto-asset eludono facilmente le regole esistenti basate sulle soglie di transazione. I deputati hanno quindi deciso di rimuovere le soglie minime e le esenzioni per i trasferimenti di basso valore.
- I deputati vogliono che l’Autorità bancaria europea (EBA) crei un registro pubblico delle imprese e dei servizi coinvolti nei cripto-asset che possono avere un alto rischio di riciclaggio di denaro, finanziamento del terrorismo e altre attività criminali, compresa una lista non esaustiva di fornitori non conformi. Prima di mettere i cripto-asset a disposizione dei beneficiari, i fornitori dovrebbero verificare che la fonte del bene non sia soggetta a misure restrittive e che non ci siano rischi di riciclaggio
Il testo adottato rappresenta una bozza di mandato per i deputati per negoziare la forma finale della legislazione con i governi dell’UE. Il Parlamento europeo dovrebbe votare durante la sessione plenaria di aprile.
Normative sulle criptovalute: gli ultimi provvedimenti in Italia
Non sappiamo come e se questa posizione darà seguito. In Italia non c’è ancora un intervento normativo sistematico in grado di disciplinare tutte le possibili implicazioni relative all’utilizzo di criptovalute, situazione comune nel mondo. Ma il punto del “registro punto” è stato già accolto nella nostra normativa.
Tra i provvedimenti più recenti, merita attenzione la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il 17 febbraio 2022, del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze su “Modalità e tempistica con cui i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e i prestatori di servizi di portafoglio digitale sono tenuti a comunicare la propria operatività sul territorio nazionale nonché forme di cooperazione tra il Ministero dell’economia e delle finanze e le forze di polizia”.
Il provvedimento si colloca tra le misure di prevenzione del riciclaggio di denaro e pone precisi obblighi a carico dei prestatori dei servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e di portafoglio digitale, sia per operare nello Stato, sia di natura informativa.
In particolare, lo svolgimento sul territorio di tali attività è ora riservato ai soggetti iscritti nella sezione speciale del registro pubblico informatizzato tenuto dall’OAM (Organismo per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi) ed a cui è demandata la relativa gestione.
Inoltre, gli iscritti sono tenuti a comunicare in via telematica i dati relativi alle operazioni effettuate, con cadenza trimestrale e secondo le modalità operative che verranno definite con provvedimenti attuativi, ovviamente nel rispetto della normativa privacy.
Parallelamente, l’espansione del fenomeno ha anche suscitato questioni di natura tributaria che hanno condotto l’Agenzia delle Entrate a fornire alcuni chiarimenti sulla rilevanza fiscale dei momenti connessi alla circolazione di criptovalute e, in particolare, di NFT.
L’Autorità ha così ritenuto che per il soggetto persona fisica che svolge attività di trading di criptovalute, occorra far riferimento alle norme previste per i redditi diversi.
Per quanto riguarda invece gli NFT, si è osservato che la relativa fiscalità non segue le stesse regole previste per le criptovalute.
In particolare, si discute in merito alla possibilità di applicare o meno il regime IVA previsto per la cessione di beni immateriali – assimilati ad una prestazione di servizi prestati tramite mezzi elettronici – anche alla cessione di NFT, se avvenuta da parte di imprese o lavoratori autonomi.
Per chi invece crea NFT, se professionista, il reddito derivante dall’attività potrebbe essere considerato corrispettivo o royalty.
Le sei priorità degli Stati Uniti sulle criptovalute
Negli Stati Uniti, secondo alcuni studi, circa il 16% degli adulti ha investito o utilizzato criptovalute: l’utilizzo crescente e l’ascesa di Bitcoin ha suscitato l’interesse della Casa Bianca, intervenuta per colmare le lacune normative in materia.
Con una nota del 9 marzo 2022, il Presidente Biden ha infatti dichiarato di voler supportare lo sviluppo delle risorse digitali, sfruttandone i vantaggi, ma in modo responsabile.
Biden ha quindi annunciato la firma di un ordine di esecuzione che definisce i termini della politica nazionale relativa agli asset digitali.
Sei punti che costituiscono le sei priorità del Governo sulle misure da adottare, in un’azione sinergica tra le diverse autorità:
- tutelare i soggetti coinvolti, quindi non solo consumatori, ma anche investitori e imprese;
- tutelare la stabilità finanziaria non solo statunitense, ma anche globale, mitigando il rischio sistemico;
- mitigare i rischi derivanti da un uso illecito delle risorse digitali;
- promuovere la leadership degli Stati Uniti nella tecnologia e nella competitività economica;
- sostenere i progressi tecnologici, tenendo in considerazione gli aspetti privacy, di sicurezza, i possibili sfruttamenti illeciti, nonché riducendo anche gli impatti negativi sul clima, un punto debole delle tecnologie su cui operano le criptovalute;
- esplorare la possibilità di emettere una CBDC, ossia una valuta digitale emessa dalla banca centrale statunitense.
L’ultimo punto, peraltro, era già emerso nel corso del G7 di Washington nell’ottobre 2021 ed è un obiettivo ormai dichiarato anche dell’Europa.
L’emissione del dollaro digitale vedrebbe quindi la diffusione di una criptovaluta con valore ancorato al dollaro: un connubio tra quanto già accaduto in Cina, che ha già sperimentato l’emissione di una moneta virtuale a livello centrale, l’E-Yuan, e una classica stablecoin.
Normative sulle criptovalute: Dubai
Dubai viene definita la “città del futuro” o la “città dell’innovazione”: non stupisce quindi la recente pubblicazione di una proposta di legge sulla regolazione delle criptovalute.
La legge sui beni virtuali ha il duplice obiettivo di concorrere allo sviluppo del settore, attraverso la progettazione di standard internazionali, e di tutelare in modo adeguato gli investitori.
Il raggiungimento degli obiettivi viene affidato ad un’autorità dotata di personalità giuridica, la Dubai Virtual Assets Regulatory Authority (VARA), con i seguenti compiti: l’emissione delle risorse virtuali, l’autorizzazione dei fornitori dei servizi, la tutela dei beneficiari e del trattamento dei dati personali, la gestione del funzionamento delle piattaforme e dei wallet nonché il monitoraggio delle transazioni e la prevenzione dell’oscillazione di valore.
La legge ha come oggetto principalmente i “Crypto Tokens”, ossia i token utilizzati come mezzo di scambio o per scopi di pagamento o investimento, tra cui si collocano ovviamente anche le criptovalute.
Non rientrano nella definizione di Crypto Tokens gli Utility Tokens, i non fungible token (NFT) e i CBDC, definiti dalla proposta stessa “Excluded Tokens”.
Il funzionamento del nuovo sistema dell’Emirato di Dubai è spiegato in un documento di consultazione che invita diversi attori, tra cui emittenti e creatori di Crypto Token, fornitori di servizi di Digital Wallet e consulenti finanziari o legali, a presentare commenti in merito alle proposte contenute, con termine fino al 6 maggio 2022.
Il caso Cina e le criptovalute
Dal 2019 le criptovalute decentralizzate sono bandite in Cina, ma il Governo ha poi chiarito ulteriormente rafforzando la propria posizione.
Il 24 settembre 2021, 10 autorità governative, tra cui la People’s Bank of China (PBOC), hanno emesso congiuntamente un avviso per chiarire che le criptovalute non sono una valuta legale. Inoltre, tutte le transazioni di criptovaluta in Cina sono considerate illegali, compresi gli scambi offshore per fornire servizi ai cittadini cinesi. Le autorità hanno dichiarato che i dipendenti con sede in Cina di scambi di criptovalute offshore o qualsiasi società che fornisce servizi a loro saranno indagati e perseguiti.
Lo stesso giorno, la National Development and Reform Commission (NDRC) e altre 10 autorità hanno emesso un’altra circolare (la circolare NDRC) ai governi locali su come chiudere le attività di estrazione di criptovalute nelle loro aree.
Questo divieto fa parte di un giro di vite nazionale sulla forma di valuta. Il governo cinese la vede come un investimento volatile e si preoccupa che sia usata per riciclare denaro. La People’s Bank of China ha detto di “[criptovaluta] mettere seriamente in pericolo la sicurezza dei beni della gente”.
Già il giugno 2019, il trading di criptovalute è stato ufficialmente vietato in Cina, quando la PBOC ha dichiarato che avrebbe bloccato l’accesso a tutte le forme di scambi di criptovalute, nazionali ed esteri, e ai siti web di Initial Coin Offering anche se le transazioni di criptovalute hanno continuato attraverso gli scambi online esteri.
A maggio 2021 poi la Cina ha vietato alle istituzioni e alle aziende di fornire servizi legati alle criptovalute, mettendo in guardia gli investitori dal trading speculativo di criptovalute.
Tre organismi del settore (la China Banking Association e il pagamento, la Clearing Association of China, e la National Internet Finance Association of China) hanno rilasciato una dichiarazione che informa categoricamente che l’offerta di servizi come la registrazione, la compensazione, il regolamento e il trading non è ammissibile.
Gli scambi di valuta legale e di valuta virtuale, l’acquisto o la vendita di valute virtuali (comprese le vendite all’estero ai residenti cinesi), e la fornitura di informazioni (compresi i servizi di prezzi e supporto tecnico) per la valuta virtuale sono attualmente illegali. Essi comportano la minaccia di indagini e procedimenti giudiziari. Con l’ultimo divieto, il governo spera di combinare le indagini offline e online per identificare e indagare al meglio l’attività di trading di criptovalute.
Alle istituzioni finanziarie è vietato fornire servizi per le criptovalute, compresa l’apertura di conti, trasferimenti di fondi e altre attività che facilitano l’uso delle criptovalute. Le compagnie internet e i siti web sono anche vietati dal fornire servizi di pagamento in criptovalute. Le pubblicità per le criptovalute sono anche vietate, con il monitoraggio delle parole chiave che le riguardano.
La Cina si unisce ad una lista crescente di paesi in cui le criptovalute sono vietate o limitate. Egitto, Indonesia e Nepal sono tra i paesi dove esistono queste restrizioni.
Tuttavia la Cina ha uno dei più grandi mercati di criptovalute del mondo e qui ci sono i principali miner (anche se alcuni stanno migrando negli Usa), motivo per cui il prezzo globale delle criptovalute è influenzato dalle fluttuazioni del mercato cinese.
Al tempo stesso la Cina sviluppa una valuta digitale governativa, e-yuan, che da gennaio ha anche un’app wallet.
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